Dalla Guinea-Bissau al Col du Vallon

Data 09/10/2017 | Categoria: Varie


Al Col du Vallon non c'è molto, solo nuvole, cielo, pietre e pareti rocciose instabili. Oggi però è apparso un insolito arcobaleno che congiunge la parte superiore del vallone con il Thabor, la montagna più alta della zona. Potevo aspettarmi anche qualche marmotta, ma forse sono già andate in letargo in questi primi giorni d'ottobre, o qualche camoscio sopravvissuto alle doppiette francesi o più facilmente corvi e aquile, invece anche loro non si vedono, probabilmente se ne stanno al riparo dalle fortissime raffiche di vento che spazzano il colle. Mi metto addosso anche il piumino e rinuncio a mangiare. Aspetto qualche minuto con la macchina foto in mano nel caso le nubi decidano di spostarsi dalla cima del Thabor, ma niente, stanno bene lì dove sono. Allora rimetto lo zaino in spalla e mi appresto a tornare indietro, verso la Valle Stretta, confidando in un luogo riparato un po' più in basso per gustarmi il panino. Fatti pochi metri però vedo sbucare dalla pietraia una testa scura riccioluta, poi un'altra e ancora una terza: sono tre ragazzi di colore, due dei quali con la felpa e senza guanti, l'altro con una giacca a vento e uno zaino da cui fuoriesce un tubo a T come quello delle pale da neve. Hanno scarpe da ginnastica e si vede che non sono lì per turismo. Si fermano quando mi vedono, stupiti quanto me e un po' preoccupati. Devono aver pensato che fossi un gendarme francese salito apposta fin quassù per beccarli in flagrante reato, nella loro avventurosa traversata. Li saluto e in francese chiedo dove vanno. Non sanno gran che il francese- siamo pari almeno in questo- ma ci capiamo. Vogliono andare a Briancon a prendere il treno. -Très loin- dico e vedendo la loro faccia delusa aggiungo che dal colle si può scendere a Nevache, e che oltre il valico, più giù, farà più caldo. Anche Nevache però non è proprio a due passi. L'ultimo, quello che porta lo zaino, mi chiede se ho qualcosa da mangiare, dice che non mangiano da due giorni. Gli lascio tutto il sacchetto con il panino e la banana e mi tengo la frutta secca, ma non per egoismo, proprio non ci ho pensato, stava da un'altra parte. Il suo zaino a guardarlo meglio è un trolley da viaggio e la cosa che spunta fuori non è una pala ma il manico. Per un attimo mi ha sfiorato il pensiero che loro sono in tre ed io da solo e che se volessero mi potrebbero derubare: 70 euro e macchina foto, il cellulare no, è una ciofeca con lo schermo incrinato, tenuto insieme da un anno con la plastica protettiva. Poi mi vergogno. Auguro loro buona fortuna e li saluto. Il vento è sempre forte, nel posto da cui arrivano invece, forse c'è solo la brezza atlantica tra i 25 e i 30 gradi. Scendendo mi pento di non avergli lasciato il secondo paio di guanti , quelli di pile, vecchi, sì, ma caldi, e anche la maglia leggera di lana di ricambio, uscita fuori da un cassetto dopo vent'anni traforata dalle tarme ma ancora molto confortevole...chissà se sono musulmani, perché il panino era con il prosciutto...ma sono certo che lo mangeranno lo stesso, la fame non bada a queste sovrastrutture del pensiero, se ne fotte persino della dignità e delle religioni! Per tre ragazzi di vent'anni comunque è decisamente troppo piccolo per riuscire a sfamarli. Mentre scendo con i miei scarponi di pelle e gomma super protettivi e morbidi, il piumino leggero e gli occhiali fotocromatici, non so perché mi viene in mente quella canzone di De Gregori che fa:" Coi tuoi santi sempre pronti a benedire i tuoi sforzi per il pane...com'è che non riesci più a volare, com'è che non riesci più a volare, com'è che non riesci più a volare..." e penso che almeno dieci Euro potevo lasciarglieli, cosa mi cambiano dieci Euro? due birre al Rifugio Re Magi? Non cambiano la vita dieci Euro, ma forse alleviano la fame di un giorno o pagano tre biglietti per il pullman Nevache-Briancon. In effetti non volo, cammino senza allegria. Mi fermo duecento metri più in basso, sul pianoro pascolivo, dove il sole scalda e non c'è vento. Voglio controllare meglio sulla carta quanto c'è dal colle a Nevache: sono 6-7 chilometri e 1000 metri di discesa su sentiero: niente di difficile per tre ragazzi. Invece dopo qualche minuto li vedo ricomparire, stanno scendendo dalla stessa parte da cui siamo saliti, probabilmente hanno avuto paura: tutto quello spazio vuoto senza riferimenti, il sentiero appena visibile, nessuna abitazione in vista; forse si aspettavano di vedere Briancon o almeno Nevache. Li guardo meglio, sono ben vestiti, uno ha anche una radio-cuffia. Riprendiamo la discesa, io davanti loro a qualche decina di metri. Nei pressi della ex fonderia mi fermo a bere, oggi mi sono portato quasi un litro di succo di melograno, e lascio a loro la metà che resta. Chiedo da dove vengono. Quello che sa meglio il francese dice che viene dalla Guinea-Bissau. So vagamente che è uno stato subsahariano, ex colonia portoghese affacciata sull'Atlantico. Ci saranno foreste tropicali e spiagge assolate. Chissà se vengono i melograni laggiù. Stanno bevendo con piacere: mezzo litro di succo, un cc per ogni anno di colonialismo. Chissà come sono arrivati fin qui e cosa pensano di queste montagne alte, terre impervie, pendii scoscesi coperti da pascoli magri. Sì, non se la sono sentita di scendere in quella valle sconosciuta. Allora dico loro che un valico molto più agevole è il colle della Scala e glielo indico. -Ma-aggiungo- è probabile che sia controllato dalla gendarmeria francese. Ci incamminiamo verso valle e quello che portava in spalla il trolley lo appoggia per terra, sulla mulattiera pietrosa e lo trascina come stesse camminando sul marciapiede. Il trolley saltella e rimbalza verso valle per forza di gravità, le ruote sembrano un accessorio inutile. Li guardo camminare con il loro piccolo bagaglio sballottato sulla strada sterrata che scende al rifugio di Valle stretta, mentre parlano nella loro lingua sconosciuta. Non so niente di loro e del loro Paese, dell'impero del Mali a cui appartenevano i loro bisavoli prima che arrivassero i Portoghesi a metterli in catene, né dei colpi di stato e della guerra civile che in anni recenti, dopo l'indipendenza del 1973 hanno caratterizzato la Storia della loro piccola nazione. La nostra Storia- la guerra italo francese di confine con le caserme in quota, casematte, batterie di fuoco, strade militari, fili spinati- la conquista alpinistica di questi monti, Guido Rossa che arrampica sulla parete dei Militi e poi viene ucciso dalle Brigate Rosse...sembra "La" Storia, tutta la Storia del Mondo, e invece, in fondo, è stata solo la nostra.




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