Un anello sulla via del talco con salita alla Rocca Bianca

Data 17/09/2012 | Categoria: Escursionismo

Un anello sulla via del talco con salita alla Rocca Bianca

Località di partenza: Ghigo di Prali mt. 1454
Dislivello: 930 mt. in salita. 1550 mt. in discesa.
Tempo complessivo: 6 ore e 30 minuti c.ca.
Difficoltà: E Il tratto discendente dalla Punta Croc: EE
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 5 Val Germanasca – Val Chisone Fraternali Editore

La valle Germanasca ha riposto, e ripone ancora oggi, molte delle sue fortune occupazionali nel talco. Oggi lo si estrae a quote relativamente basse, ma in passano molte gallerie erano in quota, come le miniere di Pleinet e Sataplè attive sino agli anni sessanta del secolo scorso. Per portare il minerale a valle venne ideato e realizzato, alla fine dell’ottocento, un gigantesco sistema misto teleferica-decauville che funzionò egregiamente per c.ca 70 anni: il“ Gran Courdoun”.
Questo anello percorre la via del talco: da Prali alle miniere, alla Rocca Bianca sino a fondo valle lungo il Gran Courdoun. Raggiunti i siti di estrazione e le opere connesse, oggi completamente in abbandono, si sale da prima sulla vetta della Rocca Bianca per poi intraprendere il primo tratto di decauville a cui segue il primo tratto di teleferica e poi il secondo tratto, il più lungo, di decauville, da Malzat alla Punta Croc. Da questa si scende definitivamente a valle attraversando degli insediamenti abbandonati non lontani dagli ultimi due tratti di teleferica: dalla punta Croc alla Comba Molino e da quest’ultima al ponte della Capra a valle di Perrero, per un salto complessivo di 1200 mt.
Piacevole, vario, interessante, insolito, molto panoramico questo anello permette di conoscere posti della val Germanasca normalmente fuori dai soliti giri con un percorso che raggiunge i 2384 mt. della Rocca Bianca per poi scendere agli 830 mt. di Perrero. Il tratto dalla punta Croc alla Comba Molino è da percorrere con attenzione e cautela in quanto si affrontano ripidi pendii e sentieri da tempo in abbandono, non più percorsi, non segnati, che rendono problematica la discesa a valle. Su VARIE una relazione più dettagliata inerente la storia del Gran Courdoun.

Giunti a Prali in valle Germanasca, oltrepassato il ponte sul torrente, si può lasciare l’auto nello spiazzo posto accanto alla grande bacheca che illustra in pianta questo centro e le sue borgate oppure sul piazzale antistante il tempio valdese.
Procedendo oltre, lungo la strada che sale, superato di sopra su un ponte il rio d’Envie, fatti un paio di tornanti, si raggiunge il Centro Ecumenico di Agàpe, dove ancora si prosegue allo stesso modo (possibili scorciatoie) sino a che si giunge in vista delle case della borgata Indiritti dove la strada termina. Poco prima, non segnalato, sulla sinistra parte uno stradello sul quale, più avanti, ci si immetterà. Punto panoramico splendido sulla valle e sui monti, presso la fontana della borgata partono i sentieri segnalati 226 per il lago ed il Cappello D’Envie e il 205 per la Rocca Bianca, e quest’ultimo si prende. Una piacevole traccia, sempre ben segnata di qui sino alla vetta dalle solite tacche biancorosse, si inoltra tra le case per salire poi ripida rasentando quelli che una volta erano campi e prati. Si prende a sinistra e poi di nuovo ancora, lasciando più avanti sulla destra il sentiero che prosegue per il lago d’Envie. Continuando si esce su di una grande radura prativa dove la traccia prosegue verso monte raggiungendo al fondo lo stradello incrociato prima della borgata Indiritti, sul quale ci si immette. Si sta su questo per un tratto sino al punto in cui lo si lascia per il sentiero che parte sulla destra. Le svolte che seguono nel bosco permettono di raggiungere quelli che erano quattro pilastrini in pietra, di cui uno solo oggi eretto, probabilmente stazione di partenza di una teleferica, e poi gli edifici diruti della miniera Pleinet oltre i quali si ritrova lo stradello che ora nuovamente si segue per un po’ trovando più su altri due edifici, quelli della miniera Sapatlè e l’indicazione per salire alla Rocca Bianca. Sul retro di queste costruzioni ancora in buono stato, parte il sentiero per la cima subito trovando, poco sopra, un’ampia traccia. Qui parte il primo tratto di decauville che tornando si percorrerà. Per intanto si prosegue stando sul sentiero che sale il pendio, sempre ben segnato e segnalato. Alternando tratti ripidi ad altri quasi in piano, per macchie di rododendri e mirtilli, con un lungo traverso ci si porta via via verso la cima. Si prosegue allo stesso modo sino a che, usciti dal bosco, si giunge un quadrivio, dove si trovano delle indicazioni, e poi altre ancora, così raggiungendo il colle della Balma dal quale, in breve, si sale al superiore, grosso ricovero e da questo, sulla cima della Rocca Bianca mt. 2384.
2 ore e 30 minuti c.ca da Prali.
Come da ogni vetta la visuale che s’apre sui monti e sulle valli è superlativa.
Lasciata la traccia per il lago Lauson e quella per il lago d’Envie e la seggiovia, si potrebbe prendere quella che scende direttamente alla Colletta Sellar, per la quale comunque si dovrà passare. Poiché si deve percorrere la “Via del Talco”, si ritorna invece, per il sentiero già percorso, sino Miniera Sapatlè dove parte il primo tratto di decauville. Per il tempo trascorso, per le intemperie e per il continuo passaggio di animali al pascolo, è il tratto peggio conservato. Alternando tratti in buono stato ad altri franati o invasi dalla vegetazione, traversando in piano stando paralleli alla sottostante strada per le cave di marmo della Majera, si raggiunge, al termine, la Colletta Sellar con gli edifici collassati. Qui i carrelli con il talco venivano agganciati al primo tratto di teleferica per essere trasportati alla sottostante stazione dove sorgono le cave di Malzas. Il sentiero che scende alle cave di questa miniera e agli edifici dei minatori è una delle cose più interessanti di tutto il percorso. L’ampia traccia s’abbassa verso valle dolcemente, con ripetute svolte, scendendo un pendio invaso dagli ontani a cui segue un lungo traverso che permette di raggiungere al termine i ruderi della stazione. Qui i carrelli con il talco venivano posti sul secondo tratto di decauville, quella più lunga e meglio conservata, per raggiungere la stazione di Punta Croc. Sono stati rimossi i binari, ma non le traversine in larice che emergono a tratti. Notevoli le opere di contenimento, sia monte che a valle come i manufatti presenti più avanti alla Punta Croc. Quelli lasciati sul posto ci danno un’idea dell’imponenza dell’opera realizzata. Lungo questa via, sino agli anni sessanta del secolo scorso faceva la spola un trenino con i vagoncini del talco
2 ore c.ca dalla vetta della Rocca Bianca alla Punta Croc.
Il tratto discendente dalla Punta Croc sino alla stazione intermedia di Comba Molino è da percorrere con attenzione e cautela. Per questa via non passa quasi più nessuno e la traccia affronta ripidi tratti, alcuni protetti, spesso invasa da alte erbe che sovente la nascondono. Subito si scende affrontando le svolte che permettono di perdere quota intraprendendo poi un lungo traverso di spostamento, quasi in piano, che porta al punto in cui si trovano delle indicazioni dove si prende per Grangette. La traccia, all’inizio segnata con tratti rossi, è da seguire con cura perché il rischio di perdersi è notevole. Scendendo si incontrano nell’ordine tre nuclei abitativi, ora tutti fatiscenti, l’ultimo dei quali, Succetto, più sviluppato dei primi due. Una volta raggiunte le case di questa borgatina, ci si porta verso le ultime, quelle poste sulla sinistra al fondo, al limitare dei prati. Oltre parte una traccia, ora più evidente, che scende nel bosco abbassandosi inizialmente di poco subito trovando un bivio. Per raggiungere la Comba Molino, punto intermedio dell’ultimo tratto di teleferica, si prende il sentiero che prosegue in piano, pulito e visibile, raggiungendo in pochi minuti questa stazione. Desolante la vista di questo manufatto ora invaso dalla vegetazione. Tornati al bivio dopo Succetto, si prosegue sulla traccia, ora più evidente, che prosegue nel bosco abbassandosi inizialmente di poco sino al punto in cui scende ripida, sempre costeggiando vecchi terrazzamenti facendo alcune svolte. Così continuando si perde di molto quota raggiungendo di sotto un’ultima, abbandonata borgatina, Pomarat. Giunti alla prime, diroccate case, si prende a destra passando davanti al forno oltre il quale si scende ancora ripidi. Poi la pendenza in parte si attenua ed una finestra nel bosco permette di intravedere le sottostanti case di Grangette. Ancora qualche svolta e finalmente si raggiunge la borgata percorrendo un ultimo tratto dove si lotta soprattutto con i rovi e le ortiche che invadono la traccia, segno che anche qui l’abbandono è totale. Scendendo tra le case presto si raggiunge lo slargo dove parte la strada asfaltata che scende a valle, che si prende. Le ripetute svolte che seguono fanno perdere rapidamente quota raggiungendo di sotto prima delle case isolate e poi il bivio per Clotes superato che si ha ancora si prosegue oltrepassando altri più corposi nuclei abitativi terminando, al fondo, al ponte sul torrente Germanasca che si supera. Sulla destra, sull’opposta sponda, si trova l’edificio, ora in stato di totale abbandono, dove arrivava l’ultimo tratto di teleferica, dove il talco veniva immagazzinato, e dove i carrelli in risalita portavano alle miniere tutto quanto poteva servire per la gestione e per la sussistenza dei minatori. Percorso un breve tratto di strada asfaltata subito si raggiunge il centro abitato di Perrero.
2 ore c.ca dalla Punta Croc a Perrero.

NOTA FINALE
Bisogna ora ritornare a Prali a recuperare l’auto e questo lo si fa prendendo il servizio di autolinea SAPAV che collega Perrero con Prali. Alle ore 16 parte l’ultima corsa. Per poter effettuare questo anello, come da descrizione e in tutta tranquillità trovandosi a Perrero per 16, in tempo per l’ultima corsa, è necessario iniziare il percorso a Prali attorno alle ore 8.30. La durata della corsa in autolinea è di c.ca mezz’ora.


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