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Album Foto > Album personali > roby4061 499 immagini in 19 albums visti 47526 volte
Nadelhorn 4327 m, cresta nord-est (via normale)



Ed ecco iniziare la stagione alpinistica in grande stile…la nostra meta originaria era l'Allalinhorn per la Hohlaubgrat, ma vista l'impossibilità di trovare posto alla Britanniahutte, viene fuori quest'idea, il Nadelhorn 4327 m per la cresta nord-est (la via normale, PD), consigliata dall'amico Davide, che con Chiara ha salito la nord della Lenzspitze giusto una settimana prima, quindi ha percorso la via normale del Nadelhorn in discesa e riferito le condizioni. Sento il socio Gianpaolo (Gp), aggiudicato, si va!

Partenza sabato mattina alle 7 da Caselle, via verso il Sempione. Ci fermiamo per un caffè ad Iselle, dove ci incontriamo con Alex diretto al Dom dei Mischabel. Passo del Sempione, Briga, Visp, quante volte ormai ho percorso questa strada verso Saas Fee.. ci arriviamo per le 11, parcheggiamo, ci prepariamo e ci carichiamo il pesante fardello sulle spalle. L'Allalinhorn ci osserva beffardo, ma sta tranquillo che prima o poi ti 'prendiamo'..

Attraversiamo il paese, mescolandoci ai turisti. Decidiamo di non prendere la funivia, faremo gli uomini duri e al massimo la considereremo per il ritorno se saremo devastati. Usciamo dal paesello, attraversando una foresta di larici secolari, seguendo un sentiero che comincia ad alzarsi per i pascoli di Trift, sempre più ripidi. Numerosi e regolari tornanti ci fanno prendere rapidamente quota, a 2250 metri. Oltre gli ultimi, spettacolari larici contorti, ci fermiamo per mangiare qualcosa. Riprendiamo la salita, per fortuna il clima è gradevole, il sole è nascosto da numerosi cumuli e quindi evitiamo di schiattare di caldo su di qua.

Prendo un buon passo, salgo regolare senza troppe soste, il rifugio è lassù, sembra sempre così vicino ma non lo è. Arrivo ai primi cavi metallici, il sentiero è un po' esposto, quando sono sulla cresta rocciosa mi fermo ed aspetto Gp, nel mentre, per sicurezza, indosso l'imbrago, nei punti più esposti del sentiero attrezzato mi auto assicurerò con longe e moschettone..non si sa mai. Mi son portato dietro anche il caschetto, lo indosso, ma effettivamente forse è un eccesso di prudenza.

I primi 50 metri di cresta rocciosa già mi sfiancano… ero arrivato 'riposato' fino lì, ma questo tipo di terreno, con lo zaino pesante, è davvero stancante… la cresta è ben attrezzata con cavi e gradini infissi nella roccia e una scala verticale di 5 metri, comunque un percorso non banale, da fare con molta attenzione. Quasi quattrocento metri così, mi spompano e arrivo al rifugio alle 16 decisamente stanco, del resto da Saas Fee sono più di 1500 metri di dislivello. Poco dopo arriva Gp, possiamo darci una sciacquata, metterci le ciabatte e 'annunciarci' al singolare gestore del rifugio… un elemento decisamente caratteristico!

Dopo cambiatici la cosa più 'urgente' è una bella birrazza fresca… e si comincia a ragionare. C'è tempo anche per un riposo in branda (siamo sistemati nel 'gelido' rifugio invernale) prima dell'ottima e abbondante cena. La maggior parte degli ospiti del rifugio è diretta alla nord della Lenzspitze… non li invidio in tanti su quella parete! Si va a nanna decisamente presto, alle 21.15, dopo un tramonto piuttosto scialbo.

Nonostante la quota elevata (3340 m) riesco a dormire bene… ma la voglia di alzarsi, quando alle 3 il gestore entra urlando in camerata annunciando la colazione, è davvero poca!! Penso che a quest'ora, il 'popolo della notte', laggiù nella piatta pianura deve ancora andare a dormire, e io invece mi alzo…scatta la solita domanda 'ma chi me lo fa fare??'

Esco fuori, l'aria è frizzante, nubi lenticolari stupende sono illuminate della luna, la cui luce si riflette poeticamente sui ghiacciai dell'Alphubel, del Dom, della Lenzspitze… qualche raffica di vento da conferma ai miei sospetti. Quelle nubi sono un chiaro segno, in quota c'è un ventaccio della malora! Colazione, ci prepariamo e alle 3.55 partiamo alla luce delle frontali. Cominciamo a salire lungo lo sperone roccioso dietro al rifugio, faticoso come inizio, ma poi il fisico ingrana. Superando un'altra scaletta, arriviamo quindi a circa 3600 m di quota, da dove scenderemo sull'Hohbalmgletscher. Ci leghiamo e parto come capocordata. Il vento come previsto è assai fastidioso, solleva turbini di neve che arrivano a 50-60 km orari contro il viso, effetto 'piling' assicurato. Mi sbattono in faccia anche le cinghie dello zaino, e non è piacevole! Intanto ad est l'alba comincia ad accendersi, tra strati nuvolosi scuri risalta il rosso dell'aurora ad est. Quando siamo a metà ghiacciaio il cielo e le nubi si infiammano, i primi raggi indorano l'Allalinhorn, il cielo è un caleidoscopio di colori, dal rosso, al giallo, all'arancione, al rosa, a varie tonalità di blu e grigio. Una sciabolata rosa colpisce il Windjoch tra le nebbie, la vetta è invisibile, immersa in uno di quei banchi di nubi stratiformi che arrivano da nord-ovest a grande velocità.

Il vento è sempre irritante, la rampa per il Windjoch un po' faticosa, ma usciamo in cresta a 3850 m di quota, verso l'Oberland il cielo verso ovest è nerissimo, lame di sole illuminano qua e là le montagne, davanti a me la parete est del Durrenhorn contrasta col blu delle nuvole. Spettacolare. Comincia la cresta, il vento qui è davvero al limite della sopportazione, a raffiche irregolari. Lo scaccia neve è esasperante, corro ai ripari per evitare di surgelarmi il viso, mettendomi la mascherina. Inizio a pensare che, se non molla un po' sto vento di m… rischiamo di non arrivare su!

Continuiamo a salire, il cielo cambia di continuo, arriva il sole, la cresta si libera, il vento comincia a mollare un po' la presa. C'è un'ottima traccia, che passa a destra del filo (dall'altro lato ci sono cornici), osservo la nord della Lenzspitze, che affollamento… proseguiamo a buon passo, mi sento in forma, e quando salgo in condizioni climatiche 'avverse' finisco per accelerare il ritmo senza accorgermene.. non così il socio di cordata che ogni tanto mi avverte di fare una pausa! Giunti al primo affioramento roccioso della cresta, vorrei aggirarlo sulla destra, per non trovarmi proprio sul filo di una crestina nevosa un po' aerea con quel vento, ma sono costretto a farlo perché la traccia bassa fa un traverso sul ghiaccio e non mi piace.

Superato questo 'ostacolo', la cresta torna semplice, fino al secondo affioramento che si aggira sulla destra, su buona traccia con un tratto un po' più ripido per ritornare sul filo, fino alla base del castelletto terminale. Vedo gente tribolare un po' in discesa, mi aveva detto Davide che era delicata, e quindi bisognerà stare molto all'occhio. Ultima pausa, poi attacco il pendio finale di neve, qualche affioramento di ghiaccio e roccette, sfasciumi cementati dal gelo. Ci sono buone orme, ma è necessaria comunque attenzione quando si va di conserva sprotetta come in questo caso. Un paio di incroci con due cordate in discesa sono poco piacevoli, ma si passa tutti. Il secondo tratto nevoso, il più ripido, è il più impegnativo, e lo sarà anche in discesa. Arriviamo alle roccette finali, ancora un traverso su neve, quindi ecco la vetta. Ci saliamo a turno, perché lo spazio è assai esiguo, sarà un roccione di un metro quadro…

Sono le 7.40, sono in vetta al Nadelhorn 4327 m, il 20° quattromila è in bacheca! Non mi sembra neanche di essere così in alto tanto sono salito bene, sono in gran forma, erano sei anni che non salivo a queste quote. Mi 'dimentico' di guardare il panorama perché anche visto il tempo non proprio tranquillizzante, vorrei togliermi da qui prima possibile… è il turno del socio Gp, stretta di mano al volo, foto e ci prepariamo a scendere. Ciò che sembrava una cazzata a salire non lo è per niente a scendere, ma è sempre così su questo tipo di terreni. Ci mettiamo più tempo che in salita, naturalmente, ogni passo va fatto ponderando bene, ci si deve fidare esclusivamente delle punte dei ramponi e della becca della piccozza quando riusciamo a piantarla nella neve dura, oltre che del compagno, visto che in questo tratto, seppur breve, non c'è possibilità di assicurarsi.

Con concentrazione a mille scendiamo, quando siamo quasi fuori dai casini, il mio rampone sinistro decide che è ora di sganciarsi. Non sono nel punto più rognoso ma neanche in un posto così rilassante, imprecando riesco a far rientrare l'archetto metallico nella sua sede, e possiamo riprendere la discesa. Se non che, dopo duecento metri, si ripete lo scherzetto, e stavolta ho bisogno dell'aiuto del socio per aggiustarlo.. meno male che sono in un posto tranquillo, però volano bestemmie e santi e madonne, e mi riprometto di buttarli una volta arrivato a casa, non posso permettermi mi si sgancino in quel modo quando sei nella rogna!

Riprendiamo la discesa, mentre borbotto per altri 5 minuti almeno tra le ghignate di Gp. Riprende il vento, il sole è sparito di nuovo, ripercorriamo con calma la cresta fino al Windjoch, poco sotto facciamo una piccola pausa finchè le raffiche non ci fanno letteralmente scappare via!!

Ripasso io avanti, e accelero un po' il ritmo, ho un quadricipite in fiamme perché ho bevuto pochissimo, ma scendendo e bevendo acqua e sali, la situazione migliora. Sulla parte pianeggiante del ghiacciaio fa fin caldo (finalmente!), prendiamo poi la traccia bassa, che attraversa tuttavia in una zona dove cominciano ad affiorare alcuni crepacci. Usciamo dal ghiacciaio a 3400 metri, appena sopra al rifugio, che raggiungiamo in breve. Finalmente possiamo sederci, mangiare e cambiarci. Un po' di relax, spargo tutta la mia mercanzia su 3 metri quadri, poi rifaccio lo zaino diligentemente, quando me lo rimetto in spalle mi vien quasi da piangere a pensare alla discesa, ma siamo uomini o caporali??? Forza!!

La cresta attrezzata è rognosa anche a scendere, faticosa e non banale, nei punti più esposti mi auto assicuro di nuovo, considerando anche da quante ore stiamo camminando, non si sa mai. Ci mettiamo un'oretta a scendere questo tratto, poi finalmente quando raggiungiamo il sentiero tiriamo un sospiro di sollievo! Una balma rocciosa con un fondo di erbetta verde ci ospita per un veloce pranzo, quindi riprendiamo la lunga discesa verso Saas Fee. Il sentiero però è bello e rende anche in discesa, e oserei dire quasi riposante, rispetto alla cresta, tanto che verso la fine quasi smaltisco la stanchezza e scendo accennando una corsetta.

Attraversiamo Saas Fee tintinnanti di moschettoni, tra i turisti giapponesi e gli snowboarders estivi, tra le orchestrine che suonano improbabili melodie nei ristoranti e signori anziani a spasso. Raggiungiamo il parcheggio, quale goduria cambiarsi, darsi una lavata, mettersi i sandali!!! Ora, vestiti da semplici turisti, ci dirigiamo verso una birrazza gelata, ce la meritiamo!

Sono stanco (e ci credo, dopo 2550 di discesa) ma non devastato, pensavo peggio, l'allenamento di una stagione intensissima di scialpinismo si fa sentire!

Il viaggio di ritorno verso casa richiede altre 4 ore buone, ma un'ottima ed abbondante cena nella quiete del mio giardino, innaffiata da una bottiglia di Fara DOC del '97 aperta per l'occasione mi ritempra le forze.

Un genepi finale mette il suggello a questo lungo week-end di alpinismo, al 20° quattromila, a questa grande montagna.

BERG HEIL, alla prossima.


Data: 11 e 12 luglio 2009
Quota max: 4327
Partenza da: Saas Fee
Quota partenza: 1794
Dislivello: 2533
Zona: Vallese (CH)
Difficoltà: PD

48 Immagine(i), Inserita il 15/07/2009

Monte Gran bernardè 2747 m



Ed un altro conto in sospeso che viene chiuso.. viste le previsioni per il week-end, ci organizziamo per muoverci venerdì.. siamo ben in sei, io, Max, Alex, Beppe, Barbara e Davide, con furore da Prali..

Alle 6.55 partiamo da Vonzo, in dieci giorni è sparita una quantità di neve impressionante, e ci tocca portare gli sci fino al bivio per i Chiappili. Attraversiamo la piccola borgata, e poi ci innalziamo per i prati soprastanti. Io e Barbara rimaniamo indietro. E’ da molto tempo che non facciamo una vera gita assieme.. ormai è una mammina (sempre sportiva neh..)… quindi ci perdiamo in chiacchiere… e distratti da queste ci facciamo pure un trenta metri di dislivello in più!

Scendiamo sulla retta via e proseguiamo, entrando di lì a poco nel vallone di Vassola. L’avevo visto in estate ed in autunno, ma mi mancava in veste innevata. Spettacolare e selvaggio, “aspro e forte” come direbbe Mauro Corona. Intuisco quale sarà il canale valangoso che dovremmo risalire per sbucare all’alpe San Bernè… visto da sotto non sembra neanche chissà che ripido, seppur sconquassato da una grossa valanga di fondo. Ma sembra fattibile comunque in sicurezza.

Mangio qualcosa e per precauzione metto i coltelli, poi riparto anche io, raggiungendo presto Alex e Barbara. Gli altri tre sono assai in alto. Man mano che salgo, mi rendo conto che il canale non è così semplice come visto da sotto.. è decisamente ripido, ma quel che da fastidio sono le rigole dovute alla valanga. Una strettoia nei pressi di una betulla è larga si e no tre metri, troppo pochi per fare un’inversione, e togliamo gli sci, per superarla risalendo il ripido versante erboso libero da neve.

Rimessi gli sci, la pendenza sempre sostenuta, e inversioni faticose per via della ripidezza del pendio. Ho un primo momento “adrenalinico” quando mi si sgancia, non so come, lo sci sinistro. Grazie al Cielo è quello a monte, e con una piccola acrobazia lo rimetto, tirando bene il puntale questa volta. Credo che sia la seconda volta che mi capita in dieci anni, e ovviamente deve capitare in un posto di merda… mi riprendo, Barbara è rimasta indietro e tribola anche lei. Alex sparisce all’uscita del canale.

Arrivo al secondo momento adrenalinico… la neve è ondulata, e sulle onde talmente dura che pure i coltelli faticano ad entrare. Passo quei due minuti di adrenalina pura, affidando tutto il mio equilibrio allo sci a monte, quando con un passo un po’ atletico per le mie gambette corte, appoggiandolo sull’onda di neve, ci carico tutto il mio peso. Sono conscio che se perdo aderenza c’è il serio rischio di farmi tutti i duecento metri di canale, salvo schiantarmi contro qualche pianta.. supero il passaggio più ostico della gita e posso riprendere fiato. Barbara, vedendomi tribolare, mette i ramponi e supera senza sci questi 10 metri di dislivello.

La parte alta del canale è decisamente più tranquilla, ed esco sugli splendidi pendii superiori. Raggiungo l’alpe San Bernè 1969 m, e qui aspetto Barby, mangiando un boccone e riparandomi dall’aria fastidiosa. Alessio è lontano, degli altri nessuna traccia. Quando Barbara mi raggiunge ci rimettiamo in cammino. Questi pendii sono davvero belli, il sole va e viene, sulle creste di confine c’è la gönfia, e qualche fiocco di neve giunge fino qui. Nevica col sole. Risaliamo il grande versante sud del Gran Bernardè, e nei pressi dell’Alpe le Giornate, anch’essa sommersa dalla neve, ritroviamo Alex. Gli altri han proseguito per una specie di valletta-canale, noi, come da relazione, ci portiamo sulla dorsale sud.

Ed appena raggiuntala, il vento si fa sempre più forte e fastidioso. Tutta l’ultima parte della salita siamo flagellati dal vento. La dorsale non è difficile, ma la neve è dura, ed ogni tanto le raffiche mi spostano. Mi innervosisco per il disagio estremo dovuto al ventaccio e accelero il passo. Supero una strettoia della dorsale con alcuni passaggi atletici tra le roccette, spesso in equilibrio precario per via delle raffiche, e assalto il pendio finale, con rabbiosi punti e virgola, ed il cuore che batte su di giri.

Raggiungo gli altri trenta metri sotto la cima, riparati tra grandi massi, ma il vento con raffiche intorno ai 60-70 km/h rompe i maroni pure qui. Arrivano anche Barby ed Alex, congelandomi le mani tolgo le pelli, e siamo pronti per salire in cima a piedi. Beppe, Davide e Max incominciano a scendere perché fa troppo freddo.

E così gli ultimi metri a piedi, lottando contro le raffiche, e raggiungiamo la cima. Berg-heil!! Ce l’ho fatta… era il 24/10/2005 quando tentai in solitaria questa montagna dal colle della Terra d’Unghiasse e dovetti rinunciare per le rocce verglassate. Oggi ho chiuso il conto. Il panorama è splendido sugli alti e selvaggio valloni di Unghiasse e Vassola, quest’ultimo dominato dal Bessun e dalla stupenda e turrita Giardonera. Il vento ci concede qualche pausa per un paio di foto, poi ricomincia a soffiare rabbioso, e ci fa scappare falla vetta.

Ritorniamo al roccione, ultimo sorso di the, uno scacchetto di cioccolata. Comincia a prendermi un freddo terribile, devo assolutamente andare via di qui! Partiamo spostati letteralmente dal vento. La prima parte della discesa non è bellissima, la neve è grottoluta e dura. Una settimana di stramaledetto favonio ha trasformato quelli che erano dei biliardi di firn in campi di patate.. distinguiamo a fatica le tracce degli altri.. si sono lanciati giù da un ripido pendio.. molto ripido.. che vedo inabissarsi davanti a me senza capire bene come sia.. da sotto sento gli amici che ci incitano, ma non capisco cosa dicono per via del ventaccio che mi fischia nelle orecchie…

Con questa neve, troppo dura per i miei gusti, non mi fido a scendere direttamente, e mi porto più a destra, dove la pendenza smorza..mi rendo conto che, con un po’ di coraggio, potevo scendere pure io di là.. ma vabbè.. intirizzito dal freddo forse è stato meglio passare dalla parte più facile.. mi riporto sul ripido, qualche curva stretta, e raggiungiamo gli altri amici. Proseguiamo tutti insieme la discesa in questa specie di valloncello canale… ho esplorato col binocolo per dieci anni questa montagna, e mai avrei immaginato che fosse così ondulato questo versante. Scendendo la neve migliora, e sotto l’alpe Le Giornate finalmente una bella neve trasformata, addirittura lo strato superficiale sta rigelando.. una crostina stile vetro si rompe ad ogni curva, sembra di sciare sulla carta stagnola.. bellissimo!!

Dopo un breve consulto, decidiamo di scendere tutti insieme dal canale…riesco a fare qualche curva saltata nella parte alta.. poi diventa troppo stretta e ripida la parte sciabile, e quindi mi affido a “Santa derapata”, ed anche a qualche inversione da fermo.. la strettoia vicino alla betulla, che al mattino avevamo evitato passando per prati, è breve ma intensa… la scendo derapando “a foglia morta”.. e finalmente sotto posso tornare a curvare! Fa un caldo becco, ci fermiamo per svestirci, poi, tutti riuniti, per gli splendidi, ripidi pendii fin sul fondo del vallone di Vassola. Senza faticare troppo risaliamo sulla stradina, con qualche tratto un po’ da spingere, fin sui bei pendii di firn, ancora bello nonostante l’ora, sopra i Chiappili. E’ sempre bello sciare sulle lingue di neve che fondono in tanti ruscelletti. E’ la montagna che comincia a svegliarsi dal lungo sonno invernale.

Raggiungiamo i Chiappili con belle curve, siamo sulla stradina. Non tolgo gli sci per nemmeno un metro. Quando c’è la neve ci scivolo sopra, altrimenti avanzo con passo felpato sull’asfalto o sulle foglie.. i miei sci, in fondo, mi amano lo stesso.. con tutti i giri che gli faccio fare!! Con un altro piccolo tratto di ravanage nel bosco, andiamo a prenderci i pendii che muoiono sui prati di Vonzo.. ancora qualche curvetta, e siamo all’auto, dopo 1550 m di discesa!

Gran gitone! La neve non è stata perfetta come dieci giorni fa alla Pian Spigo, ma ci siamo divertiti lo stesso… obbligata sosta per pranzo all’Osteria degli Amici a Cantoira, e quindi a casa, cotto, ma soddisfatto per una bella giornata di montagna e amici, una giornata “rubata al lavoro” ben spesa. Alla prossima!


Data: 27/03/2009
Quota max: 2747
Partenza da: Vonzo
Quota partenza: 1231
Dislivello: 1550
Zona: Val Grande di Lanzo
Difficoltà: BS

32 Immagine(i), Inserita il 31/03/2009

Notturno con luna piena a punta cia



Breathe, breathe in the air
Don't be afraid to care
Leave but don't leave me
Look around,choose your own ground
For long you live and high you fly
And smiles you'll give and tears you'll cry
And all you touch and all you see
Is all your life will ever be

Già dai primi passi ho in mente l'intero album The dark side of the moon… niente di più adatto ad una serata così, guardando quell'immensa luna piena ne immagino la famosa 'faccia oscura'. Ci siamo ritrovati in 5 per quest'altra esperienza 'notturna'. Lo scialpinismo al chiaro di luna ha sempre il suo fascino.

Quando la luna sorge dalla cresta di Cima La Rossa è gialla, anzi, quasi rossa, mi ricorda la terra di Mordor. C'è un gran silenzio, Max si è fermato alla fine della pista battuta, Chiara e Davide sono molto avanti, rimaniamo io e Nicola, e non c'è nessun altro su di qui, per ora.

Saliamo con calma, io respiro a pieni polmoni, non fa freddo, man mano che la luna si alza, nonostante le velature, si diffonde un chiarore argenteo, non c'è bisogno della pila frontale. Mi fermo ad ascoltare il silenzio, talmente forte che mi fischiano quasi le orecchie.


Home, home again
I like to be here when I can

Pace, silenzio, ognuno coi propri pensieri, guardo le stelle, nonostante la luna se ne vedono a milioni, le costellazioni sopra di me, i sogni nella mia testa. Dopo la baita del the accelero senza accorgermene, l'ultima parte di salita la faccio da solo immerso nei miei pensieri, canticchiando tra me e me The great gig in the sky.

'And I am not frightened of dying, any time will do,
I don't mind. Why should I be frightened of dying?
There's no reason for it, you've gotta go sometime.'
'I never said I was frightened of dying.'


La voce di Davide mi accoglie in cima, sono a quasi 2200 m di quota, sono le 22, e penso che 4 ore fa ero ancora in ufficio, duemila metri più in basso..

Arriva Nicola ed anche altri amici. Rimaniamo mezz'ora in punta, io scatto foto, ammiro, penso, guardo. Il Gran Paradiso illuminato dalla luce d'argento della luna, le luci della valle Orco, le luci della pianura immersa nella foschia, là sotto c'è chi comincia la serata mondana, noi siamo quassù, forse un po' matti, ad essere in una sera di luna piena su una montagna, ma è quella pazzia che mi piace vivere.

Non vorrei mai scendere, vorrei restare tutta la notte quassù, ma purtroppo domani è di nuovo ora di entrare nella solita gabbia, nei soliti 4 muri.

La discesa è difficile, la neve è orribile, è solo una lotta di sopravvivenza per non farsi male. Solo quando arriviamo sulla pista, tiriamo un sospiro di sollievo. Scendiamo finalmente disinvolti, in pochi minuti siamo al bar degli impianti, aperto, perché il giovedì sera il piccolo ski-lift di Locana è in funzione.

Ecco il calore del bar, una birra, due toast, un bombardino, risate e chiacchiere e commenti sulla nostra gita. Il tempo è tiranno, è quasi mezzanotte.

Sonno che arriva, viaggio di ritorno, la porta di casa che si apre. Il letto, è la una e trenta di notte. Sono sotto le coperte. Ripenso alle ore precedenti.

There's someone in my head but it's not me
And if the cloud bursts, thunder in your ear
You shout and no one seems to hear
And if the band you're in starts playing different tunes
I'll see you on the dark side of the moon

Sì, forse siamo pazzi a fare queste cose. Ma penso anche che la magia dell'andar per monti innevati con gli sci, in una notte di luna piena, è sempre unica. Un'esperienza magica. Anche se la neve era orrenda, la compagnia e l'atmosfera erano ottimi come sempre.

Sono dell'idea che tutti, almeno una volta nella vita, debbano vivere l'esperienza anche solo di una passeggiata al chiaro di luna nel silenzio della montagna invernale.

Il sonno prende il sopravvento, la musica nella mia testa si affievolisce, chiudo gli occhi.

'There is no dark side in the moon really.
Matter of fact it's all dark.'


Data: 12/03/2009
Quota max: 2193
Partenza da: carrello
Quota partenza: 1400
Dislivello: 793
Zona: valle Orco
Difficoltà: MS

9 Immagine(i), Inserita il 16/03/2009

Il battesimo dell'OS: Cima dell'Uia 2142 m



E finalmente mi sono levato anche questo dentino. Cima dell'Uia 2142 m, anche detta Uia di Corio dai noi 'locals'. Ci sono quelle gite che sogni da anni, che rimandi sempre, aspettando le condizioni ottimali, con un certo timore reverenziale dovuto al battesimo dell'OS. Così è stato per questa cima, che a piedi avevo fatto più volte, ma che, vista l'esposizione e la quota, per essere salita e scesa con gli sci richiede condizioni particolari.

Le notizie degli amici saliti venerdi danno l'ultimo input, le condizioni sono ottime, per la serie 'o domani o mai più'.. La partenza è prima all'alba, per fugare gli ultimi timori legati alla quota dello zero termico previsto a ben 2800 m nelle ore centrali. Parto già con l'idea di non scendere dalla cima oltre le 10.30 del mattino.

Ed infatti la sveglia suona alle 5.45, colazione e via verso Corio dove mi trovo con Max, Beppe e Fabio. Un caffè per svegliarci, e partiamo alla volta di Pian Audi. Lasciamo l'auto poco oltre il bivio del Monte Soglio, oltre la strada fangosa non invita a salire. Sci a spalle ci incamminiamo, e non posso che notare le prime primule di stagione.. la primavera sembra davvero alle porte. Poco oltre le case Cutin mettiamo gli sci ai piedi. La neve è rigelata nonostante la temperatura alta, solo nel bosco non ha gelato per nulla ed è già un marcione alle 8 del mattino.

Questo tratto boscoso non dura molto, passiamo vicino a vecchie baite in rovina, sovrastate da enormi faggi, uscendo poi al sole e su terreno più aperto. La nostra montagna si fa vedere pressoché per intero, così come la via di salita. Vista da qui non pare così repulsiva. Continuiamo a salire, la giornata è radiosa, non c'è una nuvola. Dietro di noi sbucano altri 'omini' dal bosco, sono i nostri amici che ci raggiungono, noto di essere l'unico non-istruttore di tutta la compagnia… visto che c'è mezzo organico della Scuola di Scialpinismo canavesana!

Arriviamo all'Alpe Ciapei1619 m, e qui decido di mettere i coltelli prima di affrontare la parte più ripida della salita. Di fronte a noi, sul versante opposto, alcuni scaricamenti di fondo, che confluiscono nell'immensa valanga, impressionante, che solca tutto il gran canalone del versante sud e si inabissa verso il fondovalle boscoso. Piccola pausa, poi partiamo per l'assalto alla vetta. Per evitare di salire proprio sul tratto più ripido, in ombra e gelato, ed oltretutto rovinato dalle valanghe, proseguo in traverso fino ad intercettare l'ultima dorsale disponibile del versante, prima che questo vada a morire nel canalone di valanga.

E' ripido si, e me ne accorgo solo per il fiato corto. Coi coltelli salgo senza tribolare, rimango un po' indietro solo perché se accelero il ritmo rimango a corto di fiato. L'ambiente è grandioso, con il pendio che dietro di me scende ripido verso valle. Non fa impressione solo perché è inframezzato dalle prime zone senza neve, fosse tutto uniforme farebbe sicuramente un altro effetto. Molto suggestivi sono i contrafforti rocciosi alla mia destra, a picco sulla pianura avvolta in un'assurda foschia. Arrivo così pure io all'Alpe dell'Uia 2026 m, arroccata a mo' di nido d'aquila su uno di questi contrafforti.

Ormai la vetta è vicina. Gli ultimi cento metri di ripido pendio sono già cotti dal sole, fa un caldo a dir poco atroce, non c'è un filo d'aria. Verso la fine un paio di inversioni mi risultano laboriose, specie l'ultima, in prossimità della curiosa cornice protesa verso sud. Eccomi in vetta, ce l'ho fatta! Strette di mano, sono le 10 del mattino, e probabilmente laggiù nella bassa, avvolta dallo smog, c'è chi dorme ancora.

Un po' di foto, chiacchiere con gli amici, si ammira il panorama, un sorso di the, poi si cominciano i preparativi per la discesa. Sono le 10.30 quando è il mio turno..Si va!! Ed eccomi qui a disegnare curve su questo pendio sognato da anni. Sembra di volare sulla pianura, la neve è perfetta, ed anche su queste pendenze non ho alcun timore. Sono emozionato ed accaldato, il sole oggi pesta duro. All'Alpe dell'Uia ci ricompattiamo, e riprendiamo la discesa tutti insieme. Cercando i tratti più lisci, è meraviglioso, firn vellutato, non potevo chiedere di più oggi. Abbassandosi di quota ci si disperde un po', ognuno ha adocchiato una diversa linea di discesa, ma la neve è sempre perfetta fino al bosco. Qui vabbè non aveva gelato nella notte, ed infatti alla boschina 'adventure' si aggiunge la neve stile cemento a presa rapida.. Vien fuori l'istinto di sopravvivenza, prendo anche un ramo in fronte, ma ravanando anche su terra e foglie usciamo finalmente sugli ultimi prati, trovando ancora neve buona, anche se da sciare con leggerezza.

Ultime curve di una gran discesa, arrivando sulla strada fangosa, a pochi metri dall'auto, nell'aria di una primavera imminente. Ci siamo, anche questa è fatta, e con questa Uia ho salito (e sceso) con gli sci tutte le vette sciistiche della dorsale Valle Orco - Valli del Tesso e Malone, da Cima La Rossa alle Rocche di S.Martino. Anche questo è un piccolo sogno realizzato, sono tutte cime che vedo da casa, ogni giorno, da trent'anni.

Ci cambiamo e scendiamo a Corio, per mangiare&bere da buoni sci alpinisti, ridendo, scherzando e discutendo di nuovi progetti.

Mentre torno a casa, con l'aria marzolina che entra dal finestrino, ritorno a pensare che forse non c'è niente come lo scialpinismo di primavera che mi dia un così grande senso di libertà, lo penso ogni anno quando arrivo in questo periodo e vivo giornate così. Quell'attraversare tutte le stagioni in poche ore, quel sole che comincia a scaldare e colorire la pelle, i primi fiori che sbucano prepotentemente dalla notte invernale, la vita che pian piano comincia a risvegliarsi, quel danzare leggeri su pendii lisci come biliardi…

Sì, a volte penso che mi basta un paio di sci ai piedi per poter scivolare verso un nuovo sogno.


Data: 28/02/2009
Quota max: 2142
Partenza da: Case Borello
Quota partenza: 960
Dislivello: 1182
Zona: Corio (TO) valle del Malone
Difficoltà: OS

30 Immagine(i), Inserita il 05/03/2009

l'inverno ad aprile: Cima Dormilleuse 2908 m



Ci ritroviamo in 6 per questa gita nell'intervallo tra una perturbazione e l'altra..partiamo un po' in ritardo da Venaria mentre il cielo è già poco nuvoloso, e lascia vedere le montagne cariche di neve fino a bassa quota. Già il viaggio verso la val di Susa è uno spettacolo… A Cesana Torinese, 1350 m circa, ci sono 7-8 cm di neve al suolo. Saliamo verso Thures con qualche difficoltà alla fine per la strada non proprio pulita..

Il paesaggio è da fiaba, sembra il 19 gennaio e non il 19 aprile. Da 20 a 30 cm di neve fresca, farinosa, ha trasformato il paesaggio in un Paradiso. Ci incamminiamo da Thures 1615 m con gli sci a spalle per la stradina innevata verso Rhuilles… mi fermo ogni pochi passi a fare foto, l'ambiente è di quelli da restare senza parole, bellissimo, non ho aggettivi per descrivere ciò che vedo coi miei occhi.

Arriviamo a Rhuilles, e calziamo gli sci ai piedi. Abbandoniamo l'idea di salire al Terra Nera, è troppo lunga, e tra le varie mete in zona riteniamo la Dormilleuse la più tranquilla, vista la quantità di neve fresca. Attraversiamo quindi il ponte sul torrente Thuras in un ambiente da favola con gli alberi carichi di neve, e il sole di aprile che scalda e comincia impercettibilmente a ritrasformare il paesaggio. Saliamo nel bosco, toccando il bel gruppo delle Grange Chabaud e inoltrandoci nel vallone omonimo.

Sono rapito dal paesaggio e rimango indietro.. il gruppo di testa è già sparito, rimane in vista solo Giampaolo, che raggiungo al bivio per il Giassez. Proseguiamo insieme per un po', il vallone è splendido ed immacolato verso il colle Chabaud, mentre sui pendii più soleggiati ed esposti al vento, la neve sta sparendo velocemente…

E per me comincia il calvario. Ho gli scarponi che mi fanno male, ogni passo è una coltellata sul collo del piede.. come se non bastasse, mi ritornano i dolori muscolari sulle cosce… e la cosa potrebbe essere collegata… per non sentire il dolore ai piedi magari assumo una camminata innaturale che mi provoca poi i crampi.. i tratti con poca pendenza sono una tortura, e questa gita è quasi tutta così.

Paradossalmente sul ripido sento meno dolore, e un canale incassato nel bosco porta in un secondo vallone. Sosta per riprendere fiato, e riparto, mentre il vento dell'ovest comincia a rinforzare e a lavorare la neve. Il paesaggio sta cambiando velocemente, grossi cumuli sono arrivo dalla Francia, ma verso la nostra meta è ancora sereno. Entro così pure io nell'immenso vallone della Dormilleuse. La meta è ancora lontana… ma stringo i denti, dieci, venti passi, mi fermo e riparto.

L'ambiente immacolato e spettacolare mi spinge a continuare nonostante i crampi… vedo in lontananza il gruppo di testa che batte traccia nella neve fresca, che a questa quota (2400 m) è sui 40 cm. Passo a fianco ad una grossa slavina partita dalla cresta, credo ieri pomeriggio mentre nevicava… se ne notano diverse di queste slavine di lastroni in prossimità delle creste nella zona..

La meta non arriva mai… perdo il contatto visivo anche con Giampaolo, e mi inoltro in quella che penso, spero, sia la parte finale. Sono a 2700 m, comincio ad essere davvero cotto. Le gambe fan male ad ogni passo e anche il fiato ora comincia ad andare in crisi. Penultimo pendio, incontro Danilo con le ciaspole che scende. Faccio un ultimo spuntino nonostante il vento fastidioso e gelido, poi riparto, contando i metri che mancano alla vetta.

Ecco i 'runners', Andrea e i loro amici, Chiara e Davide che già scendono perché su non si resiste. Manca poco… dieci minuti di sofferenza ed arrivo sulla Cima Dormilleuse anche io, a 2908 m di quota. Il vento è insopportabile. Rimango su giusto 5 minuti per togliere le pelli, stringere gli scarponi, fare due foto, mangiare un biscotto, bere una tazza di the caldo. Le raffiche trasportano neve in faccia e qualche cumulo oscura il sole… bisogna fuggire! Saluto con piacere un amico re-incontrato quassù dopo tanti anni, e io e Giampaolo incominciamo la discesa.

Inutile dire che i primi 100 m, coi crampi, sono durissimi… poi finalmente i muscoli si sciolgono un po, e posso mettermi a disegnare qualche bella serpentina in una neve a tratti fantastica. Peccato per la poca pendenza, perché a parte qualche tratto, i pendii sono davvero dolci. Ma c'è spazio per ricamare su pendii ancora in gran parte vergini.. ed è una delle cose più belle dello scialpinismo. Se pensi poi che sei al 19 di aprile e trovi neve così…

Scendiamo fino a 2300 m, poi proviamo a fermarci su un dosso per mangiare qualcosa, ma non appena ci sediamo rinforza il vento e va via il sole, e ci costringe a scappare senza aver mangiato nulla..

Rimettiamo gli sci, e ci lanciamo in uno splendido canale di neve farinosa, poi da un altro colletto in giù la neve diventa via via più pesante.. del resto il sole di aprile non perdona. Alle grange Chabaud finalmente possiamo mangiare (sono le 14 passate!) con calma. Da qui a Rhuilles poi manca poco… la neve è un marcione pesante ma ancora sciabile, spesso facciamo qualche curva anche sull'erba, com'è cambiato il paesaggio nel giro di sei ore!!

Sono le

Data: 19/04/2008
Quota max: 2908
Partenza da: Thures
Quota partenza: 1615
Dislivello: 1293
Zona: val di Susa
Difficoltà: MS

30 Immagine(i), Inserita il 20/04/2008

Scialpinismo sulle Alpi del mare: Rocca dell'Abisso 2755 m



Le marittime non tradiscono… da troppo tempo si sentivano voci di innevamento ottimo e di neve eccellente a sud del Po.. e così siamo andati a vedere di persona…

E la scelta è stata azzeccatissima! La nostra meta è la Rocca dell’Abisso 2755 m , con partenza da Limonetto 1354 m. Sono 1401 metri di dislivello… non male.. Arriviamo a Limonetto alle 8 e qualcosa, tempo di prepararsi, ed alle 8.20 partiamo sci ai piedi. Risaliamo una pista da sci per una cinquantina di metri di dislivello, poi la abbandoniamo seguendo una stradina, col Chiamossero proprio di fianco a noi. Di fronte la torre rocciosa della Rocca La Bastrera, e a sinistra la nostra meta, anche se la vetta è nascosta.

L’innevamento su queste montagne nei versanti meno soleggiati è notevole, a 1500 m, versante nord, ci sono un’ottantina di cm di neve. Il manto è perfettamente trasformato e portante, ciò ci fa pensare che ci sono tutti gli ingredienti per una grande sciata. Siamo solo io e Alex, quindi prendiamo la salita con tutta calma, sul fondo del bel vallone. Quando questo si sdoppia, pieghiamo a sinistra, in direzione della cresta di confine con la Francia, salendo per pendii più ripidi, dossi e valloncelli. A quota 1900 m ci fermiamo per uno spuntino, la temperatura è gradevole e la giornata rimane splendida.

Ripartiamo, effettuando un lungo traverso, su un pendio esposto ad est che presenta già neve molle… ci dividiamo, io proseguo diritto ed entro in un valloncello-canale, ci ritroviamo poco sopra.. Nonostante gli scarponi mi diano noia e mi facciano male ai piedi, proseguiamo, ed imbocchiamo così il vallone dell’Abisso, arrivando nei pressi della conca del lago. E qui riaffiorano alla mente parecchi ricordi. Guardo di fronte a me, vedo quel ripido (ed ora invitante) canale di neve. Ricordo di quando io e un’amica avendo perso tutto il gruppo della gita sociale CAI, sbagliammo strada, abbandonando la strada militare e inoltrandoci in questo vallone. Ricordo il canale nevoso a 35°, poi roccette, pietraie… una cresta rocciosa, esposta, con passaggi di I e II°… cenge altrettanto esposte di erba e detriti…fino ad uscire finalmente sui pendii sommitali… finimmo poi quella gita immergendoci la sera nel mare di Ventimiglia..mi chiedo ancora adesso come facemmo ad uscirne… eravamo senza corda, ed in seguito scoprii che avevamo fatto una via valutata PD… incoscienze giovanili…

Lascio da parte i ricordi, e penso al presente. Ci aspetta la parte più tecnica della gita. Un canale-cengia assai ripido, che dà l’accesso ai pendii superiori. Ci portiamo sotto, la pendenza aumenta, ci chiediamo se è il caso di mettere i rampant.. “o adesso o mai più” dice Alex… ci sentiamo di provare senza, la neve non pare così dura. In effetti si sale, con attenzione e concentrazione, lavorando di lamina dove le derapate di chi scende hanno compresso e lisciato la neve. Davanti a noi c’è un ragazzo in difficoltà.. gli sci sono piantati nella neve uno cinque metri più in basso dell’altro, e lui sta scendendo a piedi. Scopriremo quando lo raggiungiamo che è caduto in salita quando era quasi fuori a causa di un crampo.. succede anche questo!

Risaliamo quindi il canale, uscendone e potendoci rilassare un po’. Fosse stata più dura la neve sarebbero stati indispensabili i rampant. La vetta è in vista, si vede la stazione meteo in prossimità del punto culminante. C’è già gente che scende. Usciti dal canale siamo a quota 2400 m, mancano 350 metri alla vetta. Che sembra lì, sembra lì….

Ma non è lì!

A tratti fa molto caldo, e dopo 1200 m di dislivello comincio a sentire il fiato corto… le gambe vanno invece abbastanza bene, solo che siamo quasi stufi di salire… Io mollo un po’ il ritmo, Alex che è davanti a me di qualche minuto pure… Finalmente siam sotto la cima, qualche lungo diagonale, il vento è freddo e assai fastidioso, ma ecco che arrivo anche io su. Proseguo con gli sci fino alla croce di vetta, semisepolta dalla neve. Il vento è insopportabile, e dopo due veloci foto devo scendere rapidamente nei pressi della stazione meteorologica, dove è un po’ più riparato. Il panorama è molto bello sulla val Roja, sull’appennino ligure poco distante… il mare non si vede, e neanche la Corsica…di qua si erge il Monviso, poi tutto si perde nella foschia della pianura cuneese. Mangiamo qualcosa, poi un po’ il freddo, un po’ perché è già tardi, poi ci prepariamo a scendere. Solite operazioni e siamo pronti. Si va! La prima parte è mollina ma spettacolare… due curve e subito mi sento in forma, le gambe rispondono bene. Le crisi delle ultime due gite sembrano lontane. Provo ad affacciarmi su due canalini che avevo visto salendo, ma dopo un paio di curve saltate vedo che il manto superficiale, fortemente umidificato, tende a scivolare via.. per cui lascio perdere, e mi porto sul versante opposto del pendio, dove la neve è più compatta… ed è spettacolare!! Scegliendo i posti giusti, scendiamo tutto il pendio finale con belle curve, finalmente si scia decentemente!

Arriviamo così all’imbocco del canale… faccio una curva, poi vedo che è troppo stretto e soprattutto il fondo è troppo ond

Data: 06/04/2008
Quota max: 2755
Partenza da: Limonetto
Quota partenza: 1354
Dislivello: 1401
Zona: valle Vermenagna
Difficoltà: BS

21 Immagine(i), Inserita il 07/04/2008

Colle occidentale del Grant Etret 3144 m



Avevo in mente da anni, da quando faccio scialpinismo, la salita alla Testa del Grant Etret. Ogni volta che salivo a Pont Valsavarenche vedevo quel lungo vallone, e quel ghiacciaio là in fondo che attirava la mia curiosità. Spesso ho sentito parlar male di questa gita, dal punto di vista sciistico.. in effetti c’è uno spostamento notevole (12 km a/r) e per metà vallone pendenza quasi nulla… e perciò temevo una discesa poco entusiasmante, di dover spingere tanto, e ci tenevo quindi a fare sta benedetta punta per non tornare più.

Partiamo nel freddo e nell’ombra del parcheggio di Pont alle 8.10. La via è lunga. Mi fermo a fare una foto e perdo subito contatto col gruppo… per fortuna dopo un po’ ritrovo l’Alex. Il vallone di Seiva è tutto in ombra ancora. La salita prosegue con pochissima pendenza, nel fondo di questo vallone, a fianco del torrente Savara, che nasce proprio dal ghiacciaio del Grant Etret. L’innevamento in zona è abbastanza desolante. Il versante ovest della Grivola è pressoché spoglio di neve fino a 3900 m, ghiaccio verde affiora sulla Nord della Monciair e sui Denti del Broglio. Amarezza… se è così adesso non oso pensare all’estate, questi ghiacciai stanno soffrendo già ora.

Io e Alex giungiamo al sole, dove il vallone fa una curva e si allarga, da queste parti dovrebbe esserci ciò che resta dell’Alpe del Grant Etret 2176 m, ma non vedo niente. Il sole è molto caldo, ma dal ghiacciaio arriva un’arietta bastarda. Sali e sali, sotto i Denti dei Broglio la pendenza finalmente aumenta un po’. Siamo praticamente sul ghiacciaio. E io comincio di nuovo ad andare in crisi.. a parte il fiato corto, sono le gambe che mi stupiscono, non riesco a smaltire l’acido lattico tra un passo e l’altro… stringo i denti, mi fermo ogni venti metri, tiro giù i santi dal calendario per le pelli che spesso non tengono e mi fanno scivolare lo sci indietro, facendomi fare il triplo della fatica. Il buon Alex è con me, gli altri boh, saranno in cima da un pezzo.

La traccia va a destra, e mi insospettisce. Da sotto però sembra che la vetta sia dritta di fronte a noi. Pur ricordando dalle relazioni che bisognava salire al colle orientale del Grant Etret, salendo poi alla cima per la cresta orientale, un po’ per via della traccia, del fatto che nessuno è andato di là, e che immagino (sbagliando) si possa salire anche dal colle occidentale, proseguiamo di qua.

Sono decisamente stanco e mi trascino ormai per inerzia e per forza rabbiosa di volontà, quando incrociamo gli altri compagni che scendono, e ci dicono che la vetta non è quella dove stiamo andando… apriti cielo… fioccano giù santi e madonne, lì per lì sono notevolmente nervoso. Ormai siamo qui, non ha senso scendere per riprendere la via giusta, e poi sono troppo stanco. Proseguiamo di qui, imprecando contro le pelli che non tengono. Lascio andare Alex avanti, lo raggiungo poco dopo, esausto, sul colle occidentale del Grant Etret.

Non c’è molta aria e non fa molto freddo, mi siedo dieci minuti per riordinare le idee. Mi riprendo abbastanza in fretta, e saliamo a piedi per il largo crestone fino ad un punto a circa 3160 m, ed eccola là la Testa del Grant Etret… cento metri più ad est, e cinquanta più alta… irraggiungibile da qui. Ci separa da lei un saltino di rocce e neve per niente banale e non abbiamo la corda. Niente da fare, abbiamo “cannato” colle, la vetta rimane là dov’è. Sgrunt!

Mi faccio sbollire il nervoso per un’errore di valutazione così idiota guardando il panorama… che a picco sulla valle dell’Orco è splendido. Laggiù si vede anche il Monte Soglio, e poi il Bessun, la Lera, le imponenti Levanne, la Grand Aiguille Rousse, la Grand Casse… e il Bianco, le Jorasses… la Grivola desolatamente spoglia..

Molto bella anche la vista sulle vicine Mare Pèrcia e Punta Fourà, e su tutto il lungo vallone di Seiva che abbiamo percorso. I nostri soci sono fermi sul ghiacciaio in basso, è ora di raggiungerli. Mangiucchio qualcosa, giusto per mettere qualcosa nello stomaco, poi ci prepariamo a scendere. La prima parte è un po’ tecnica…neve ventata e lavorata, ma sciabile con attenzione. Man mano che si scende migliora decisamente, un canale dove è già passata molta gente è bellissimo, e raggiungo così gli altri amici. Arriva anche Alex, giusto una sosta per bere, e poi giù… senza mangiare, cerco di reggere fino all’auto.. Su questo tratto di ghiacciaio la neve è bella, crosta da vento dura, sembra una pista. E più si scende meglio è, è passata tanta gente, anche in discesa dal Grampa, e quindi sembra di sciare in pista. Il nervoso per la vetta mancata si smaltisce curva dopo curva, col sole che mi picchia sulla testa, e i movimenti armoniosi di curva dopo curva, nonostante le gambe stanche.

Un canale ci porta sulla parte di vallone più piatta, la pista si trasforma in una specie di toboga, che man mano che si scende si fa più stretto, e tutto curvette, dossi, cunette, sassi affioranti, piante, ontani, larici… divertente però, anche perché la neve è bella. A fianco del torrente scendiamo così praticamente senza spingere, nonostante la scarsa pendenza. Ci vanno otti

Data: 29/03/2008
Quota max: 3144
Partenza da: Pont Valsavarenche
Quota partenza: 1960
Dislivello: 1184
Zona: Valsavarenche
Difficoltà: MS

28 Immagine(i), Inserita il 31/03/2008

Tète de Fer 2884 m, valle dell'Ubaye (Francia)



Sabato 26 gennaio, sveglia micidiale alle 5.40… più ci avviciniamo alla primavera e peggio sarà, ma alzarsi a queste ore a gennaio psicologicamente è devastante.. movimenti meccanici, automatizzati, soliti preparativi, via in auto verso il ritrovo. Due tappe, ed a Torino il gruppo è al completo. Mezzo Oberland-team (io, l’Alex, il Rochat, il Rostan) e via verso la valle Stura. Da Cuneo c’è neve al suolo, le montagne intorno sono stracariche, come son diverse dalle mie che già sono tornate alla veste autunnale.. risaliamo la lunga valle, Vinadio, Pietraporzio, la mitica Bersezio, Argentera… siamo indecisi, ci attirano parecchie mete, l’innevamento è abbondante.. briefing al volo, visto che siamo qui, tanto vale sconfinare ed andare in Francia.. e così facciamo.

Colle della Maddalena (Col de Larche per i francesi… sempre speciali sono!), a quasi 2000 m di quota, c’è un metro e mezzo di neve al suolo.. scendiamo in terra francese, pendii immensi ci aspettano. Decidiamo di andare alla Tete de Fer 2884 m, un bel gitone BS. Poco prima di Larche parcheggiamo, fa freschino ma non freddo. Solita battaglia con gli scarponi e siamo pronti. Si parte! Seguiamo la pista di fondo, portandoci verso sud-ovest, per imboccare il nostro vallone. Cominciamo a salire nel bosco, la neve è farinosa, bella, ma il vento di martedì scorso l’ha cosparsa di rami e rametti, - a scendere sarà divertente - penso.. Il percorso è suggestivo, il terreno assai ripido. Verso i 1900 m di quota, seguendo il tracciato del sentiero estivo, entriamo nella gola del torrente, sommersa dalla neve, e ci portiamo sulla sinistra idrografica. Il vallone pian piano si apre, rivelando la sua intera bellezza.

Il sole colpisce i pendii in alto sulla nostra destra, e la parte alta ci aspetta. La traccia piega improvvisamente a destra, e comincia a salire i pendii esposti a sud-est. Probabilmente è stata fatta da qualcuno che si è rotto di stare all’ombra.. veniamo così baciati dal sole, lungo un traverso che con neve non assestata non sarebbe divertente, ma ora non c’è problema. La traccia si riporta dall’altro lato del vallone, evitando un canale, dove scorre il torrente, che è chiaramente un accumulo. Si esce su terreno più facile, noto però con disappunto che il vento ha fatto un bel massacro anche qui… la neve è parecchio lavorata, il fatto che ce ne fosse un casino ha limitato i danni, ma anche qui qualche dorsale è spelacchiata. Il sole caldo ci invita ad una piccola sosta. Che meraviglia, il vallone è enorme, ricco di possibilità, e già fantastichiamo su un ritorno in primavera, per andarci a pappare i pendii sulla nostra destra con in firn.. ripartiamo, il caratteristico Rocher Lombarde sovrasta la valle, attraversiamo un piccolo falsopiano, dove i miei tre amici sembrano piccolissimi di fronte all’immensità di questo deserto bianco. Arriviamo così ad una conca splendida, alla base della nostra Tete de Fer.

Sulla sinistra della nostra montagna, una cresta estetica è orlata di cornici protese verso sud-ovest. Il Rostan mi dice essere la Tetasse… che subito, goliardicamente, battezziamo la Tettazza. L’umore è alle stelle, la giornata radiosa, e guardiamo la nostra punta. Sul pendio nord, alla base, si sono staccate diverse slavine a lastroni. Ovviamente non passeremo di lì, cosa possibile con neve sicura, e ci dirigiamo verso il colle a destra della vetta, il Pas de Tete Rouge ….. Un traverso sui ripidi pendii del Rocher Lombarde ci fa patire il caldo, sembra di essere in un forno. Qualche refolo d’aria ci accoglie nell’ennesima conca. La traccia prosegue, scende un poco, poi sale un bel canale a zig zag. Osservo bene, non dovrebbero esserci problemi. Saliamo sempre “lisci”, sono in gran forma, la traccia è stata fatta molto bene, anche dal punto di vista della sicurezza.

Superiamo velocemente questo tratto ed usciamo nei pendii appena sotto il colle. Pian piano la vista si apre ancora di più, sia verso il Gran Queyron, il Sautron e la piramide del Monviso, sia verso il lato opposto. Siamo in cresta, anche qui orlata di cornici. Guadiamo dubbiosi il pendio finale, appare molto spelacchiato, e non capiamo se conviene salire con gli sci o a piedi… sul colle, a 2690 m, tira un venticello fastidioso che mi sta gelando le ossa. Rompo gli indugi e parto.. una placa ventata mi impegna in qualche equilibrismo, non ho dietro i rampant, spero non servano.. la supero comunque in fretta, e parto in quarta. Mi sento in gran forma, e complice la non-voglia di mettermi il pile e le muffole di lana, spingo al massimo per mantenere il caldo e farmi tornare soprattutto la circolazione nelle mani… In pieno pendio la bisa si smorza, ma salgo comunque a gran ritmo. Sarà divertente scendere con tutte ste pietre affioranti, ma con sprezzo delle solette si farà.. Mancano meno di 150 metri alla cima, traverso, inversione, traverso, il pendio si restringe e mi avvicino alla vetta. Ce la farò ad arrivare sci ai piedi? Eh sì che devo.. tra i miei amici ormai la mia fama che mi disegna come “quello che non toglie mai gli sci, a costo di passare su erba, sassi e ghiaia…”.

Gli ultimi metri sono divertententi, traversi di 3 metri e poi inversione, così un paio di volte, e sono su! Ultimi passi sul terriccio, clac, clac, sgancio gli sci, e mi vesto subito. Filmo dall’alto i miei soci che arrivano… Ho dato 5 minuti al mitico Rostan, oggi è da segnare sul calendario!! Nel giro di dieci minuti sono tutti su, la vetta è panoramicissima. In cielo non c’è una nuvola manco a pagarla. Mi siedo con vista verso il sole, il versante sud precipita sul vallone sottostante. Di fronte a me pendii immacolati, carichi di neve, bellissimi, senza tracce, e valloni deserti. Ci guardiamo intorno, sembra che siamo gli unici esseri viventi in tutta questa immensità. Conosco una persona che andrebbe in esaltaZione in un momento così.. e come non darle torto? E’ ora di pranzo, dal mio zaino spunta una lattina di birra che mi sono scarrozzato per i 1214 metri di dislivello dalla partenza… Ed è ben gradita da tutti! Si sta bene in vetta, ma siamo arrivati su alle 14, ed è bene scendere, anche se la temperatura rimane fresca.

Ci prepariamo, clac clac, scattano gli attacchi, e siamo pronti. Non è semplice, la neve è molto lavorata, ma cercando le placche da vento più lisce, o i tratti di neve vecchia, si possono fare belle curve. Niente male fino al colletto, poi giù ancora, in ombra. La neve molto varia, alcuni tratti è di quel tipo che noi chiamiamo “cartonati”, ma non è quella crostaccia infame che ti fa imprecare ad ogni tentativo di curva… nel canale troviamo anche qualche tratto di bella farina, tutto sommato è una discesa più che discreta. Volendo fare i fighi, diremmo che è una “neve molto tecnica”… Nei pendii sotto il Rocher Lombard ci sono tratti quasi trasformati, goduria unica… Ormai l’ombra è la padrona del vallone, sempre solitario tranne questi quattro amici sugli sci. Siamo all’imbocco del bosco, un errore di valutazione mi porta ad abbracciare un larice, per fortuna a velocità assai ridotta…

La gola del torrente è quasi un toboga, divertente, e poi il ripido lariceto.. qui la neve è fantastica, farina molto ben sciabile, peccato solo per la miriade di rami che la sporca, tuttavia non fastidiosissimi.. qui ci divertiamo un sacco a fare lo slalom tra le piante, provando i nostri riflessi, senza ovviamente andare a grandi velocità… un errore da cretino, incrocio gli sci, mi ribalto e finisco incastrato tra due larici sci all’aria… sono “da foto super-ignuz”, ci pensano sia il Nicola che Alex ad immortalarmi, mi risollevo a fatica con la neve ovunque, ancora qualche curva e siamo sulla pista da fondo, giù “ad uovo” per prendere più velocità possibile… spingendo un po’, e io stringendo i denti per un principio di tendinite al ginocchio destro, arriviamo alla stradina. Sci a spalle, verso l’auto. Che bello cambiarsi, a torso nudo con 1°, un’autentica botta di vita…

E’ l’ora della birra, al caldo del bar, ripercorrendo i momenti di questa fantastica giornata tra amici, sole, cielo e neve, e già fantasticando sulle prossime giiiiiiite.. sono le 17, è ora di andare. E’ ora di risalire in auto, il viaggio è lungo, è tempo di tornare al di là del confine, di tornare a casa, mentre già l’est chiama.


Data: 26/01/2008
Quota max: 2884
Partenza da: Larche
Quota partenza: 1670
Dislivello: 1214
Zona: valle dell'Ubaye (Francia)
Difficoltà: BS

17 Immagine(i), Inserita il 28/01/2008

salita al Monte Ruiòch 2415 m (Lagorai, TN)



“tu partorirai con dolore”

Questo, se vogliamo, può essere il riassunto di questa salita che è risultata più impegnativa del previsto…

Ci svegliamo in quel di Grumès, mi lavo la faccia nell’acqua gelida della fontana, ed ecco là il Ruiòch che mi guarda… orco can….la cresta di destra, che sarà la nostra via di salita è ben lunga… Colazione, e partenza per l’altopiano di Pinè. Al passo Redebus 1455 m fa un freddo cane, -6°, ti entra nelle ossa e quasi corriamo per giungere al sole il prima possibile. Attraversiamo un bosco di conifere devastato da una tromba d’aria, e poi imbocchiamo una mulattiera che presto si rivela piena di insidie.. la mancanza di neve ed il freddo intenso di questo primo scorcio di inverno hanno creato colate di ghiaccio lungo il sentiero impressionanti. In molti punti la mulattiera è un vero e proprio torrente glaciale… superiamo il bosco ed arriviamo a Malga Pontata 1629 m con bella vista sul Brenta, e poi al sole della Malga Stramaiolo Alta 1737 m. Piccola sosta, poi ci incamminiamo sui desolanti prati secchi, per rientrare nel bosco. Il sentiero si fa a tratti ripido, e gira sul versante nord, tra cespugli di ontani ed un po’ di neve al suolo, che rende insidiosa la marcia. Ancora ghiaccio, e ci tocca attraversare più colate glaciali in altrettanti canaloni, uno dei quali, largo almeno 2-3 metri non è superabile con un salto.. scendiamo un po’, aiutandoci con rami, aggrappandoci agli ontani e dandoci una mano riusciamo a superarlo. Avessimo avuto i ramponi…..

Usciamo così al Passo Polpen 1939 m, e di fronte mi appaiono Hoabonti, Gronlait e Fravort con il loro carico di ricordi estivi. Una sosta per il the caldo, poi la “via del dolore” prosegue…

Saliamo per un pendio di radi mughi, con vista sulla fredda conca del Lago d’Erdemolo, ed ecco la lunga cresta.. La croce di vetta non si vede ancora, un po’ di neve al suolo ricopre il pendio, risaliamo verso la Cima dell’Uomo 2233 m. Un paio di foto, l’aria fredda ci spinge a proseguire. Ora c’è più neve al suolo, la vetta si avvicina. O meglio, sembra vicina, ma non lo è.. la cresta si fa più stretta, la neve gelata richiede prudenza, qualche passaggio è un po’ delicato, e ci piacerebbe tanto avere i ramponi anche qui..

Ma con calma, e con la stanchezza che si fa sentire, superiamo l’ultima anticima, e quindi, per roccette innevate, con un po’ di cautela, eccoci finalmente in vetta al Monte Rujòch 2415 m. Berg heil e abbraccio alla mia compagna di salita.

Il panorama è immenso, dai monti del Garda, al Brenta, alle montagne del Süd Tirol, al vicino ed onnipresente Lagorai, al Cevedale-Ortles-Zebrù alle cime che fanno da contorno all’Altopiano di Asiago. Manderiolo, Vezzena, Fravort, Gronlait, ricordi d’estate e d’autunno che si accavallano nei miei pensieri. E la Regina, la Cima d’Asta là di fronte, mi riporta alla mente un’alba che non ho vissuto direttamente, ma che qualcuno mi portò a mille chilometri di distanza.

Mangio il mio panino speck e grana, mi manca il mio vinello, mi scaldo con il the bollente. Sono già le 14, è ora di scendere, la via del ritorno è lunga e non è una passeggiata. Ripercorrere la lunga cresta, in discesa, richiede ancora più attenzione. Fino alla Cima dell’Uomo Vecchio è necessaria concentrazione, il terreno coperto di neve e ghiaccio è infido. Poi finalmente possiamo rilassarci un poco, scendiamo camminando nel sole che ci scalda, mentre le foschie risalgono la valle dell’Adige. Arriviamo al Passo Polpen con gli ultimi raggi di sole che accarezzano i pendii di erba bruciata dal secco e dal gelo.

Piccola sosta the, poi giù nel freddo e nell’ombra. Gli attraversamenti delle colate glaciali ci impegnano ancora, ritroviamo il sole sopra Malga Stramaiolo, dove lo salutiamo definitivamente. Sono già le quattro passate del pomeriggio, l’aria si fa sempre più gelida, la luce sempre più fioca. Nel bosco non si vede quasi più niente, ma riusciamo a procedere senza dover ricorrere alla pila frontale. Ultime colate di ghiaccio, le luci di Pinè e del Passo Redebus si avvicinano.

Arriviamo alla macchina alle cinque passate, è praticamente buio, fa freddo. Ci voltiamo indietro, il crepuscolo sul Brenta ci saluta, ci guardiamo negli occhi, intirizziti dal freddo, è proprio ora di tornar a baita ed al calor del fogolar.


Data: 27/12/2007
Quota max: 2415
Partenza da: passo del redebus
Quota partenza: 1455
Dislivello: 960
Zona: lagorai, palù di Fersina (TN)
Difficoltà: E

20 Immagine(i), Inserita il 05/01/2008

Mont Fourchon 2902 m



Buona la prima! E così finalmente, dopo 7 mesi, ho ripreso l'attività scialpinistica. Alle 7,30 a Rivarolo siamo in 5, e con sopresa scopro che ad Ivrea ne dovremo recuperare altri 8!

Oggi saremo in 13, quasi una gita sociale.... ci ritroviamo così al casello, ci si divide per le macchine e via, con qualche ritardatario che ci segue in autostrada... direzione Gran San Bernardo. Passiamo S. Rhemy, ed eccoci alla fine della strada transitabile, a circa 1700 m. Bene... oggi mi aspettano la bellezza di 1200 m di dislivello... stica.. come prima gita non sarà azzardato?

Vabbè.. indosso l'ARVA in macchina al caldo, poi la consueta battaglia per entrare negli scarponi, e dopo 7 mesi non è facile... tra imprecazioni e versi gutturali, eccoci, sono pronto... sci ai piedi, clack, e via, ci incamminiamo in ordine molto sparso per la strada innevata.

Il gruppo di testa (i runners) prende già subito un passo di gran carriera... io chiudo la fila, devo riprendere confidenza confidenza con il meccanico scivolamento alternato dello sci, e mi ricordo pure come si fa...

Saliamo con una stradina per scorciatoia, e passiamo sotto l'ingresso del tunnel del Gran San Bernardo.. perdiamo un po' di dislivello, siamo in una bella conca innevata, ed il cielo verso la Svizzera si apre, il tempo migliora e così anche la temperatura e l'umore sale ancor di più. E' bello finalmente ritrovarsi tutti insieme a fare scialpinismo.. risaliamo verso la strada SS26 che conduce al colle, con qualche tratto ostico per via della neve dura, e nei pressi della Montagna Baus 2375 m, il mio secondo pit stop..

I runners sono spariti alla vista, vedo un solitario Alex imboccare il vallone a lato della caratteristica Tour des Fous, dietro di me solo Nicola e Giampaolo... per un po' sono incerto sul proseguire, i quadricipiti non più abituati al movimento della salita con gli sci mi tirano parecchio, e non vorrei non aver poi le gambe per scendere...

Alla fine opto per proseguire, mentre Giampaolo preferirà seguire la strada fino al colle in tranquillità. Mancano oltre 500 m alla vetta, la temperatura si abbassa, una fastidiosa brezza proveniente dalla Svizzera mi gela il sudore addosso e mi fa correre ai ripari vestendomi di più..

Avevo fatto questa gita a giugno, partendo sci ai piedi dalla baita, ora in invernale ovviamente il panorama è tutto diverso. Le rocce brinate parlano da sole, la settimana passata qui è stata decisamente gelida... supero Nicola, e presto rimango solo nel vallone, ma la vetta ormai è in vista. I muscoli paiono andare meglio, ma una volta arrivato fin qui, devo stringere i denti ed arrivare su. Ogni tanto il sole è velato da qualche nube sottile, e il freddo si fa sentire maggiormente. Ci sono 5° sottozero se non di meno.

Meno di duecento metri sotto la vetta vedo i primi dei nostri che cominciano a scendere, io mi metto anche il pile perchè sudato così se prendo freddo sono fritto. Passo dopo passo, con tutti i muscoli che cominciano a chiedere pietà, arrivo sotto la cima, mentre Alex e Davide da lassù mi incoraggiano all'ultimo sforzo.

La vista si apre sul versante opposto, pochi metri ed eccomi sotto le roccette della vetta. Tralascio gli ultimi metri a piedi, tanto questa cima l'ho già “timbrata”. Fa un freddo porco, quasi 8° sottozero, mi metto pure il maglione, e nel contempo il sole si vela di nuovo. Tempo di fare due foto, togliere le pelli, tribolare con gli scarponi, e trac, le mani comincio a non sentirle più... e te pareva che non arrivava la bollita!!

Ma son presto pronto, e voglio scendere subito, fa troppo freddo per mangiare qui. E' arrivato anche Nicola, il buon Davide si ferma ad aspettarlo, noi scenderemo di qualche metro per scaldarci un po'..
Ma... mi ricorderò come si fa a curvare??? Ebbene sì, con calma, faccio le mie prime curve della stagione 2007-2008... rigido come un pezzo di legno, dopo 1200 m di dislivello le gambe non reagiscono bene... ma non volo, ed è già qualcosa... Davide e Nicola ci raggiungono, e così riprendiamo la discesa, tenendoci in un valloncello a destra sotto il Pain de Sucre... la neve non è niente male, tratti di farina tritata e non, dove lascio qualche ricamino senza pretese, e tratti di crosta da vento portante, dove sembra una pista battuta... curva dopo curva i muscoli si sciolgono un po', e ritrovo il piacere della sciata...

Una crosta traditrice mi fa fare il primo volo della giornata, ma ci può stare... ci riuniamo tutti e 12 su un costone prima della baita, e finalmente si può mangiare qualcosa... poi giù tutti quanti, recuperiamo anche Giampaolo, e scendiamo lungo la strada per un pezzo... poi la secessione... io e Giampaolo preferiamo seguire la strada fino in fondo, gli altri si lanciano in un bel canale che si rivelerà di neve ottimamente portante...

Ma io non ho più le gambe, e per evitare di rompermi qualcosa, scendo tranquillo tranquillo per la strada, lasciano che gli sci mi portino a casa...

Ed eccoci all'ombra ed alle macchine... cambio, poi nebbiolo e panettone, per concludere questa prima bella gita.. neve quindi niente male, per essere la prima della stagione non mi posso affatto lamentare.

Data: 23/12/2007
Quota max: 2902
Partenza da: s. rhemy
Quota partenza: 1700
Dislivello: 1202
Zona: valle del gran san bernardo
Difficoltà: MS

15 Immagine(i), Inserita il 24/12/2007

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