Il D-Day, il giorno più lungo, chiamatelo come volete. La sveglia suona alle 23.30 del giorno precedente, il cuoco ci porta il tè caldo e i biscotti in tenda, in modo da conservare il calore per più tempo possibile. Ore 24 in punto pila frontale accesa siamo tutti fuori dalla tenda pronti a partire, un po' assonnati (io sono riuscito a dormire circa 3 ore) ma molto motivati e allegri, nonostante la consapevolezza di quello che ci aspetta. Noi siamo in 8 su 9, la sera prima Antonio aveva deciso di rinunciare a causa di problemi al tendine ed aveva già iniziato la discesa accompagnato da un portatore. Tutto il campo è in fermento, molti sono già partiti, altri sono dietro di noi. Non fa freddo, cioè fa decisamente meno freddo delle mie preoccupazioni, tanto che presto tolgo guanti, cappello e giacca, salendo solo col pile; per fortuna non c'è vento. L'andatura scandita dalla guida Mcmillan è davvero pole pole ma costante; anche le pause sono ridotte al minimo, perchè dicono che a queste altitudini è facile addormentarsi se ci si ferma. Subito oltre il campo si sale su uno sperone roccioso che porta alla cresta che dovremo precorrere; si inizia subito a faticare parecchio a causa dei saltini rocciosi e della pendenza sostenuta; dopo 200 metri di dislivello per fortuna si affronta un pianoro che permette di spezzare il ritmo. Si approfitta per bere e mangiare qualche barretta. Seguiamo il serpentone di lucine che si muovono di fronte a noi, con passo molto regolare, siamo un gruppo di ottimi camminatori e procediamo bene. Qualche 'sborone' ci supera a velocità doppia, lo ritroveremo nella seconda parte della salita a vomitare o costretto a scendere rapidamente, a queste quote non si può scherzare. Tra le 2 e le 3 di notte festeggiamo (abbastanza sobriamente con pacche sulle spalle) il raggiungimento di quota 5000 metri, un record per 6 componenti del gruppo. Ma i festeggiamenti durano poco e si riparte, è ancora lunga. Il sentiero sale contrassegnato da ometti alternando ghiaie fastidiose a tratti più solidi (la via di Machame è quella con meno ghiaia per fortuna); ogni volta che consultiamo l'altimetro, questo impietoso ci indica sempre la medesima quota, i 5300 non finiscono mai, eppure ci sembra di salire molto, vabbè. Inizia a girarmi un po' la testa e qualche passo mi sembra di barcollare, penso sia normale però allora rallento un pochino l'andatura e la crisi presto viene superata: sospiro di sollievo. Fino a quel momento si era chiacchierato parecchio, da lì in poi gli unici rumori diventano i respiri pesanti e affannosi. Là davanti Mcmillan deve rallentare l'andatura, Silvia e Federica iniziano ad accusare un po' di stanchezza, per ora tutto sotto controllo però non riescono a mantenere andature sostenute, e spesso ci si deve fermare, ma non vogliamo spezzare il gruppo, ci teniamo ad arrivare tutti insieme. Allora a vicenda si cerca di farsi forza l'un l'altro, dando suggerimenti cul come procedere ma soprattutto motivando, perchè dove le gambe non arrivano, arrivano cuore, mente e motivazione. Inizia a fare più freddo, e un po' di vento fastidioso si fa sentire e costringe a rivestirsi di tutto punto. Da quota 5600 le ghiaie prendono il sopravvento, due passi avanti e uno indietro, ma si continua. A quelle quote si fa fatica a ragionare bene, infatti quando ormai lo stella Point a 5750 m. (cioè il punto dove si giunge sul cratere) iniziava a vedersi, Silvia e Federica scoppiano, e decidono di staccarsi e andare avanti più piano; grossa risata generale e facciamo loro notare che siamo sul bordo del cratere! E' ancora buio, anche se ad est vediamo i primi chiarori, sono le 6 del mattino. La luna (girata al contrario rispetto a come la vediamo noi essendo nell'altro emisfero) è scomparsa. Calpestiamo la prima neve, bella ghiacciata ma non servono i ramponi (che non abbiamo) in quanto la traccia è ottima. Non riesco a vedere a causa del buio dove sia la cima, quindi non mi rendo conto di quanto possa mancare, Alex dice che ci siamo quasi. Dallo Stella Point mancano 150 metri di dislivello. Poi mentre schiarisce aggirate alcune roccette, una visione non più lontana: Il cartello della Cima!! Le energie tornano quasi di colpo, l'andatura aumenta, vedo gente che mi supera quasi correndo.. Bisogna fare un minimo di attenzione passando sul ghiacciaio perchè in certi punti è un po' ripido sui fianchi ed una scivolata porterebbe nei buchi sotto gli imponenti seracchi della parete sud. Ma ormai ci siamo, mi fermo a fare foto al sole che sta sorgendo mentre gente della mia comitiva è pochi metri più avanti, sulla cima! Lo spettacolo è impressionante, sia sull'immensità della montagna (il cratere però non si vede, è molto spostato verso nord-est, sia sui ghiacciai e sui loro seracchi, sia sull'alba oltre il mare di nubi che si estendono su tutta la fascia equatoriale. Siamo arrivati tra i primi, segnale che tanto piano non siamo saliti, e riusciamo a goderci la cima abbastanza in solitaria con tanto di foto ricordo in tute le salse. Allora è vero che i sogni tanto inseguiti si realizzano! Purtroppo non ci possiamo fermare troppo, e inizia una lunga discesa, però con la gioia nel cuore e le fotografie di quello che abbaiamo visto stampate negli occhi. La discesa è molto immediata, passiamo in un ampio canalone di cenere lavica e fini detriti, si solleva una quantità disumana di polvere ma si 'galleggia'. Intanto il sole è ormai alto e nei nostri vestiti pesanti ci facciamo una bella sauna. si scende rapidamente e anche a causa di questo qualcuno tra cui io, sentiamo un po' di malessere a livello di stomaco e di emicrania, tutto sommato niente di che. Attorno alle 11 del mattino siamo nuovamente a Barafu Camp, dove ci è concessa un'ora di riposo (non riusciremo però a dormire) prima di pranzare e ripartire. Nei volti degli altri si legge molta stanchezza, ma dopo un breve pranzo ripartiamo, seguendo la via Mweka, utilizzata solo in discesa perchè molto diretta. ci aspettano ancora altri 1500 metri di dislivello in discesa da sommare a i precedenti 1300 dalla cima al Barafu. Si procede in fila indiana abbastanza silenziosi per la stanchezza, più che altro trascinandosi, lungo ambienti surreali. Ben presto entriamo nelle nebbie e dopo aver sostato all'High Camp, proseguiamo la discesa arrivando finalmente al limite della foresta, dove sorge il Mweka Camp 3100 m.. Abbiamo camminato per 12-13 ore! Lavaggio, cena e poi a letto appena diventa buio, non faticheremo a prendere sonno. L'indomani ci aspetta l'ultimo tratto di discesa fino al Mweka Gate, 3 ore di marcia sotto una pioggia fastidiosa.
Data: 07 agosto 2007 Quota max: 5895 Partenza da: Barafu Camp Quota partenza: 4600 Dislivello: 1385 (salita) 2885 (discesa) Tempo impiegato: 6h (salita) 6h (discesa) Zona: Africa Centrale Difficoltà: EE
ore 00.00, si parte
Una delle poche e brevi soste lungo la salita
Si festeggia: quota 5000 metri
ore 6.00 siamo allo Stella Point, 5750 m.
Avvisaglie di alba
Verso sud est
Il cielo prende fuoco
I soliti due esaltati
Ha inizio lo spettacolo
Alba
Primi raggi anche sul percorso di salita
Marco festeggia giustamente
L'ombra del Kibo sul Monte Meru
I magnifici 8 sull'Uhuru Peak
Uhuru Peak 5895 metri
Il ghiacciaio sottostante ai margini del cratere centrale