Quella di oggi è un'escursione effettuata a metà del mese di marzo che la Compagnia dell'Anello consiglia in quanto fattibile da tutti e in tutte le stagioni, molto varia e interessante per l'opportunità di camminare tra le venti borgate (su un totale di 93 del comune di Roccabruna) del basso versante meridionale del Monte San Bernardo e di raggiungere la caratteristica costruzione del “Grangio Veio” (Casa sotto la rocca).
Con mia moglie Maria Teresa e l'amico Osvaldo raggiungiamo in auto il capoluogo di Roccabruna (La Ròcia ëd Droné in piemontese, La Ròcha in occitano - 685m), un centinaio di metri dopo la rotonda svoltiamo a destra su Strada dei Catari e parcheggiamo nella bella piazza circolare intitolata all'ex sindaco Giuseppe Giorsetti, di fronte alla sede del comune.
Roccabruna è una bella e tranquilla località delle valli Occitane che deriva il proprio nome dalla struttura rocciosa di colorazione scura, un tempo fortificata, che si erge alle spalle della borgata Castello. Alla storia dell'Occitania, alle sue tradizioni, arte e musica, Roccabruna ha voluto dedicare le sue strade trasformando la città in un museo all’aperto sulle regioni, i poeti trovatori, i musici, i martiri e i veggenti di questo “spazio” geografico così importante per la storia passata e futura delle terre alte. Per questa ragione la toponomastica di Roccabruna è anche in lingua occitana.
Da qui, zaino in spalla, proseguiamo sulla strada dei Catari, svoltiamo a sinistra davanti alla Chiesa Sacra Famiglia e quando la strada si biforca troviamo due vistosi cartelli indicanti i nomi delle borgate gravitanti sulla biforcazione destra (che noi seguiremo) e su quella di sinistra (che sarà la chiusura dell'anello al ritorno).
Iniziamo così a salire sulla strada intitolata ad Hans Clemer, pittore fiammingo attivo fra XV e XVI secolo in Provenza e nel Marchesato di Saluzzo, che ha lasciato nelle valli pregevoli opere pittoriche, fra cui spiccano gli affreschi della parrocchiale di Elva, che gli valsero il soprannome di “Maestro d’Elva”.
Dopo appena 200 metri superiamo il bivio sulla destra che porta alla borgata Prarosso (Prat Ros) il cui toponimo deriverebbe dalla colorazione rossiccia delle sue terre argillose. Poco dopo diparte sulla sinistra il bivio che porta alla borgata Erede, borgata poco soleggiata posta in un combale, il suo toponimo deriva forse dall'essere stata oggetto di spartizioni ereditarie.
Subito appresso sempre sulla sinistra, contrassegnato da un pilone votivo sul quale è posta una croce in ferro battuto con una rosa in mezzo, simbolo dei Rosacroce, troviamo il bivio per la borgata Gora (La Gorra - 760m) il cui toponimo deriva dall’occitano gorra, salice, in riferimento all’abbondante presenza di questi alberi lungo il Rio Casa Bianca che attraversa il vallone in cui sorge, e per la borgata Margaria (Lhi Margaria - 780m) il cui nome potrebbe derivare dalla famiglia qui residente oppure dal significato localmente inteso quale sede del malgaro e luogo di custodia del bestiame e della lavorazione dei prodotti caseari.
Dopo un tratto più ripido giungiamo alla borgata Grangetta (La Grangeta - 940m) il cui toponimo origina dal termine medievale granica, ‘granaio’ e definisce le costruzioni rustiche in muratura con un piccolo ricovero per animali, lontane dal centro abitato e utilizzate come abitazione durante l’alpeggio estivo e magazzino per il fieno in inverno. Da questa borgata partono diversi sentieri che conducono alle borgate più elevate: troppo impervi per poterli percorrere con carri, questi venivano lasciati a Grangetta, e si proseguiva a piedi, trasportando i carichi su delle slitte. La borgata conserva un pilone votivo e una fontana alimentata direttamente dalla sorgente.
Da qui sono raggiungibili:
Borgata Morello (Lhi Morèl – 850m) il cui toponimo si riferisce al cognome della famiglia residente nella borgata.
Borgata Toschia (La Toscha – 810m) che In occitano, in riferimento alla posizione dell’insediamento tra fitti boschi, significa la boscaglia,.
Borgata Cesani (Lhi Cesan – 830m) che prende il nome dalla famiglia che qui risiedeva e sorge in zona panoramica tra boschi di castagni e prati.
Proseguiamo la salita raggiungendo il bivio presso il quale trovasi la borgata Bernard 890m. Il toponimo si riferisce al cognome della famiglia qui residente. La borgata, posta in posizione soleggiata, è stata oggetto di consistenti ristrutturazioni.
Svoltiamo a destra superando un impluvio dove la strada prosegue in dolce pendenza raggiungendo e sovrastando con due tornantini la borgata Copetto (Lo Copet – 903m). Il toponimo si riferisce al cognome della famiglia qui residente. La borgata custodisce il forno comunitario più antico del comune e tra i più antichi della valle Maira. Curiosità: in questa borgata visse dopo il matrimonio Maria Chiotti, una delle pastorelle di Valmala a cui più volte apparve, tra agosto e settembre 1834, la Madonna a cui è dedicato il santuario più importante della Val Varaita.
Poco oltre, terminata la strada asfaltata, mentre il panorama si apre verso la borgata Castello e sulla sovrastante rocca del Cast'Lass, nonché sulla innevata dorsale divisoria Grana-Stura, incrociamo il sentiero occitano di collegamento tra Villar San Costanzo e Sant'Anna di Roccabruna. Lo seguiamo verso sinistra pervenendo in breve alla borgata Oggeri (Lhi Oger – 983m). Il toponimo fa riferimento a una delle famiglie residenti, il cui cognome è tra i più diffusi in valle Maira.
Continuiamo ignorando il sentiero sulla destra che sale al Colle di Valmala e proseguiamo in saliscendi per circa 300 metri fintanto che vediamo sulla destra l'evidente indicazione “Grangio Veio”. Il sentiero sale nel bosco misto e conserva ancora chiari segni di una recente pulizia e di lavori di manutenzione che rendono facile e piacevole il percorso verso questa strana costruzione a metà tra una caverna e una costruzione abitativa chiamata Grangio Veio (1100m), termine che letteralmente starebbe a significare una vecchia costruzione rustica in muratura con un piccolo ricovero per animali, ma qui c'è la differenza che il tetto e buona parte delle pareti non sono in muratura bensì rocce formanti un ricovero naturale.
Tant'è che il GSAM (Gruppo Speleologico Alpi Marittime) il 26 settembre 2024 l'ha censita come “Cavità antropizzata” cioè grotta che presenta una percentuale di antropizzazione maggiore del 50% per la presenza di manufatti interni (muri, costruzione, asportazione, scavo,ecc.) descrivendola come un riparo realizzato sotto alcuni enormi lastroni sporgenti, chiuso da muro in pietra di ottima fattura e in ottimo stato di conservazione, da cui si può presumere che risalga al '900. Al vano principale è annesso un vano più piccolo, collocato un po' più in alto, non comunicante e con accesso separato, probabilmente utilizzato come deposito di materiali e di attrezzature. Attualmente è in stato di abbandono.
Proviamo ad immaginare come vivevano qui le persone che ingegnosamente avevano trasformato una cavità nella roccia in un robusto fabbricato, in una zona che probabilmente non era boscata, ma coltivata e con la presenza di animali, preziosi per il lavoro e per l'alimentazione. Sinceramente viene difficile confrontare un sistema di vita dove la sopravvivenza dipendeva esclusivamente dai capricci del tempo e dalla propria capacità di lavoro e di sacrificio, nell'ambito del sostegno reciproco di una piccola comunità locale, mentre oggi la supertecnologia ci supporta in tutto e per tutto, seppur a discapito dei rapporti umani e della solidarietà con i nostri simili...
Torniamo sul sentiero occitano dove più avanti troviamo il bivio di un sentiero che scende alla borgata Tiauda (La Tiauda – 950m). Il toponimo appare oscuro, ma è possibile che si tratti di un fenomeno fonetico per cui la Tiauda sarebbe in realtà la Chauda, dall’occitano chaud, caldo, luogo soleggiato e riparato dai venti.
Proseguiamo il nostro cammino superando l'impluvio della Comba Gora e, tra un tripudio di fioriture di primule, giungiamo alla borgata Castello (Lo Castèl – 1027m). La borgata, conosciuta fino al ‘700 come “Roata de Alisiardis”, assume questo nome proprio per la sua vicinanza col vecchio castello di Roccabruna che sorgeva a monte della borgata, detto chastelàs o Castellazzo, fu costruito nel XIII secolo e fatto distruggere nel 1574, forse dal signore di Montemale. Oggi sono visibili alcuni resti delle mura. Notevole la Cappella della SS. Trinità, una delle chiese più antiche della zona.
Il posto è bello e panoramico, ben si presta quindi per una sosta pranzo rilassante al tepore di un bel sole primaverile, dopodiché riprendiamo il cammino tornando sull'asfalto per scendere alla borgata Centro (La Glèisa – 952m). Il nome occitano della borgata, Chiesa, richiama la Chiesa di SS. Maria Vergine Assunta, prima storica sede parrocchiale dedicata alla patrona del paese, posta in eccezionale posizione panoramica. Nell’italianizzazione dei toponimi essa diviene Centro, dando così risalto alla posizione centrale dell’insediamento. Una curiosità: in questa borgata sorge il più antico cimitero del comune, edificato nel 1798, sei anni prima che Napoleone emanasse le Décret Impérial sur les Sépultures, noto come Editto di Saint-Cloud, con il quale si dovettero trasferire tutti i cimiteri al di fuori dai centri abitati.
Proseguendo in leggera discesa arriviamo a San Giovanni (Sant Joan – 916m). La borgata prende il nome dalla locale Cappella di San Giovanni Battista, costruita nella seconda metà del XVII secolo ed ampliata negli anni 1920-1930 per far fronte al gran numero di pellegrini che vi si recavano.
Accanto alla cappella si stacca un bel sentiero che scende in un rigoglioso castagneto giungendo alla borgata Verutti (Lhi Verut – 851m). Il toponimo si riferisce al cognome della famiglia qui residente. Da qui dipartono sentieri e strade per raggiungere le seguenti borgate:
Peduccio (Lhi Peduch – 892m). Il toponimo potrebbe riferirsi al cognome della famiglia, o al nome proprio di uno di loro, Pedù, soprannome di Pietro
Sala Superiore (Ramalan – 845m). Il toponimo occitano potrebbe derivare da rama, ovvero ‘ramo’, come attestato dall’occitano ramaias, frasche o ramaglie, in riferimento a località che sorge tra fitti cespugli e alberi dai tronchi sottili.
Caire (Lo Caire – 764m). L’occitano caire, dal latino quadrum, indica una cima rocciosa con versanti spigolosi. La borgata si trova in posizione elevata con vista su Dronero ed è zona ricca di frutteti e castagneti.
Da qui scendiamo sulla via intitolata a Giorgio Boneto, pittore di Paesana, attivo fra XVIII e XIX secolo, lavorava spostandosi di valle in valle realizzando pitture votive di ispirazione e stile popolare su abitazioni private e piloni. Più avanti affianchiamo la borgata Fucina (La Fucina – 730m). Il toponimo deriverebbe dal latino officina, laboratorio, in riferimento alla presenza in loco di antiche fucine e mastri ferrai.
Riattraversiamo la Comba Gora e appresso troviamo il pilone della borgata Sala Inferiore (Sala – 718m). Il toponimo si fa risalire a una voce longobarda con significato di “sede di alpeggio”, associata anche al termine francese chalet. Sorge qui un antico pilone i cui affreschi, recentemente restaurati, raffigurano santi molto invocati sul territorio: la Sacra Famiglia, San Giuliano, San Bartolomeo e Santa Rita.
Ancora pochi passi e giungiamo al bivio di chiusura del nostro anello, soddisfatti di aver conosciuto importanti aspetti socio-culturali e storici di questa importante parte di territorio che fa da ingresso alla Valle Maira.
Un ringraziamento particolare a Espaci Occitan (http://www.espaci-occitan.org/) nella persona del Presidente Michelangelo Ghio, per averci permesso di consultare le note di toponomastica delle borgate conosciute durante questa nostra escursione.
Escursione effettuata il 13 marzo 2025
Compagnia dell'Anello formata per l'occasione da Adriano, Maria Teresa e Osvaldo
Località di partenza: Roccabruna 685m
Punto più elevato raggiunto: Grangio Veio 1100m
Dislivello cumulato in ascesa: 550m
Sviluppo complessivo del percorso: km 11,5
Tempo in movimento: 4 ore
Difficoltà: E (vedi scala difficoltà)
fotovideocronaca
Tracciato gps
mappa satellitare Wikiloc