Un anello sui sentieri militari della conca di Galambra

Data 20/07/2015 | Categoria: Escursionismo

Un anello sui sentieri militari della conca di Galambra

Località di partenza: Parcheggio nei pressi del ponte sul rio di Galambra mt. 1790
Dislivello complessivo: sui 1300 mt. all’incirca
Tempo complessivo: 7 ore c.ca
Difficoltà: E/EE
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 3 Val Susa – Val Cenischia – Rocciamelone - Val Chisone Fraternali Editore

Partendo da Giaglione, poco sopra Susa, un’importante arteria, per come era sta concepita, collegava tra loro forti, caserme, varie opere militari, tutti in quota, terminando a Bardonecchia.
Oggi viene chiamato “Sentiero quota 2000 collegandosi con le altre innumerevoli tracce che salgono ad essa da fondovalle.
Da l’ampissima conca di Galambra, sopra Exilles in val di Susa, partono tre tracce militari raggiungendo, da sinistra a destra, appunto i ricoveri di Galambra, i colli d’Ambin e il passo Clopacà, sentieri oggi molto utilizzati dagli escursionisti. Di più, dal passo Clopaca si potevano raggiungere i baraccamenti di Galambra senza necessariamente scendere a valle e poi risalire per altra via. Questo sentiero in quota, che procede assecondando sempre la natura del pendio traversando lungamente con continui saliscendi l’ampia conca, è stato di recente ripristinato, segnato e reso percorribile grazie all’ausilio e all’impegno di volontari.
L’anello proposto in questo itinerario percorre l’intero tratto del “Sentiero quota 2000” del vallone di Galambra. Saliti dal rifugio Levi – Molinari, posto all’inizio della conca, al lago delle Monache e poi oltre sino al bivio per il bivacco Sigot ed i ricoveri di Galambra, qui giunti inizia la lunga traversata in quota che porta al passo Clopacà intercettando, a c.ca un terzo del percorso, il sentiero per i colli d’Ambin ed il bivacco Blais. Da qui in avanti il percorso si fa un tantino impegnativo. Superato un breve tratto attrezzato, la traccia s’inerpica in un canalone salendo di molto di quota per superare una barriera rocciosa per poi ridiscendere perdendo completamente quanto guadagnato con la faticosa salita. Un lungo traverso di spostamento e la risalita di un secondo canalino precede di poco la dorsale oltre la quale ci s’immette sulla traccia normale per il passo Clopacà esattamente all’ultimo tornante della geniale traccia militare che lo raggiunge. Guardando all’indietro la strada fatta ci si chiede come si siano potuto superare agevolmente pendii così configurati.

Percorsa la valle di Susa, superato l’abitato di Exilles ed il suo forte, più avanti il bivio per S. Colombano e Deveys, fatti un paio di tornanti si lascia la statale prendendo a destra per Eclause e altre località. La strada, sempre asfaltata sino al termine, prende subito a salire per praterie in abbandono superando l’abitato di Fenil oltre il quale, al successivo bivio, ancora si prende a destra sempre per Eclause che non si raggiunge perché, poco prima, si piega a sinistra sorpassando la borgata dal di sopra. Da percorrere con attenzione perché a tratti ristretta, la strada s’inerpica ripida rasentando le poche case di Pejron e fatte ancora un paio di svolte, con un lungo traverso nel bosco, si porta via via verso il vallone di Galambra. Presso l’ampio parcheggio prima del ponte sul torrente o più avanti a margine della strada, si può lasciare l’auto.
Lasciato lo stradello che scende alle Grange della Valle si prende quello verso monte incontrando, nel procedere, prima gli edifici della colonia Viberti e poi il bivio per il colle Clopacà ed il rifugio Vaccarone, traccia che si percorrerà poi per tornare.
Più avanti, seguendo l’indicazione per il rifugio Levi – Molinari, si abbandona lo stradello scendendo ad un primo rio, che si supera, come si supera un secondo subito raggiungendo la costruzione del rifugio dove parte la traccia, il sentiero 802 per il lago delle Monache, il bivacco Sigot e i ricoveri di Galambra, che si prende. Traversando per amene radure a margine del rio, la traccia si porta alla base della bastionata rocciosa degradante dal monte Chabrière affrontando da subito il detritico pendio con una serie di svolte ascendenti. Costeggiando una placca grondante acqua e poi la croce in legno eretta ricordo di un militare perito, sempre salendo, un lungo traverso porta ad una valletta, dove si attraversa un rio, raggiungendo così la radura alla base della prima ripida balza che occorre affrontare. Per tratti di sentiero scavati dal continuo scorrere dell’acqua, a metà della salita una deviazione che si ignora conduce in vetta al monte Chabrière. Una volta usciti dal bosco si percorrere un ripido tratto che porta più su alla grande conca al fondo della quale si affronta la successiva balza. La traccia, avente di certo un’origine militare, attraversando una zona dove emergono enormi roccioni affronta salendo il pendio con gradualità, con una serie di svolte ravvicinate o distanziate intervallate da brevi e lunghi traversi, che le consentono di guadagnare quota e raggiungere la sommità della dorsale posta non lontana dalla stazione d’arrivo dell’ex teleferica nei pressi del lago delle Monache ora ridotto a pozza. Scesi per un breve tratto, subito si raggiunge un corposo rio, che si guada, oltre il quale la traccia sale ripida un erboso, detritico pendio, per rocce rotte, ancora con una lunga serie di svolte ravvicinate, che le consentono, già in alto, di raggiungere un bivio dove sorgono delle indicazioni.
2 ore e 45 minuti c.ca dal parcheggio.
Lasciata quella di sinistra per il bivacco Sigot e i passi Fourneaux, si prende la traccia di destra, il sentiero 802 A per il passo Clopacà segnalato a 3 ore scarse. Inizia qui un lunghissimo, interminabile traverso, fatto di continui saliscendi, che al termine consentirà di raggiungere il passo Clopacà. Si transiterà per un tratto sul “Sentiero quota 2000” recentemente ripristinato da volontari perché divenuto impercorribile per frane e smottamenti dovuti per lo più al disgelo. Segnato a dovere con continue segnature biancorosse ravvicinate che non permettono di perdersi, paletti con gli anelli, numerosi ometti, questo sentiero si sviluppa, da sinistra a destra in questo caso, incuneandosi in canaloni e superando di continuo le asperità rappresentate da un pendio continuamente vario e mutevole, apparentemente impenetrabile, soprattutto nella seconda parte dell’attraversamento. Inizialmente il percorso è molto regolare, con alcuni saliscendi, almeno sino a che si intercetta il sentiero che da valle sale ai colli d’Ambin e al bivacco Blais. Nei punti più protetti e piani ancora si riconoscono i muretti a valle e a monte posti a protezione della traccia. Oltre che cose un tantino si complicano: ad un iniziale tratto in leggera discesa, segue un corto attraversamento esposto che si supera agevolmente grazie ad un appiglio rappresentato da una fune d’acciaio. Poi si comincia decisamente a salire portandosi la traccia, grazie alle numerose svolte che seguono, verso un canalone che si affronta allo stesso modo, dove ancora sono presenti tratti di muretti non distrutti dal tempo. Più su si fa più ripido e più stretto uscendo la traccia sul colletto di una dorsale oltre la quale, sempre con ripetute svolte, si continua a salire raggiungendo al culmine della salita i 2800 mt. c.ca di altitudine. Il breve traverso quasi in piano che segue quasi illude di essere giunti nei pressi del passo. Invece, superato uno scavato colatoio discendente dalla parete sud del sovrastante monte Niblè, si comincia scendere, sempre con continue svolte, perdendo quanto guadagnato nella faticosa salita del canalone al punto che ci si chiede se la traccia, anziché al passo Clopacà conduca invece a fondovalle. Poi, superate altre asperità la traccia si fa piana traversando sino alla base di un secondo canalino che si affronta allo stesso modo del primo. Tranquillizza il fatto che la traccia, peraltro sempre evidente, è sempre ben segnata al punto che è impossibile perdersi anche in caso di nebbia. L’ultimo tratto che si affronta è il più faticoso. Con ripetute svolte si guadagna la sommità di una dorsale oltre la quale tutto cambia, subito raggiungendo la traccia che da valle sale al colle Clopacà sulla quale ci si immette nei pressi dell’ultima svolta nel punto in cui si trovano delle indicazioni. In una diecina di minuti si raggiunge il passo Clopacà dominato dalla mole incombente del monte Niblè. Nei pressi dei ruderi del ricovero altre segnalazioni suggeriscono come raggiungere varie località.
2 ore e 45 minuti c.ca dal bivio dove parte il “Sentiero quota 2000”
Ritornando sui propri passi sino alla svolta, si prosegue ora sul sentiero che riporta a fondovalle, alle Grange della Valle. La traccia militare che si percorre scende con gradualità l’erboso pendio con una serie interminabile di svolte, intervallate con lunghi traversi, che si concludono, di molto più sotto, alle estese, piane praterie terminanti nel lariceto entro il quale ci si addentra. Si scendono poi le ravvicinate svolte di un boscoso pendio, percorrendo un ripido tratto che, superata una fontana d’alimentazione di un alpeggio, termina, di molto più sotto, alla strada di fondovalle dov’è segnalato l’accesso al colle Clopacà ed al rifugio Vaccarone. Qui giunti il lungo anello si chiude. Non resta che scendere per un tratto e superate le colonie Viberti e il bivio per le Grange della Valle, si raggiunge infine l’ampio parcheggio posto al di là del ponte sul torrente Galambra.
1 ora e 30 minuti c.ca dal passo Clopacà.

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