Un anello per la Punta dell'Adois lungo i sentieri della memoria

Data 27/06/2015 | Categoria: Escursionismo

Un anello per la Punta dell’Adois lungo i sentieri della memoria

Località di partenza: Strada per gli alpeggi poco sopra la conca dei martiri mt. 1500
Dislivello: mt. 1000
Tempo di salita: 4 ore c.ca
Tempo di discesa: 3 ore c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 4 Bassa valle Susa – Musinè – Val Sangone – Collina di Rivoli Fraternali Editore

Nei giorni della Resistenza erano operanti, sui monti di Condove in bassa val di Susa, alcune formazioni partigiane. La loro epopea purtroppo annovera il tragico eccidio della Vaccherezza perpetrato dalle squadre nazifasciste pochi giorni prima del 25 aprile del 1945: in un agguato teso loro persero la vita 16 partigiani. Il luogo dove questi fatti si svolsero ora è detto “Vallone dei Caduti”. Di poco più a valle, presso la Conca dei Martiri, è stato realizzato un “Sacrario” edificato per non dimenticare e per ricordare il sacrificio di queste giovani vite.
I sentieri che collegano tra loro i luoghi dove erano attive le formazioni partigiane sono detti oggi “Della Memoria” e sono identificati con la lettera “M” anche se, a parte una funzionante cartellonistica, essendo poco percorsi, se non occasionalmente da qualche escursionista, arrivando nel contempo la strada dappertutto come è giusto che sia, tendono a perdersi. Sarebbe utile risegnarli rendendoli più marcati soprattutto là dove si attraversano le estese praterie che contraddistinguono questi luoghi dove la vegetazione ha sempre il sopravvento e la traccia non sempre è evidente confondendosi con quelle dovute al passaggio del bestiame.
In questo itinerario si raggiunge la Punta dell’Adois, cima significativa di questi monti partendo appunto dalla Conca dei Martiri. Passando per il Vallone dei Caduti, dove sono state posizionate delle croci nel punto in cui i partigiani caddero, si percorre in ascesa, come pure per tornare, alcuni tratti di questi sentieri sviluppando così un esteso anello che permette di conoscere meglio questi posti più marginali rispetto ad altri luoghi maggiormente frequentati.

Oltre la prima rotonda che in bassa val di Susa dà accesso direttamente all’abitato di Condove si prosegue sino alla successiva dove, lasciata la statale, si segue l’indicazione per Mocchie. La strada sale subito ripida e toccando per via borgate e case sparse raggiunge infine l’abitato. Superata questa borgata di Condove, con il suo bel campanile romanico pendente, fatti un paio di tornanti e oltrepassata la comba del rio Puta, subito dopo, nel punto in cui si trovano le indicazione per salire alle varie borgate montane e al Colombardo, si lascia strada che prosegue per Frassinere per terminare a Prarotto e Maffiotto prendendo a destra quella che subito sale ripida con una serie di tornanti che portano ad attraversare, più su, vari insediamenti posti a margine. Si raggiunge così infine l’ultima borgata sulla strada del Colombardo, Prato del Rio, e poi più avanti, al pilone Belvardo, il bivio Colombardo – Alpeggi dove si prende a sinistra lo sterrato per questi oltrepassando nell’ordine prima il bivio per Goia, poi quello per la conca dei martiri. Dopo un breve tratto si può lasciare l’auto a margine della strada, tra i due rii, nel punto in cui un’indicazione suggerisce come salire al vallone dei caduti.
Il sentiero che si prende, l’M2, sempre evidente e segnato di rosso, subito s’inoltra salendo tra le rocce che contraddistinguono questa parte dell’ascesa raggiungendo più su l’aspro vallone dei caduti dove una prima croce ricorda il punto in cui quattro partigiani caddero (attorno ce ne sono altre). Proseguendo su un aperto versante, raggiunte delle indicazioni ancora si procede sino alla corposa sorgente Adret. Prendendo a destra, un sentierino porta ad un colletto al fondo della dorsale che immette all’alpe delle Balme, mentre l’M7, proseguendo all’interno vallone, conduce alla strada degli alpeggi, all’alpe del Chiet e poi ancora oltre all’alpe della Portìa, punto di partenza per salire alla Punta dell’Adois. Questa sarebbe senz’altro la soluzione più praticabile che non dà alcun tipo di problema. In alternativa, subito dopo la sorgente Adret, attraversato il rio e fatta inversione, ci si porta sull’opposto versante dove un evidente sentiero, l’M6, taglia lungamente quasi in piano il pendio sino alle rocce del Truc Parasac dove la mitraglia lì posizionata falciò i partigiani posti in basso. Raggiunto il crinale la traccia praticamente termina e sparisce e da qui in avanti, sino all’alpe del Chiet Grosso, si prosegue stando prevalentemente sempre sul filo di cresta. Non ci sono segnalazioni, né segnature e la faticosa ascesa, nella bella stagione, è fortemente ostacolata dall’erba alta che infastidisce e nasconde ogni tipo di traccia. Tratti ripidi si alternano ad altri dove la pendenza s’abbatte. Raggiunto il rilievo più significativo sul crinale, il Truc del Chiet, oltre delle lastre in pietra poste a margine, la traccia diventa via via più evidente. Proseguendo si raggiunge l’alpeggio del Chiet Grosso, dove transita la strada per l’alpe della Portia, che coincide con il Sb, sentiero balcone, sulla quale ci s’immette. All’alpe della Portìa numerose tracce, dovute per lo più al passaggio degli animali al pascolo, s’inoltrano verso monte. Superata la balza, si entra nel piano dei martiri, un’ampia conca dominata a destra dalla Punta Grifone, a sinistra dall’anticima della Punta dell’Adois, mentre sul fondo diventa sempre più evidente l’intaglio del colle della Portìa. Volendo sviluppare un anello, giunti alla croce che ricorda il sacrificio di quattro partigiani, i primi che in quel fatidico giorno persero la vita, ci si mantiene sulla valletta di destra, stando ora sull’M4, perché per quella di sinistra si ritornerà. Superate di seguito altre modeste balze, senza alcuna difficoltà si guadagna il colle della Portìa mt. 2188 che immette nella valle di Viù. Qui giunti, piegando a sinistra e seguendo ancora fedelmente il crinale, ad un primo ripido tratto ne segue il successivo quasi in piano che porta alla base del ripido pendio sottostante l’anticima della Punta dell’Adois, che si affronta. Per vaghe tracce, spesso inesistenti, lo si risale faticosamente piegando alla sommità a sinistra nel punto in cui ci s’immette su un’erbosa dorsale che poi si utilizzerà per scendere. Traversando quasi in piano, stando sempre sul versante del vallone del Gravio, si guadagna il colletto alla base dell’ultimo ripido tratto che porta in vetta alla montagna. La traccia si fa più evidente ed in breve si raggiunge la cima della Punta dell’Adois, mt. 2509, contrassegnata da un ometto di pietre. Vista impagabile, come sempre: dalla vicina Rocca Maritano, alla Punta Lunella sino alla Rocca Patanua da una parte, mentre dall’altra emerge l’estesa cresta che dalla Punta di Grifone termina alla Punta Sbaron. Sotto gli alpeggi, più lontano il crinale Susa- Chisone sino alle cime del Delfinato, sulla destra le cime delle valli di Lanzo.
4 ore c.ca dalla partenza.
Si scende ripercorrendo l’itinerario di salita sino alle rocce dell’anticima per poi intraprendere il lungo piano inclinato, una facile dorsale erbosa che lungamente percorsa conduce a due grossi ometti di pietre assai evidenti già in vista salendo. Giunti al secondo si lascia il crinale per una traccia che si stacca sulla sinistra e che taglia in discesa ancora un erboso pendio, raggiungendo in tal modo in basso un’ampia conca e poi più avanti al piano dei martiri la croce dei partigiani già incontrata salendo. Proseguendo in breve si ritorna all’alpe della Portia dove ancora un sentiero della memoria, in questo ultimo caso l’M4, riporterà al punto dal quale si era partiti. L’individuazione di questo sentiero, almeno nel primo tratto sotto l’alpe, non è assolutamente facile
perdendosi la traccia tra quelle dovute al passaggio continuo degli animali al pascolo. Scesi di sotto e attraversati i due rii, prima che questi confluiscano, traversando per le praterie si giunge al punto in cui, ancora oltre due rii, una segnalazione ricorda che si è sui sentieri della memoria. Da questo punto in avanti tutto diventa relativamente più facile. Si scende percorrendo un’interminabile traccia che traversando lungamente per le estesissime praterie alla base del pendio rimane sempre di sopra al rio di valle. Di tanto in tanto sulle rocce sbiadite segnature rosse indicano la via, spesso evidente, altre volte meno. Superati ancora alcuni rii e i ruderi dell’alpe Barauda, dopo un tratto tra gli ontani nani appaiono i primi alberi inoltrandosi di seguito la traccia nella chiusa faggeta che si percorre sino al punto in cui si finisce sulla strada per gli alpeggi nei pressi di una casa. Presa la strada e guadato il rio che scende nel vallone dei caduti dominato dalle rocce del Truc Parasac, in breve si raggiunge il punto a monte della conca dei martiri dove questo anello si chiude. Volendolo si può scendere e visitare il sacrario edificato a ricordo delle giovani vite spezzate.
3 ore c.ca dalla Punta dell’Adois.

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