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Come eravamo : Pelvoux (1983 e 1992)
Autore: vecchiomio (Notizie dello stesso autore)
Notizia inviata il: 13/05/20 10:02
Notizia riferita al: 13/05/20
Letture: 694
Come eravamo

Due giorni fa c’è stato un brusco cambiamento del tempo, qui al rifugio del Pelvoux sono caduti una ventina di centimetri di neve e adesso, in questo tardivo week end settembrino fa un freddo cane. Dal 5 di settembre il rifugio non è più custodito, la stagione alpinistica canonica è finita, ma noi sappiamo che settembre è uno dei mesi più belli in montagna: tempo stabile, aria tersa e poca gente. E infatti siamo solo in quattro: noi e due francesi. Con il duvet addosso e il berretto di lana calato sulle orecchie, mentre riordina le sue cose, uno dei due francesi ci chiede :
- A quelle heure prévoyez-vous de vous réveiller demain matin?-
- Cosa ne dici Giulio, facciamo alle cinque ?-
- Meglio alle 5,30, penso che farà chiaro verso le sei-.
- ... alors, nous avons pensé à 5h et 30-
- Si tard? Nous, réveille à quatre heures et départe à quatre heures et trente!-
Il francese è sicuro e categorico come una vecchia guida alpina. Va beh, vorrà dire che noi seguiremo a distanza le loro tracce, non va neanche male, visto che ci sarà da pestare la neve appena caduta.
Alle cinque e mezzo il beep-beep del nostro orologio suona, ma i due francesi sono ancora nei loro letti…come mai non sono partiti ? Si vede che non gli è funzionata la sveglia. Alle sei siamo fuori e loro stanno ancora facendo colazione…ci tocca fare la traccia. E’ una giornata stupenda, le montagne imbiancate dalla nevicata e l’aria trasparente cesellano ogni dettaglio, anche sui piani lontani e noi alle nostre spalle lasciamo una fila di impronte come sul bassorilievo di una grande cattedrale naturale.
Facemmo la nostra salita al Pelvoux in completa solitudine, poiché vedemmo i due francesi tornare sui loro passi all’inizio del canale Coolidge, peraltro in ottime condizioni : non era la loro giornata evidentemente ! Sulla cima pensai ad August Coolidge, l’infaticabile esploratore della seconda metà dell’’800, e capii perché avesse dedicato la maggior parte della sua vita di alpinista a questo massiccio, compiendo molte prime salite assolute o aprendo nuovi itinerari, come quello che avevamo appena percorso. Giulio interruppe le meditazioni: in perfetto francese e in tono grave e perentorio, scimmiottando il francese della sera al rifugio disse :- Nous, réveille à quatre heures et départe à quatre heures et trente !- e scoppiammo in una risata incontenibile che eccheggiò sul Ghiacciaio des Violettes, sul versante opposto a quello che avevamo salito: scintillante e intonso per la neve fresca caduta da poco, serpeggiava prima dolcemente verso sinistra, poi più ripido, a destra, verso il solco della Valluise: aveva la forma approssimata di un immenso punto interrogativo rovescio ed emanava qualcosa di inspiegabilmente magnetico. Dissi senza crederci troppo :
- Sarebbe bello scendere da questo lato e fare la traversata ad Ailefroide …non adesso ovviamente, un’altra volta… chissà? -

Quella volta è arrivata : sono trascorsi nove anni e sono di nuovo nel rifugio del Pelvox, con Giorgio, per fare la traversata. La sala da pranzo e le camere sono piene zeppe di gente che va, che viene, che mangia, che dorme, che prepara l’attrezzatura…siamo in agosto d’altronde, abbiamo dovuto prenotare…manca quel senso di isolamento quasi sacrale che incute la montagna quando si è in pochi o ancor più da soli. L’importante comunque è che le previsioni per domani siano buone, e lo sono. Alle quattro invece piove a dirotto, questa giornata sarà un buco nell’acqua, e non solo in senso metaforico, così mi riaddormento deluso. Invece alle cinque Giorgio mi sveglia di nuovo.
- Stanno partendo tutti, era solo un temporale, ora si sta rasserenando ! Andiamo-
Sulla cima Puiseux, la più alta delle quattro che formano il massiccio, Giorgio mi scatta una foto, ma forse gli trema un po’ la mano e verrà mossa, peccato!-
Osserviamo il ghiacciaio des Violettes che dovremo scendere, affascinati e un po’ preoccupati dallo spettacolo davanti ai nostri occhi: in alto pare un enorme lenzuolo con gli angoli appesi alle quattro cime, poi si restringe e forma diversi crepacci trasversali al senso di marcia: si possono aggirare abbastanza facilmente, ma uno di questi forma un muro verticale di circa tre metri, che bisogna per forza saltare. Si butta per primo Giorgio e si insacca un po’, non è più un ragazzino, ma per fortuna il punto di atterraggio è soffice e si rialza senza conseguenze. Sembra di camminare in una navata gotica che ha per colonne pinnacoli di roccia e giganteschi seracchi, ci è capitato raramente un ambiente così spettacolare. Sotto la parete dei Trois dents du Pelvoux il ghiacciao gira a destra e si deve perdere quota con due doppie lungo diedri-canali. La roccia è salda e fessurata, calo Giorgio e poi scendo in libera per fare prima: lui ci mette il fiuto del montanaro e io un briciolo di tecnica e qualche anno di vantaggio. Non si vede più nessuno, delle altre tre o quattro cordate che scendevano da questo versante qualcuno è più veloce di noi, altri sono ancora indietro. Possiamo metter via la corda, ormai siamo sui primi nevai, poi altri nevai, poi rocce montonate, sfasciumi, cenge e finalmente una traccia di sentiero in mezzo ad arbusti ci indica che siamo sul percorso giusto che conduce ad Ailefroide, piccola, sulla linea d’argento del torrente in fondo al versante. Verso le 13,30 siamo alla fontana del paese, felici per la perfetta riuscita della traversata. E abbiamo anche fatto abbastanza in fretta a scendere i 2500 metri che adesso ci separano dalla cima, si vede che l’interminabile giro della Vergia a Prali è servito a qualcosa.
- Giorgio, siamo scesi di lì! A guardare da qui sotto fa una certa impressione!-
- Già…! Guarda là, si vede bene il canale dove si scende in doppia e che dal ghiacciaio che gira immette sulla bastionata, prima della zona con arbusti…-
- Siamo stati bravi! Complimenti! Qua la mano!-
Di fianco c’è un turista che si sta riempiendo una bottiglia d’acqua e guarda pure lui verso l’alto, ma non riesce a vedere nient’altro che rocce e neve mescolarsi secondo le leggi del caso fino a comporsi in alto in macchie bianche e rossastre più grandi e più armoniose.

-Vous venez de là-haut?-
- Oui, de là -
- Quelle est cette montagne?-
- C'est le Pelvoux!-
- Et...c'est difficile? ya-t-il le chemin?
-Non, ce n'est pas difficile, mais le chemin n'est pas là-
-Je préfère donc marcher ici, donc je ne risque pas de me perdre!-
-Vous avez raison, monsieur: dans les montagnes vous pouvez vous perdre. Ou même vous retrouver!-
------------------------------
P.S. Le due salite si riferiscono agli anni 1983 e 1992.


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