BARDONECCHIA NEL 1961

Data 21/02/2013 | Categoria: Come eravamo

Salve a tutti. Mi sono iscritto da poco al vostro sito e, dopo aver avuto dei consigli riguardo le escursioni in Valle Stretta a Bardonecchia da Scagliotti e Senore, ho scoperto, nelle varie rubriche, “ come eravamo”.
Sto leggendo tutti i vostri ricordi e mi sono permesso di aggiungerne uno anch’io. Ero tredicenne, nel 1961, e mio zio, classe 1907,ormai passato a miglior vita, si è messo in testa di rivedere i luoghi dove, negli anni 20, aveva fatto l’alpino. Detto fatto, ci ha preso su io, mio fratello e mio cugino, suo figlio, e siamo partiti da Busto Arsizio per Bardonecchia a bordo di una Topolino Giardinetta. Dopo un viaggio di circa 5 ore siamo arrivati alla meta. Bardonecchia era una bella cittadina ancora priva di palazzi, con una voliera in piazza con dentro un’aquila vera e con pochissimo traffico. Lo zio ha voluto salire al forte Bramafam e lì, non so come, si è fatto ospitare con figlio e nipoti dai padri salesiani presenti in quel luogo a fare le vacanze con i ragazzi che studiavano da prete. A me, nato in pianura, che avevo visto le montagne più alte alle gite dell’oratorio a Oropa o alla collina di Superga, sembrava di essere in cima al Monte Bianco.
Una mattina, ci siamo svegliati presto e, dopo colazione, mio zio mi ha proposto di scendere al campo Smit. Ho accettato senza indugio, non sapendo cosa aveva in mente veramente. Da lì mi dice se non mi va di andare fino a Melezed. Da Melezed siamo arrivati alla sbarra di confine dove ha chiesto alle guardie se potevamo fare quattro passi in Valle Stretta e ci hanno fatti passare, io senza documenti e lui con una patente di guida anni venti. Abbiamo camminato un po’ sulla strada battuta e un po’ sulle scorciatoie e siamo arrivati alla parete dei Militi, dove abbiamo attraversato il torrente su un ponte fatto di assi e immediatamente dopo è arrivata un’auto che, passando sul ponte, ha amplificato il rumore sulla Parete dei Militi ed io sono partito a razzo, spaventato credendo che mi crollasse addosso la montagna. La fame cominciava a farsi sentire e sul percorso siamo arrivati ad un rifugio che, credo, sia stato all’altezza degli attuali Re Magi e Terzo Alpini; ci hanno dato del pane e salame e una bottiglia di vino e siamo ripartiti. Siamo arrivati a quello che è il Piano della Fonderia e abbiamo cominciato a salire fino ad una casa dove erano stese delle pelli di marmotta. A questo punto mi ha rivelato che voleva andare in cima al TABOR; per me andava bene, anche perchè non avevamo orologio, la giornata era bella e mi sembrava un’avventura. Siamo arrivati in cima dove c’è la chiesetta, mi ha fatto tre foto in bianco e nero e abbiamo iniziato la discesa mentre il sole stava già calando. Al Piano della Fonderia era già quasi buio e, siccome indossavamo scarpe da tennis tipo superga che mettevamo a scuola per fare ginnastica, a mio zio facevano male i piedi e, per scaricare un po’ di peso sulle braccia, camminava con due bastoni.
Eravamo preoccupati anche perchè nessuno al forte sapeva dove fossimo. La fortuna ha voluto che alla Parete dei Militi trovassimo delle persone con le auto che si erano fermate intorno a un fuoco a passare la sera. Hanno avuto un po’ di compassione e ci hanno portati fino al campo Smit. Di lì siamo risaliti al forte passando dietro, dove si trova la fontana del bue.
Siamo entrati nel cancello verso le undici e tutti hanno tirato un sospiro di sollievo. Ricordo che ci hanno portato in refettorio e io ho letteralmente divorato una pentola di risotto.
Siamo andati ancora tante volte a Bardonecchia a fare le vacanze, non più al forte ma presso alcune case di famiglia di Asti e Chieri, e abbiamo fatto tante escursioni tra ragazzi e ragazze che mi hanno lasciato tanti bei ricordi. Adesso che sono sessantacinquenne e un po’ acciaccato da cinquant’anni di lavoro, vorrei portare moglie, figlie generi e nipoti e, con molta più prudenza, ripercorrere quei sentieri pensando di essere ancora tredicenne.

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