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Album Foto > Album personali > Beppe46 11450 immagini in 423 albums visti 1110649 volte
Un anello lungo selvaggio corso del rio Puta per l'alpe Roghetto ed il Truc Giulianera



Un anello lungo il selvaggio corso del rio Puta per l’alpe Roghetto e il Truc Giulianera

Località di partenza: Ponte sul rio Puta, poco oltre l’abitato di Mocchie
Dislivello: mt. 710
Tempo complessivo: 4 ore c.ca
Difficoltà: Il primo tratto EE. Poi E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale n° 4 Bassa valle di Susa – Musinè- Val Sangone -
Collina di Rivoli Fraternali Editore

Il rio Puta nasce poco sotto le Scalance, ammasso roccioso a monte di Mocchie e confluisce nel torrente Gravio a valle di questo abitato. Il suo corso, almeno nella parte alta, non presenta particolari asperità che diventano invece evidenti nella parte bassa quando il corso d’acqua percorre una gola stretto tra ripide pareti rocciose che lo costringono a ripetuti salti e cascatelle. Salendo al Molino Gagnor la traccia c’è, poi termina e per un buon tratto bisogna inventarsi il percorso, almeno sin nei pressi dell’alpe Campetto; certamente questa è la parte più interessante dell’anello perché richiede impegno, capacità di scelta e un po’ di inventiva.
Raggiunta la traccia che collega Dravugna, borgata posta sulla strada per il Colombardo, con Cordole e il Truc Castelletto, si sale facilmente, ancora per vaghe tracce all’abbandonata alpe Roghetto e da questa al colletto posto a nord delle rocce del Truc Giulianera da dove si torna a valle attraversando varie borgate per sentieri, stradine e anche brevi tratti asfaltati, raggiungendo infine il ponte sul rio Puta dove l’anello si chiude. Possibili varianti.

18 Immagine(i), Inserita il 21/03/2012

Un anello per l'alpeggio dell'Armita (Eremita) e il Truc S. Martino da Foresto



Un anello per l’alpeggio dell’Armita (Eremita) e il Truc S. Martino da Foresto

Località di partenza: Parrocchiale di Foresto mt. 483
Dislivello: 850 mt.
Tempo di complessivo: 6 ore c.ca
Difficoltà: E/EE
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n°3 Val di Susa – Val Cenischia - Rocciamelone – Val Chisone Fraternali Editore

L’impegnativa salita da Foresto al poggio dove sorge l’abbandonato alpeggio dell’Armita o Eremita si fa su una traccia oggi poco percorsa, come del resto il tratto successivo, almeno sino ai ruderi di Cà Teissard. Alcune indicazioni nei punti chiave aiutano non poco, ma la traccia ha segnature sbiadite e in alcuni tratti si procede grazie agli ometti che indicano la via. Nondimeno la salita merita essere fatta perché si attraversano ambienti selvaggi, aspri, insoliti che quasi incutono timore. Ad un certo punto si rimane sconcertati e ci si chiede come si faranno a superare le verticali pareti rocciose sovrastanti, come si sia potuto progettare un itinerario che si sviluppa su versanti aspri e molto ripidi, dove il tracciato compie una serie di spostamenti sull’uno o e sull’altro versante riuscendo infine ad incunearsi tra le balze rocciose all’apparenza impenetrabili. Un passaggio quasi orizzontale, esposto ma non pericoloso perché assai ampio, permette infine di attraversare una ripida parete offrendo uno squarcio sul selvaggio vallone bagnato dal torrente Rocciamelone, sul fondovalle e sul gruppo dell’Orsiera raggiungendo infine l’alpeggio oramai abbandonato da tempo e in rovina. Proseguendo si incontra, subito dopo, la fontana Beneita avendo il sentiero che prosegue verso Cà Teissard le stesse caratteristiche. Più avanti, scesi al Truc S. Martino, che domina l’abitato di Foresto, si torna a valle per l’ampia traccia recentemente risegnata a puntino.

27 Immagine(i), Inserita il 15/03/2012

Una passeggiata alla cascata del rio Pissaglio



Una passeggiata alla cascata del rio Pissaglio

Località di partenza: Ponte sul rio Pissaglio presso un’area attrezzata
Dislivello: mt. 180 c.ca
Tempo di salita: 40 minuti c.ca
Tempo di discesa: 30 minuti c.ca
Difficoltà: T
Riferimenti: Carta dei Sentieri e stradale 1:25.000 n° 4 Bassa val di Susa – Musinè
Val Sangone – Collina di Rivoli Fraternali Editore

Il rio Pissaglio nasce alle pendici della Grand Uja per terminare nella Dora Riparia dopo aver toccato solo marginalmente l’abitato di Bruzolo in bassa val di Susa. Poco a monte dell’abitato compie un gran salto: la cascata del rio Pissaglio. Il punto panoramico per l’osservazione si raggiunge deviando da una mulattiera che poi prosegue per gli insediamenti più a monte e per la chiesetta della Madonna della Neve. Questa breve escursione, dati i tempi e i modesti dislivelli che si coprono, è una bella passeggiata da farsi con i bambini per far loro conoscere quanto sia piacevole camminare in montagna facendo scoprire loro luoghi insoliti, come una bella cascata. Ovviamente sarà tanto più spettacolare quanto maggiore sarà portata d’acqua del rio.

15 Immagine(i), Inserita il 09/03/2012

Un anello da S. Didero alla cappella di Prarotto



Un anello da S. Didero alla cappella di Prarotto

Località di partenza: Dove finisce via della Triglia a S. Didero mt. 440
Dislivello: 1000 mt.
Tempo di salita: 3 ore c.ca
Tempo di discesa: 2 ore e 30 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n°4 Bassa valle di Susa – Musinè – Val Sangone – Collina di Rivoli Fraternali Editore

Questo itinerario è fatto per coloro che amano percorrere le mulattiere che salgono alle borgate montane partendo da fondovalle, scoprendo così posti insoliti e mondi perduti anche se alcune sono tuttora abitate tutto l’anno, giustamente raggiunte da strade che facilitano l’accesso. Si presta ad essere effettuato soprattutto dall’autunno alla primavera quando questi assolati pendii presto si liberano dalla neve. La mulattiera che da S. Didero sale a Maffiotto, è stata da poco pulita e liberata dall’invadente vegetazione; le pietre del selciato assai levigate rivelano che una volta dovesse essere assai percorsa. Raggiunta la cappella di Prarotto ci si abbassa lungamente sulla piacevole traccia che traversa non lontana dal crinale abbandonandola poi per riportarsi sul versante di valle dove si rimane, ancora lungamente, su uno sterrato che scendendo incontra altri abitati. Dove non arriva la strada l’abbandono è totale: campi, prati, vigne invasi dai rovi sono desolanti a vedersi. Si ritorna infine a S. Didero percorrendo l’assolata mulattiera che al termine transita per la panoramica chiesetta di S. Desiderio posta in posizione dominante sull’abitato.

22 Immagine(i), Inserita il 06/03/2012

Un anello per il monte Arpon



Un anello per il monte Arpon

Località di partenza: Giorda Superiore mt. 827
Dislivello: mt. 411
Tempo di salita: 2 ore c.ca
Tempo di discesa: 2 ore c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n°4 Bassa Valle di Susa – Musinè – Val Sangone – Collina di Rivoli Fraternali Editore

Il monte Arpon è una modesta cima che si eleva a monte di Rubiana emergendo prima della lunga dorsale che dal Rocca Sella sale al Civrari separando la valle del Messa da quella del Sessi. Nondimeno la salita alla panoramica vetta, semplice, ma non banale, richiede un certo impegno soprattutto se per l’ascesa si sceglie la piacevole traccia che percorre lungamente la dorsale sud della montagna. Questo anello dopo averla raggiunta scendendo l’aggira toccando borgate e case sparse alcune delle quali abitate ancora tutto l’anno e giustamente servite da strade che facilitano l’accesso. Dati i tempi, volendolo si potrà salire, tornando, anche sul monte Gioran, modesta cima posta a est del monte Arpon.

21 Immagine(i), Inserita il 29/02/2012

Un anello sul sentiero Bruno Giorda per il Pilone Mollar o della Costa, il monte Curt e il santuario della Madonna della Bassa



Un anello sul sentiero Bruno Giorda per il Pilone Mollar o della Costa, il monte Curt e il Santuario della Madonna della Bassa

Località di partenza: parcheggio di Pera Pluc mt. 556
Dislivello: mt. 767
Tempo complessivo: 5 ore e 15 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta e dei sentieri e stradale 1:25.000 n°4 Bassa Valle di Susa – Musinè - Val Sangone – Collina di Rivoli Fraternali Editore

L’ampia zona a monte di Almese in bassa val di Susa, che va dal Musinè al colle del Lis passando per il monte Curt, è stata oggetto di imponenti opere di rimboschimento effettuate nella prima metà del secolo scorso volte a rivestire, soprattutto di pini neri, gli assolati pendii che degradano a valle un tempo brulli. Questo bel giro ad anello raggiunge prima il Pilone Mollar o della Costa da dove si prosegue stando sentiero Bruno Giorda che raggiunge la cima del monte Curt. Scesi lungo i crinale separante la valle del Messa da quella del Casternone al santuario della Madonna della Bassa, si ritorna a valle percorrendo lungamente una panoramica traccia, ancora una pista tagliafuoco, che ripassando per il Pilone Mollar riporta al parcheggio di Pera Pluc

23 Immagine(i), Inserita il 26/02/2012

Un anello per il Musinè da Morsino



Un anello per il Musinè da Morsino

Località di partenza: Serbatoio dell’acquedotto fuori della borgata Morsino di Almese all’inizio della pista tagliafuoco mt. 469
Dislivello: mt. 680
Tempo di salita: 2 ore c.ca
Tempo di discesa: 1 ora e 45 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 4 Bassa val di Susa – Musinè – Val Sangone Collina di Rivoli Fraternali Editore

Questo itinerario ad anello, semplice ma non banale soprattutto nella prima parte, assai panoramico, si presta ad essere effettuato dall’autunno inoltrato alla primavera quando i soleggiati pendii che degradano a valle dal Musinè si privano della neve. La salita alla croce di vetta si effettua stando sulla traccia che partendo appena fuori la borgata Morsino di Almese percorre lungamente l’arido versante sud del monte, mentre per ritornare si rimane per un tratto sulla cresta divisoria che unisce il Musinè al monte Curt; scesi poi ad una pista tagliafuoco la si segue lungamente verso valle sino al punto di partenza.

17 Immagine(i), Inserita il 01/01/2018

La scuoletta - museo Beckwith nel vallone di Angrogna



La scuoletta – museo Beckwith degli Odin nel vallone di Angrogna

Oggi è il 17 febbraio e i valdesi fanno festa in ricordo delle Lettere Patenti con cui Carlo Alberto, nel lontano 1848, poneva fine a secoli di discriminazioni riconoscendo loro i diritti civili e politici.

Se si vuole fare un percorso storico legato alle vicende dei valdesi, che si snoda dalla borgata Carlevà appena sopra S.Lorenzo di Angrogna e che tocca prima l’antro della Ghieisa d’la Tana e poi il prato con la stele di Cianforan, eretta a ricordo dello storico sinodo che si svolse nel 1532 e che sancì la loro adesione alla riforma protestante e che termina presso il tempio di Serre, troviamo, subito dopo la Ghieisa d’la Tana, la piccola borgata degli Odin dove c’è una scuoletta Beckwith che dalla metà degli anni settanta è diventata museo. Nella vicina borgata Serre, invece, dietro il Tempio, una scuoletta Beckwith accoglie il museo della donna valdese.
Nelle valli valdesi la scuola ha sempre avuto una grande importanza poiché la gente aveva capito che l’istruzione è fondamentale per la sopravvivenza.
In tutti i villaggi vi era un locale in cui i bambini si recavano, nei mesi invernali, per imparare a leggere e a scrivere.
Come si è potuto fare una cosa simile, quando in quel periodo, in tutta l’Italia, la scolarizzazione era sconosciuta e l’analfabetismo diffuso?
E’ presto detto. Agli inizi dell’ottocento il generale John Charles Beckwith, nato in Canada, ma che aveva fatto la carriera militare in Inghilterra e che aveva perso la gamba sinistra nella battaglia di Waterloo, si trasferì a Torre Pellice per aiutare le popolazioni protestanti della zona, con la costruzione di strutture sociali quali ospedali e asili per bambini e anziani e soprattutto per potenziare il sistema scolastico. Fece costruire moltissime scuole, chiamate in seguito “scuolette Beckwith”, e costituì una commissione che doveva preoccuparsi di scegliere i maestri e di vigilare sul programma da svolgere.
Queste scuole, oltre ad avere una funzione didattica per i bambini, ne avevano anche una sociale, perché alla sera si trasformavano in centri d’incontro dove gli adulti della borgata potevano ritrovarsi per le varie attività religiose, politiche o sociali.
Nella scuola della frazione Odin quasi nulla è cambiato da quando era stata istituita: la cattedra, i banchi, la stufa (ogni bambino portava ogni giorno un pezzo di legno per contribuire al riscaldamento del locale), la lavagna, il pallottoliere, una tipica cartella in legno, dei lumi a olio. Nelle bacheche, poste a lato, vi sono conservati quaderni, registri, pagelle, la Bibbia in francese. Vi è inoltre la bandiera italiana, che viene portata in corteo il 17 febbraio in occasione della festa valdese, l’immancabile carta geografica dell’Italia, un ritratto del re Umberto I, diversi documenti relativi al generale Beckwith e un quadro, particolarmente significativo, che sostituirebbe il crocefisso delle scuole cattoliche, che raffigura Gesù mentre benedice i bambini.
C’è pure una bacheca nella quale risulta che soltanto nel comune di Angrogna nel 1858 c’erano 15 scuole, frequentate da circa 300 scolari e, alla fine del secolo, nelle tre valli valdesi (Pellice, Germanasca e Chisone),
se ne contavano 200.

Per visitare la scuoletta – museo Beckwith degli Odin informarsi presso la borgata.
Per un’escursione più ampia che tocca, oltre i siti storici citati, altre caratteristiche borgate della valle di Angrogna consiglio: “Un anello nella valle di Angrogna – Luoghi storici valdesi”. Anche: “ Un anello per le Barme del vallone di Angrogna”. Sempre di Beppe46

11 Immagine(i), Inserita il 19/02/2012

Un anello per il Monte Ciabergia e per la Punta dell'Ancoccia



Un anello per il Monte Ciabergia e la Punta dell’Ancoccia

Località di partenza: Parcheggio alla borgata Mortera mt. 650
Dislivello: mt. 529.
Tempo di salita: 2 ore c.ca
Tempo di discesa: 1 ora e 30 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 4 Bassa valle di Susa Fraternali Editore

Questo piacevole, breve itinerario si presta ad essere effettuato dal tardo autunno alla primavera quando i soleggiati pendii che si percorrono sono privi di neve. Partendo dalla Mortera, borgata sulla strada che da Avigliana sale alla Sacra di S. Michele, dove spicca il bel campanile dell’ex convento ora ristrutturato dal Gruppo Abele, raggiunta un’assolata dorsale alla borgata Case Mastro Pietro, la si risale lungamente sino a guadagnare la cima del Monte Ciabergia. Scesi alle Prese Rossi e poi all’agriturismo Cascina Canonici, si raggiunge, più sotto, la strada discendente dal colle Braida che percorsa porta all’ampio parcheggio presso il colle della Croce Nera punto d’accesso alla Sacra. Continuando per poco verso valle subito la si abbandona prendendo il “Sentiero dei Principi” così chiamato perché per esso transitarono nell’800 le salme dei Savoia dirette alla Sacra. Raggiunta la Punta dell’Ancoccia, modesta ma assai panoramica, proseguendo si scende alla borgata Mortera dove l’anello si chiude.

15 Immagine(i), Inserita il 27/01/2012

Chianocco, la Gran Gorgia, il torrente Prebec e le disastrose alluvioni



Chianocco, la Gran Gorgia, il torrente Prebec e le catastrofiche alluvioni.

L’alpe Gardinera, posta in bella posizione sulla sinistra orografica del Rio Prebec, può essere facilmente raggiunta percorrendo la riposante traccia che parte da Pavaglione e che costeggia lungamente una ingegnosa canaletta, ora asciutta, che portava l’acqua del torrente alla borgata. Una bella mulattiera poi prosegue alzandosi con i ripetuti e ripidi tornanti che permettono alla fine di raggiungere l’alpeggio che può essere raggiunto anche da Strobietti, borgata posta sulla strada per l’alpe Le Combe, abbreviando non poco il percorso.
L’alpe Gardinera infatti, o la superiore alpe Colone, sono i due punti che meglio permettono l’osservazione diretta della Gran Gorgia, spettacolare incisione a “V” dovuta a processi di erosione svoltisi nei secoli passati; ha pochi eguali in tutto l’arco alpino sia per le notevoli dimensioni che presenta, sia per l’aspetto paesaggistico. La sua etimologia (la Gran Gorgia, cioè la grande gola) presenta infatti uno squarcio lungo c.ca 600 metri, largo 140 e profondo dai 60 ai 70 metri.
La forma della Gran Gorgia ricorda quello di una gigantesca penna d’oca con le nervature laterali molto marcate e si trova nella parte alta dell’alveo del torrente Prebec a margine della Riserva Naturale dell’Orrido di Chianocco con la stazione del Leccio e le piramidi di erosione di Molè.
Secondo una fonte storica si sarebbe formata nel corso di un evento alluvionale risalente al XV secolo. In quella occasione, probabilmente, si generò una voragine che portò a valle l’equivalente di 1.500.000 metri cubi vario materiale formando allo sbocco un enorme cono di deiezione.
Quando si verificano questi eventi l’asportazione del terreno da parte dell’acqua piovana non avviene con uniformità: le acque di scorrimento si concentrano in rivoli e formano incisioni dove il terreno presenta minore resistenza. L’entità dell’erosione che ne deriva può assumere dei valori importanti e incidere profondamente il terreno lasciando tutto un disegno di creste e guglie che testimoniano l’antico livello del terreno, come sono ben visibili, nel vallone del torrente Prebec, le erosioni della borgata Molè o il chouquè vicino a Margrit.
In caso di forti precipitazioni il torrente Prebec ha sempre trasportato a valle notevoli quantità di materiale solido, causa principale di ingenti danni materiali, rappresentando quindi una minaccia per l’abitato di Chianocco.
Curiosamente, contrariamente a quanto si pensa le più catastrofiche alluvioni, almeno le più recenti, non si sono necessariamente verificate nelle stagioni delle piogge, ovvero primavera o autunno, ma durante il periodo estivo.
Le prime notizie documentate, riguardanti piene disastrose del torrente Prebec, risalgono al 1300. Negli archivi troviamo poi notizie di alluvioni nel 1605, 1637, 1661, 1662, 1666, 1698, 1706 e 1728. Arrivando ai nostri giorni le notizie si fanno più precise e, a partire dall’800, i numerosi eventi alluvionali sono tutti documentati. Di particolare gravità la piena del 2 giugno 1887, quando il torrente, a causa di un violento temporale, uscì dall’alveo immediatamente a valle di Chianocco distruggendo la frazione Roccaforte causando 6 vittime. A questo seguirono eventi meno disastrosi, ma il 9 luglio 1923, dopo alcuni furiosi temporali, un violentissimo acquazzone staccò alcuni tratti di sponda del rio Pianfè, un affluente laterale del rio Prebec, originando una colata detritica. Ma l’episodio più grave avvenne tra il 12 ed il 16 giugno 1957: l’intero bacino della Dora Riparia in quel periodo fu interessato da un gravissimo evento alluvionale. Il Prebec rovesciò a valle in quell’occasione 50.000 metri cubi di materiale detritico spazzando via molte delle opere di imbrigliamento costruite in precedenza devastando case e colture sino a rovinare sulla ferrovia e sulla statale poste a valle. I testimoni oculari affermano che, a seguito di precipitazioni eccezionali, si ebbero due ondate di piena. Nella prima, il materiale detritico trasportato, ostruì le luci del ponte ferroviario e della vicina statale 25; poi allo sbocco dell’orrido, poco a valle del Municipio, le acque si aprirono una breccia di c.ca 50 metri di larghezza trasportando a valle tronchi e massi di
ogni dimensione che devastarono la frazione Vernetto rendendo inutilizzabili per molto tempo c.ca 100 ettari di terreno coltivabile nei pressi delle borgate Colombè, Vindrolere e Crotte.
“Tutto questo sconquasso è stato provocato dal temporale che si è scatenato sulla basse valle tra le 6 e le 9 di ieri mattina. Un temporale di una tale violenza che, diceva la gente, si vedeva tutto bianco-La montagna è franata in mille punti, chiudendo rii con dighe improvvise; si sono formati alti bacini, poi l’acqua, quando ha superato tutti gli sbarramenti, è precipitata a valle con un’ondata travolgente”. Da LA STAMPA del 17 giugno 57.
In seguito sono stati segnalati un notevole trasporto di materiali solidi nel 1977 e altri quattro modesti eventi di piena nell’aprile 81, nell’ottobre 1993, nel maggio 1994 e nel novembre 1994.
Dalle notizie disponibili sugli eventi alluvionali degli ultimi due secoli, si può valutare che il torrente Prebec abbia una portata di piena degna di essere annotata e ricordata ogni 10 anni; se invece consideriamo solo gli eventi che hanno causato forti danni agli edifici e estesi allagamenti e danni alle coltivazioni, si ricava una frequenza media di un evento ogni 25 anni.
Un caro amico, parlando della valle di Susa, mi ricordava un vecchio proverbio forse poco conosciuto: “ Val Susa, o annia o brusa”. Cioè o annega o brucia.

5 Immagine(i), Inserita il 13/01/2012

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