Dalla comba della Bocciarda, poco sopra la cascata della Pissa a monte di Rio Agrevo, quasi in verticale dell’abbandonato alpeggio delle Ferterie, parte un acquedotto vecchissimo, rifatto e aggiustato più volte, adesso non più in vita perché più nessuno coltiva la terra. Parte dal rio con alle spalle una parete rocciosa perpendicolare bellissima e i suoi primi metri sono scolpiti direttamente nella pietra: come un monumento. Poi procede con muri che lo sorreggono e con nicchie nella roccia. Oggi tutta la parte iniziale è in cemento. All’inizio si legge un’iscrizione ma non si riesce a darle un significatro. Lavorato bene quel cemento, di quando chi lo lavorava sapeva anche modellare la pietra a allora conferiva a quel cemento sembianze più nobili e più belle. A fianco della canaletta per l’acqua c’è un sentiero continuo, a tratti su muretti di pietre a superare burroni e precipizi che si vedono giù in basso tra le fessure delle pietre accatastate. Grandi curve a vari raggi portavano l’acqua con traiettorie sinuose quasi a voler fasciare la montagna lì severa per davvero. Poi, d’improvviso, più niente acquedotto. Svoltato il versante e passati a quello soleggiato l’acqua scendeva per una sorta di rio artificiale quasi verticale e disordinato tanto che oggi si fa fatica a leggere quel percorso. Quindi ancora calma, in mezzo ai pini, in un grande solco scavato nella terra oramai abbondante e morbida. Ed infine la prima borgata, oggi un rudere, Moliere, poi i Poetti e sotto le Briere e via via le altre, giù verso Brandoneugna fino a esaurimento. Un capolavoro di tecnica ed ingegneria, splendido e oggi dimenticato. Ma quando impareremo a essere custodi dei gioielli dei nostri vecchi?