Home | Foto | Video | Notizie | Agenda | GPS | Articoli | Meteo | WebCams | Contattaci | Aiuto

Menu principale

Album foto

Foto a caso

Album Foto > Album personali > Beppe46 11451 immagini in 423 albums visti 1095666 volte
Un anello tra le valli di Massello e Salza in val Germanasca



Un anello tra le valli di Massello e Salza in val Germanasca

Località di partenza: Slargo presso il secondo ponte sul Germanasca di Massello mt. 975
Dislivello complessivo: mt. 665
Tempo complessivo: 6 ore c.ca
Difficoltà: E/EE
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 5 Val Germanasca – Val Chisone Fraternali Editore

In val Germanasca, subito dopo Perrero la valle s’apre a ventaglio alle laterali di Massello, Salza e Rodoretto oltre la principale che conduce a Prali.
Poco conosciute e frequentate, fuori dal soliti giri, queste valli hanno comunque un fascino del tutto particolare come le significative cime che fanno loro da corona, mentre numerosi colli consentono di comunicare con le contigua valle del Chisone oppure con l’alta valle di Susa.
Partendo dal secondo ponte sul Germanasca di Massello, incontrati per via gli edifici abbandonati della miniera di talco di Maniglia, un’intrigante traccia traversa lungamente degli assolati pendii percorrendo l’impervio percorso detto “Lo Ba Jouan”, variante impegnativa del sentiero “Arturo Genre”, che porta a Ciaberso all’imbocco del vallone di Massello, dove la vista s’apre all’improvviso sulla spettacolare cascata e sull’ampia sella del colle del Pis attorniata dalle cime. Scesi a valle si percorre per un tratto il vallone di Salza per poi intraprendere l’interminabile, piacevole stradello che salendo nel chiuso dell’abetaia raggiunge alla sommità il Colletto delle Fontane, che dà sulla valle principale. Percorrendo un altro stradello si guadagna prima la boscosa cima del monte Meisoun, la vetta di questo itinerario, poi la Miando d’la Meisoun l’alpeggio alle sue pendici. Si torna a valle per una altrettanto intrigante traccia che lungamente scendendo riporta al ponte passando per le poche case dell’abitato di Bessè.
Vario, assai panoramico, con lunghi tratti assai piacevoli quando si costeggiano i torrenti o si traversa nelle abetaie e nelle pinete, questo itinerario incrocia per via delle abbandonate miniere di talco, ricchezza tutt’oggi della valle, toccando luoghi e ambienti poco conosciuti e frequentati, tutti da scoprire.

30 Immagine(i), Inserita il 23/05/2017

Un anello sui monti di Cumiana. Dal monte Brunello al monte Freidour passando per il monte Tre Denti



Un anello sui monti di Cumiana. Dal monte Brunello al monte Freidour passando per il monte Tre Denti

Località di partenza: Bivio poco oltre l’indicazione per la borgata Picchi mt. 510
Dislivello complessivo: mt. 1010
Tempo complessivo: 8 ore c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 6 Pinerolese – Val Sangone Fraternali Editore

L’estesa dorsale montuosa che dalla pianura s’eleva verso Punta dell’Aquila separando le valli del Sangone e della Chisola da quelle del Noce, del Lemina e poi del Chisone, presenta cime via via che si procede sempre più in quota aventi come culmine inizialmente i monti Brunello, Tre Denti e Freidour.
Partendo da fondovalle, dalle borgate di Cumiana, una volta arrivati sul crinale divisorio le valli, questo itinerario tocca in progressione queste cime, separate da colli e da piccoli intagli. Percorrendone una lunga parte, giunti al colle Pra l’Abbà si scende a valle transitando per l’interminabile, a tratti piacevole pista forestale che passando per i fitti boschi di faggio porta alla borgata Ravera, poi all’alpe del Capitano dalla quale si torna al punto di partenza stando lungamente su una tracciato molto frequentato dai bikers.
Nel procedere sul crinale si attraversano ambienti aspri, selvaggi e dirupati, con alcuni passaggi da affrontare con la dovuta attenzione, mai però pericolosi, soprattutto nel tratto intermedio, dal monte Brunello al traliccio con la Madonnina del monte Tre Denti. Va aggiunto che di lassù la vista s’apre ampissima sulle catene montuose e sulle cime da una parte, sulla pianura dall’altra.

35 Immagine(i), Inserita il 16/05/2017

La Certosa di Monte Benedetto



La Certosa di Monte Benedetto

Il fondatore dell’ordine certosino è Bruno di Colonia nato intorno all’anno 1030 da una famiglia benestante. Intrapresi in Francia gli studi a Reims divenne professore di teologia. Scontento, nella sua mente si rafforzò la vocazione per un altro genere di vita, più appartata dal mondo, quasi eremitica, fondando in una valle poco accessibile nel massiccio della Chartreuse vicino a Grenoble la prima Certosa.
L’ordine certosino si trova nella necessità di opporsi a tutto quanto di terreno e materiale distoglie l’uomo dalla ricerca di Dio. Il fine dichiarato e proprio quello di “cercare Dio con più ardore nel proprio intimo attraverso la preghiera e una vita di solitudine e di silenzio”.
A capo di ogni comunità vi è il Priore, mentre il Procuratore si occupa dei fratelli conversi, monaci laici che si occupano dei lavori artigianali, dell’agricoltura, dell’allevamento e di tutte le occupazioni pratiche del monastero.
Dopo essere stati per un breve periodo alla Losa, i certosini in valle di Susa si trasferirono nella zona di Monte Benedetto a monte di Villar Focchiardo ricevendo in dote donazioni di terre, somme di denaro, prodotti in natura e decime, che con acquisizioni fatte dagli stessi certosini costituirono un esteso patrimonio fondiario concentrato nella bassa valle di Susa. Contemporaneamente da una economia basata quasi esclusivamente sulla pastorizia si passa ad una più agricola, con diverse colture. Il luogo scelto per la Certosa è il tipico “deserto” analogo a quello in cui S. Bruno fondò la prima Certosa: una conca che non si intuisce da fondo valle protetta dai valloni del Gravio e del rio Buggia.
Inizialmente vi era una parte alta, dove risiedevano i monaci, e una parte bassa detta Correria dove vivevano i fratelli conversi, quelli ai quali erano riservati i lavori manuali.
I monaci certosini vissero a Monte Benedetto per c.ca trecento anni. Poi decisero di scendere più in basso a Banda e poi ad Avigliana prima del trasferimento definitivo alla Certosa Reale di Collegno dove andarono alla metà del Seicento conoscendo un nuovo periodo di splendore spirituale e economico. A Collegno i monaci restarono sino a metà Ottocento quando una legge soppresse gli ordini religiosi con l’alienazione di tutti i beni
Come è fatta e come è organizzata una Certosa. L’arredamento è essenziale perché nulla deve distogliere il monaco dalla preghiera e dalla comunione con Dio. Lungo le pareti della chiesa si trovano gli stalli dove si siedono e si appoggiano i monaci durante le funzioni. Anche l’altare è spoglio, fatto da una sola pietra, mentre la campana scandisce le funzioni e quindi anche la vita del monaco certosino. Altro elemento è il grande chiostro sul quale si affacciano le celle dei monaci collegate tra loro e con la chiesa da un camminamento coperto. Le celle dei monaci sono piccole casette con letto, tavolino, stufa e libreria, mentre i pasti sono confezionati da una cucina comunitaria. Altro elemento importante è il giardinetto dove il monaco può sostare all’aperto, ma sempre in solitudine. Così si viveva alla Certosa di Monte Benedetto.

19 Immagine(i), Inserita il 06/05/2017

Un anello da Villar Focchiardo al rifugio del Gravio passando per le Certose di Monte Benedetto e Banda



Un anello da Villar Focchiardo al rifugio del Gravio passando per le Certose di Monte Benedetto e Banda

Località di partenza: Villar Focchiardo mt. 490
Dislivello: mt. 886
Tempo di salita: 2 ore e 45 minuti c.ca
Tempo di discesa: 2 ore e 15 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 4 Bassa valle Susa – Musinè – Val Sangone - Collina di Rivoli Fraternali Editore

Per secoli, prima alla Certosa di Monte Benedetto, poi a quella di Banda, i monaci certosini hanno vissuto isolati dedicandosi allo studio, soprattutto alla preghiera. Il complesso religioso, ora appartenente alla Regione Piemonte che vi ha effettuato ingenti interventi di restauro, si trova nel comune di Villar Focchiardo all’interno del Parco naturale Orsiera – Rocciavrè.
Raggiunta da una strada che sale da fondovalle, posta in un’incantevole posizione, la Certosa merita essere visitata. All’interno della grande chiesa, anche all’esterno, numerosi pannelli esplicativi illustrano la storia di questo notevole complesso monastico dando una precisa idea della ferrea organizzazione che animava la vita dei monaci certosini su questi monti.
Partendo da fondovalle, stando lungamente sulla selciata traccia che un tempo era percorsa per salire alla Certosa, raggiunta che si ha si prosegue nella valle del Gravio sino al rifugio che porta questo nome, punto più elevato del percorso. Si scende a valle poi per altra via e prima di tornare a Villar Focchiardo si passa alla Certosa di Banda dove i monaci si trasferirono e vissero per un breve periodo lasciata quella di Monte Benedetto.
Le due tracce che si percorrono per salire e per scendere, effettuando così un anello, sempre evidenti, segnate e ben segnalate, presentano alcuni tratti assai piacevoli: nella parte bassa nei boschi, in quelle alta nelle faggete e nei lariceti, aprendosi la vista sulle imponenti dorsali montuose e sulle vette di questa parte della valle di Susa.

30 Immagine(i), Inserita il 06/05/2017

Un anello per le borgate attorno a Prarostino sino al colle della Vaccera e al monte Castelletto



Un anello per le borgate attorno a Prarostino sino al colle della Vaccera e al monte Castelletto

Località di partenza: I Piani mt. 858
Dislivello complessivo: mt. 930
Tempo complessivo: 6 ore e 30 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 7 Val Pellice Fraternali Editore

Superata Pinerolo, come ci si addentra all’interno della valle del Chisone e i pendii s’elevano ai primi rilievi montuosi, in quota sorge il comune di Prarostino confinante con la valle d’Angrogna. Incantevole balcone sulle Alpi e sulla vicina pianura, con i versanti fitti di boschi che di tanto in tanto si aprono a radure e coltivi posti attorno a piccole borgate tuttora abitate, numerosi stradelli, piste forestali e sentieri solcano i pendii portandosi agli insediamenti più montani.
Poco oltre S. Bartolomeo, nucleo principale di Prarostino, partendo dai Piani, località sul crinale che immette nella valle d’Angrogna, lungamente traversando per stradelli e sentieri una traccia tocca per via alcune minuscole borgate per poi alzarsi ripida raggiungendo alla sommità il colle della Vaccera e il vicino monte Castelletto. Stando poi fedelmente e lungamente sul sentiero, poi sullo stradello che percorre l’esteso crinale confinante con la valle d’Angrogna, piacevolmente si torna ai Piani dove questo anello si chiude.
Lungo, un tantino stancante per alcuni saliscendi che contraddistinguono la parte iniziale del percorso e per i ripidi tratti che nella parte alta portano al colle della Vaccera, questo itinerario presenta tratti assai piacevoli da percorrere, molto panoramici per l’ampia vista che si gode sui monti e in profondità sulla vicina pianura dove, oltre Pinerolo, emerge la Rocca di Cavour. Di proposito s’è scelto di passare per alcune borgate, ma numerosi stradelli, piste forestali e sentieri tra loro alternativi consentono di scegliere diverse varianti che questi boscosi pendii offrono.

30 Immagine(i), Inserita il 03/05/2017

Il telefono della borgata Grasso



Il telefono della borgata Grasso

La salita alla borgata Grasso, situata nel comune di Perrero, sulla destra orografica del torrente Germanasca, all’altezza del ponte Raut, è un viaggio nei ricordi dell’infanzia. “Beppe e Caterina abitano al Grasso”, al “Gras”, in piemontese, mi diceva mia madre aggiungendo: “Certo che scendere per la spesa e risalire al Gras è una bella fatica”. Nella mia testa di bambina il Gras era qualcosa che sicuramente aveva a che fare con un uomo di peso e trovavo curioso il fatto che Beppe e Caterina abitassero in un luogo. E pensavo anche che quei due, sempre gentili con me quando li incontravo in chiesa dove si recavano tutte le domeniche, con qualsiasi tempo ed in qualunque stagione, dovevano proprio essere stregati da quel “gras” per poter vivere in un posto più comodo per la chiesa e per la spesa. Mai ero stata in quella borgata e non mi ricordo se avessi mai chiesto a mia madre di farmi salire sin lassù. Forse era la paura di dover incontrare il “gras” a far si che la mia curiosità si limitasse a porre poche domande su questo luogo che aveva dei simpatici e gentili abitanti .
Parcheggiata l’auto vicino al ponte Raut, si trova con facilità il cartello stradale che indica la borgata che si raggiunge percorrendo un sentiero magnificamente conservato, come si intravede tra i cumuli di foglie secche accumulate dal vento. Chissà quante volte Beppe e Caterina hanno percorso questa mulattiera, unico collegamento con il fondovalle. Prima di arrivare alla borgata, oramai completamente disabitata, un lunghissimo muro a secco scende lungo il pendio. Parte da un angolo retto di pietre che pare indicare la continuazione di quella muraglia anche lungo il sentiero. Il pensiero che prende è quello di una immensa zona fortificata, con muri a secco che certamente erano le opere difensive del regno del “gras”.
Poi finalmente il Grasso mi accoglie con un’insegna telefonica di altri tempi e resto sconcertata poiché penso che al “gras” serva telefonare perché vuol sapere perché Beppe e Caterina non sono più tornati. Ed è il loro ricordo che mi riporta alla realtà. Quei due hanno vissuto qui tutta la loro vita , nel silenzio di un’esistenza condivisa, nel lavoro e nel senso del dovere. Sicuramente allora il bosco non aveva preso il sopravvento come ora ed i prati ancora belli erano una grande risorsa.
L’insegna del telefono, che mi ha stupita all’arrivo, ha una sua storia. Se la strada, quella per farci passare le auto, non poteva arrivare al Grasso perché l’asperità dei versanti non lo consentiva, almeno ci doveva arrivare il telefono per le emergenze di quei pochi residenti. Questo era il pensiero del sindaco di quegli anni, una donna, che con determinazione e coraggio negli anni ottanta del secolo scorso fece costruire un’ardita linea telefonica che mise in collegamento il Grasso con il mondo. Sono poche le case che formano la borgata. Chissà qual era la casa di Beppe e Caterina ? Forse quella con le ringhiere lavorate con precisione e con garbo perché l’esistere, il vivere, richiede anche questo, l’eleganza del particolare. Una catasta di legna seccata dal lungo tempo trascorso ma ancora ben sistemata, una fontana di pietra che sopporta il gelo dell’inverno, rovi e more che paiono voler sostenere pietre stanche, alberi piegati dagli anni, questo è ciò che rimane del Grasso insieme al ricordo delle vite che qui sono sbocciate, cresciute e poi andate, perché questo è il patto che lega l’uomo alla sua esistenza.
Tratto da: “Val Chisone terra bella”.

6 Immagine(i), Inserita il 22/04/2017

Un anello per il colle Laz Arà e il Truc Laouza da fondovalle Germanasca



Un anello per il colle Laz Arà ed il Truc Laouza da fondovalle Germanasca

Località di Partenza: Indicazione per la borgata Grasso presso il ponte Raut mt. 680
Dislivello complessivo: 1000 mt.
Tempo di salita: 3 ore e 30 minuti c.ca
Tempo di discesa: 3 c.ca passando per Combagarino
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 5 Val Germanasca – Val Chisone Fraternali Editore

Allo storico colle Laz Arà si può arrivare dalla val Chisone attraverso il vallone di Pramollo oppure, con questo itinerario, dalla val Germanasca per il vallone di Riclaretto.
Partendo da fondovalle, una geniale traccia sale alle borgate poste attorno a Combagarino passando per Grasso la cui storia particolare è narrata su “Varie”. Percorrendo poi lungamento uno stradello, oggi per lo più utilizzato come pista forestale, si raggiunge al termine di lunghe diagonali ascendenti il colle Laz Arà dal quale facilmente si sale sul vicino Truc Laouza la cima di questo itinerario. Per poter sviluppare un piccolo anello, ritornando si può passare per i minuscoli insediamenti abitativi posti attorno alla borgata di Combagarino, un tempo assai popolati, oggi quasi priva di residenti fissi. Si torna poi a valle ripassando per la borgata Grasso.
Sviluppato in altezza, un tantino lungo in quanto si parte da fondovalle, questo itinerario consente di conoscere luoghi remoti e poco frequentati della val Germanasca, come il vallone di Riclaretto, salendo poi facilmente su un modesto rilievo come il Truc Laouza però assai panoramico sui monti e sulle valli del Chisone e Germanasca essendo il colle Laz Arà molto aperto, quasi privo di vegetazione arborea.

25 Immagine(i), Inserita il 22/04/2017

Un anello sui monti di Inverso Pinasca



Un anello sui monti di Inverso Pinasca

Località di partenza: Borgata Clot mt. 623
Dislivello complessivo: 480 mt.
Tempo complessivo: 4 ore c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 5 Val Germanasca – Val Chisone Fraternali Editore

Se i soleggiati versanti all’Indiritto, in bassa val Chisone, presentano pendii dolci e ameni costellati di piccoli insediamenti, quelli all’Inverso, rocciosi, aspri e dirupati, ricchi perciò di boschi, sono oggi sfruttati intensamente solo per l’esbosco. Il “Sentiero di valle”, un lungo stradello quasi pianeggiante collega tra loro le piccole borgate appena più su del fondovalle da cui si dipartono le piste forestali che salendo e traversando permettono di accedere anche a luoghi più remoti.
Partendo da una di queste, da Clot di Inverso Pinasca, una traccia sale da prima ad alcuni piccoli insediamenti montani, un tempo fortemente abitati, tutti raggiunti oggi dalla strada. Oltre il più elevato, Clos Beiran, privo però di residenti, una interminabile ma piacevole pista forestale salendo a svolte, poi lungamente traversando, scende infine a valle da dove si torna al punto di partenza, a Clot percorrendo un lungo tratto del pianeggiante e piacevolissimo sentiero di valle.
Se si escludono i tratti ascendenti, mai ripidi e faticosi avendo queste piste forestali una pendenza poco accentuata, questo itinerario può considerarsi una piacevole passeggiata nei boschi di faggi che ricoprono questi poco soleggiati aspri pendii. Di più, per come è configurato, alcune varianti, sempre rimanendo su piste forestali, permettono a piacimento di allungare o abbreviare il percorso.

25 Immagine(i), Inserita il 15/04/2017

Un anello per il monte Sapei e il Rocca Sella dalle borgate di Rubiana



Un anello per il monte Sapei ed il Rocca Sella dalle borgate di Rubiana

Località di partenza: Slargo tra le borgate Tabone e Favella mt. 970
Dislivello complessivo: mt. 766
Tempo complessivo: 4 ore e 30 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° Bassa val di Susa – Val Sangone Fraternali
Editore

L’estesa dorsale montuosa che da fondovalle si propende verso il massiccio del Civrari separante la valle del Messa da quella del Sessi, in bassa val di Susa, presenta alcuni colli, come quello della Bassa, e molti rilievi come il monte Sapei ed il Rocca Sella, raggiunti da questo itinerario.
Partendo da Tabone, borgata montana di Rubiana nella valle del Messa, passando per degli insediamenti da questa parte chiamati muande, un piacevole sentiero porta alla Muanda Nuova, raggiunta comunque dalla strada, dove un edificio ristrutturato è oggi adibito a agriturismo, gestito da una accogliente famiglia con bambini, allietato dalla presenza di molti animali.
Proseguendo e toccando per via altre muande, si raggiunge il colle della Bassa, detto anche Prà du Col, dal quale facilmente si sale in vetta al monte Sapei. Rimanendo fedelmente sul sentiero che transita sul crinale, scesi al colle Arponetto, si sale poi in vetta al Rocca Sella dov’è presente una piccola cappella. Transitando per altra via, si torna poi a Tabone, al punto dal quale si era partiti. Scendendo e volendolo si può guadagnare il modesto rilievo del monte Arpon sulla cui cima vi è la statua di una Madonnina.
Assai piacevole, molto panoramico, poco stancante e privo di difficoltà, quasi una passeggiata, questo itinerario ben si presta dall’autunno alla primavera fermandosi poco la neve sui soleggiati pendii che si percorrono.

30 Immagine(i), Inserita il 09/04/2017

Un anello per le soleggiate borgate di Pramollo sino al Roccio Clapie



Un anello per le soleggiate borgate di Pramollo sino al Roccio Clapie

Località di partenza: Borgata Mulino mt. 672
Dislivello: mt. 550
Tempo di salita: 2 ore e 15 minuti c.ca
Tempo di discesa: 1 ora e 45 minuti c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 6 Pinerolese – Val Sangone Fraternali Editore

A S. Germano, nel punto in cui la valle del Chisone prende forma, prende forma il grande vallone di Pramollo dominato dal Gran Truc. Chiuso da una parte dalla val Pellice con cui comunica per il colle della Vaccera, per lo storico colle Laz Ara si scende invece in val Germanasca. Stretto e chiuso nella parte bassa, nella parte alta s’apre a ventaglio agli estesi, soleggiati ed ameni pendii pascolativi, densi di minuscoli insediamenti posti attorno Ruata la borgata principale dell’alta valle. Ricco di storia, fortemente penalizzato in passato dalle guerre di religione, questo vallone raggiunto solo da pochi decenni dalla strada, oggi è pressoché disabitato. Gli insediamenti più a monte, spesso localizzati in posti quasi inaccessibili, sono oggi ridotti a ruderi, mentre le borgate più a valle, quasi tutte ristrutturate, si animano per lo più nei fine settimana o durante il periodo estivo.
Partendo da fondovalle, da Mulino, una ripida ma geniale traccia s’inerpica raggiungendo una prima grossa borgata, Pomeano, a cui segue un lungo traverso che incontrando per via i ruderi di alcuni insediamenti, guadagna l’ammasso roccioso del Roccio Clapie. Continuando, sempre su un’evidente e segnata traccia, transitando per alcune borgate e raggiunta Ruata, il centro più importante della valle, si percorre poi l’incantevole sentiero e poi lo stradello che passando per la dismessa miniera di Siasiaro, dalla quale si estraeva la grafite, riporta a valle.
Se si esclude il primo tratto che porta a Pomeano, ripido e stancante, tutto il resta dell’itinerario può considerarsi una piacevole passeggiata perché si percorrono lunghi tratti in piano attraversando luoghi incantevoli dove la prospettiva s’apre sulle numerose borgate sparse sui pendii, sulla valle, sui monti e sulla vicina pianura.

28 Immagine(i), Inserita il 30/03/2017

423 albums in 43 pagina(e) 1 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 43

Accesso
Nome utente:

Password:


Registrati

Hai perso la password?

Condividi

Cerca
Google


Ricerca avanzata


Installa motore di ricerca

Utenti connessi
39 utenti sono connessi

Iscritti: 0
Visitatori: 39

altri...

A quanto siamo...
Siamo a:



pagine visitate

Pubblicità

   


Google
LaFiocaVenMola.it - info@lafiocavenmola.it