Chi ha pensato che le “Onde di terra”, come l'emozionante film del regista Andrea Icardi definisce le colline di Langa, meritassero, insieme al Roero e al Monferrato, di essere iscritte nel patrimonio dell'umanità UNESCO, amava certamente questo territorio al punto da volerlo salvaguardare a favore di tutti.
E in effetti la Compagnia dell'Anello, come chiunque ami periodicamente camminare tra le vigne di queste colline, può rendersi conto dell'incanto e del fascino emanati da questo ambiente in tutte le stagioni dell'anno. Cambiano i colori, cambiano i profumi, cambiano gli ambienti, cambiano i paesaggi, ma si resta sempre estasiati di fronte a tanta bellezza.
Questa volta, destreggiandoci tra gli umori instabili di questa primavera, riusciamo a trovare la giornata giusta per uno dei più apprezzati percorsi attorno a Monforte d'Alba: il sentiero S1, sentiero ad anello che sviluppa in poco più di 13 km un itinerario ultra panoramico, forse uno tra i più belli della zona, dove i borghi di Novello, Barolo, La Morra, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba e ovviamente Monforte d’Alba, incorniciati dall'intera catena delle Alpi, sono solo alcuni dei prestigiosi “ingredienti” che “condiscono” questo giro.
Ma i veri protagonisti del percorso sono i vigneti, nella veste del risveglio primaverile, che hanno già sviluppato, pilotati dall'intelligente potatura invernale, i nuovi germogli (tralci) con dei grappoli in miniatura che in effetti sono delle preziose infiorescenze. A differenza di altre piante, i fiori della vite sono poco vistosi e si possono osservare solo con un'analisi più approfondita delle infiorescenze. Su queste sono presenti un gran numero di abbozzi fiorali. Ogni fiore è inizialmente coperto da un cappuccio protettivo (caliptra) che si stacca all'inizio della fioritura ed espone pistilli e stami. In questa fase avviene la fecondazione. La vite coltivata in Europa (Vitis vinifera) è ermafrodita, ha cioè organi riproduttivi sia maschili che femminili, è autoimpollinante e per questo non necessita di alcun intervento esterno da parte degli insetti o del vento. Dai fiori fecondati si sviluppano i primordi degli acini (allegagione), i fiori non fecondati avvizziscono e cadono.
Si parlava prima di “preziose infiorescenze” poiché dal buon esito della loro trasformazione in veri grappoli dipende il risultato della vendemmia e perché ciò avvenga è auspicabile che in questo periodo ci sia un po' di stabilità climatica.
A giustificare il titolo di questa nostra escursione “Tra i vigneti in fiore”, è pur vero che la vite ha una fioritura poco appariscente, ma a rafforzarla ci pensano, in uno splendore di colori e di profumi, i numerosi roseti di testata dei filari. E anche questo ha la sua ragion d'essere. La rosa funge difatti da sentinella; veniva, e viene tutt’ora chiamata, “pianta spia”, in quanto manifesta per prima i sintomi di eventuali malattie o parassiti che possono colpire la vite stessa: ad esempio il temibile mal bianco (oidio). Le rose, quindi, messe in testa ai filari, aiutano a monitorare e controllare lo stato di salute del vigneto, permettendo così di prevenire eventuali problemi o comunque di agire tempestivamente per ridurne i danni sul raccolto.
Ma veniamo al nostro percorso. Con mia moglie Maria Teresa e gli amici Caterina e Giuseppe, raggiungiamo in auto Monforte e parcheggiamo nella capiente Piazza Monsignor Dallorto. Da qui, zaino in spalla, ci dirigiamo verso il centro del paese passando davanti alla bella parrocchiale della Madonna della Neve e su via Garibaldi raggiungiamo Piazza Umberto I°, punto ufficiale di inizio e termine del sentiero S1.
Dalla piazza scendiamo per circa 700 metri lungo la strada provinciale di via Monchiero, fino a raggiungere la piccola Cappella della Natività di Maria Vergine. La cappella, edificata intorno al '400 è anche detta Madonna delle Settevie.
Teniamo la Cappella alla nostra sinistra, addentrandoci lungo una strada asfaltata secondaria in lieve salita e arriviamo in Località Bussia San Pietro, dove svoltiamo a destra prendendo una strada poderale la quale si trasformerà in un sentiero che si immette in un bosco misto.
I passaggi all’interno del bosco sono ottimamente segnalati sia dai classici segnavia “bianchi e rossi”, che dai vari cartelli che riportano la sigla “S1”. Usciti dal bosco, giungiamo su una stradina asfaltata secondaria, dove giriamo a destra arrivando in Località Bussia San Giovanni, riconoscibile da un cascinale di un’azienda agricola.
Qui svoltiamo tutto a sinistra e dopo una serie di tornanti, ben presto ci troveremo immersi in una grande anfiteatro di vigneti, che rappresentano il vero tesoro e il vero patrimonio di questi luoghi, oramai famosi in tutto il mondo per la qualità del vino Barolo qui prodotto.
I “Cru” del Barolo (in termini tecno-giuridici chiamati MGA – Menzioni Geografiche Aggiuntive) nel comune di Monforte sono 11. Noi oggi ne visiteremo 7: Bricco San Pietro, San Giovanni, Bussia, Perno, Gramolere, Castelletto e Ginestra.
Ora ci troviamo nella MGA di Bussia che è stata il primo Cru del Barolo ad essere etichettato, assieme a Rocche di Castiglione, nel 1961. Rappresenta una delle zone di maggior prestigio e con i circa 190 ettari di superficie vitata è il più esteso del comune di Monforte d’Alba.
I vari passaggi tra i vigneti, vengono deliziati all’orizzonte dalla vista sul borgo di La Morra posto sulla sommità di una collina e più avanti da Castiglione Falletto e Serralunga con i loro castelli.
Arrivati in Località Bussia Soprana, saliamo alla Cappella dell'Assunta, la Chiesa della Bussia. snella con il suo campanile svettante a ridosso del Bricco del Romirasco. Al suo interno si trova un pregevole quadro in cui è raffigurata la Madonna Assunta insieme alla protettrice della frazione, la Beata Margherita di Savoia.
Sul sagrato troviamo una piccola terrazza con panche che ben si prestano per una pausa ristoratrice, attorniati da un paesaggio da fiaba.
Da Località Bussia Soprana, seguendo le indicazioni, sempre ottimamente disposte lungo tutto il tracciato, dopo pochi minuti ci addentriamo in un fitto bosco in direzione del rio di Perno, dove troviamo la fontana “Ciabot Addis Abeba” anche nota come il "funtanln”, famosa nella zona per la bontà delle sue acque, per poi ritornare nel pieno dei vigneti, andando a risalire l'erta collina della Cappella campestre di Santo Stefano di Perno. La cappella venne edificata originariamente nel Xll secolo: di quest'epoca sono ancora visibili l'abside semicircolare in pietra e alcune porzioni delle pareti laterali. La navata e la facciata furono ricostruite tra il 1753 e il 1757.
Sul crinale delle vigne sono a volte ancora visibili i caratteristici “ciabot”. In piemontese con questo termine viene identificata una piccola costruzione in muratura, che un tempo serviva come luogo di ristoro e dimora notturna per i contadini, che, abitando lontano, non potevano fare ritorno a casa. Ma il loro impiego è anche stato quello di custodire riserve d’acqua essenziali per la preparazione del “verderame” cioè una soluzione a base di solfato di rame e calce spenta (tecnicamente denominata poltiglia bordolese) indispensabile per difendere la vite dalle malattie fungine (in particolare la deleteria peronospora). Oggi i “ciabot”, (purtroppo in alcuni casi un po' malandati), sono impiegati come ricovero per i mezzi e gli attrezzi.
In breve raggiungiamo il paese di Perno, antica località con possedimenti passati più volte di proprietà tra le casate nobiliari feudali che le ambivano per le pregiate produzioni vitivinicole. Perno fu comune autonomo fino al 1929, quando venne aggregato come frazione al comune di Monforte (il nome del ristorante all'ingresso del paese “Repubblica di Perno” avrà certo un suo perché...).
Non entriamo nell'abitato di Perno, sul quale torreggiano il castello e la parrocchiale, ma svoltiamo a destra superando una cappella per svoltare subito appresso a sinistra su un sentiero che dopo un breve tratto boscato ci condurrà tra i vigneti della località Castelletto.
Camminiamo per circa 300 metri sull'asfalto dopodiché, all'altezza cantina-villa Manzone scendiamo sulla stradina di destra ove incontriamo l'“acqua fresca, anima della terra” della Fontana delle Gramolere dove riforniamo le borracce. Proseguiamo fino al cascinale Manzone e qui, timida e quasi nascosta, ma dal colore lilla piuttosto acceso, troviamo la “panchina dei giganti” installata in un posto d'incanto per sedersi, rilassarsi e guardare l’orizzonte e il paesaggio che ci circonda.
Riprendiamo il cammino e, tramite un’ampia poderale, risaliamo alla strada asfaltata che seguiamo fino alla località Salicetti, dove svoltiamo sulla sterrata di sinistra che ci porterà al colletto della Ginestra.
Man mano che procediamo intravediamo il borgo storico medioevale di Monforte raccolto sul colle come in un presepe. Ci addentriamo nelle sue ripide viuzze lastricate raggiungendo la Piazza Antica Chiesa attorniata dalla Torre civica o dell'orologio (XI-XIII sec.) e dall'Oratorio della Confraternita di Sant'Agostino e di San Bonifacio (XVII-XVIII sec.) con ampia scalinata a semicerchio sull'Auditorium Horszowski e sul Castello di Monforte o Palazzo Scarampi.
Ridiscendiamo verso la parte bassa del paese dove abbiamo lasciato l'auto e dove concludiamo questo splendido anello tra le bellezze naturali, storiche e artistiche di questa incomparabile località.
(cit: https://www.abitarelestremo.it/sentiero-s1-monforte-dalba/)
Escursione effettuata il 15 maggio 2025
Compagnia dell'Anello formata per l'occasione da Adriano, Caterina, Giuseppe e Maria Teresa
Località di partenza: Monforte 466m
Punto più elevato raggiunto: Località Ginestra 535m
Dislivello cumulato in ascesa: 525m
Sviluppo complessivo del percorso: 13,9 km
Tempo in movimento: 4h 30'
Difficoltà: T (vedi scala difficoltà)
fotovideocronaca
Tracciato gps
mappa satellitare Wikiloc