Un anello per il monte Banchetta dalla val Troncea

Data 20/08/2012 | Categoria: Escursionismo

Un anello per il monte Banchetta dalla val Troncea

Località di partenza: Parcheggio presso il ponte Daz Itrei mt. 1614 all’inizio della val Troncea
Dislivello: mt. 1216
Tempo di salita: 3 ore e 30 minuti
Tempo di discesa: 3 ore c.ca
Difficoltà: E
Riferimenti: Carta dei sentieri e stradale 1:25.000 n° 2 Alta val Susa – Alta Val Chisone Fraternali Editore

Visto dalla vicina Rognosa del Sestriere, il versante ovest del monte Banchetta presenta dei dolci declivi che degradano verso Sestriere e Borgata, solcati perciò da diversi impianti di risalita, uno dei quali giunge sin quasi sotto la vetta. Il versante nord e quello est, che danno sulla sottostante val Troncea, sono invece aspri e dirupati presentandoci un aspetto di questa montagna poco conosciuto.
Dalla val Troncea si raggiunge senza difficoltà il crinale e poi la stazione d’arrivo degli impianti sciistici raggiungendo la superiore vetta del monte da dove si discende sul sentiero 315 che riporta a valle transitando per i passi Banchetta nord e sud. Se la parte alta e intermedia di questo sentiero scende per sfasciumi e detriti, la parte bassa invece presenta gole e dirupi e pertanto è necessario non perdere mai i riferimenti che aiutano non poco. Sia l’itinerario di salita che quello di discesa sono ben segnati e i numerosi riferimenti sono stati da poco rivisti posizionando, nel contempo, molti paletti con gli anelli e altro, senza i quali sarebbe quasi impossibile effettuare questo itinerario.

Giunti in val Chisone, superato l’abitato di Pragelato, si continua in direzione del colle del Sestriere sino alla rotonda posta subito dopo l’abitato di Traverses dov’è segnalato l’accesso alla val Troncea. Si prosegue sin quando, oltrepassati gli abitati di Plan e Pattemouche, la strada diventa uno sterrato parcheggiando più avanti l’auto allo slargo che precede il ponte Daz Itrei sul Chisone nei pressi del monumento dedicato ai minatori vittime della valanga del 1904.
Mantenendosi sempre sul lato destro, la sinistra orografica, con un lungo tratto quasi in piano una strada sterrata raggiunge una costruzione in ristrutturazione, l’ex mulino di Laval, poco oltre la quale la si lascia, per seguire le indicazioni per la sorgente Miandette ed il passo della Banchetta. La traccia, come detto sempre ben segnata dalle tacche biancorosse, s’inoltra subito attraversando un valloncello per poi risalire il pendio dove i pascoli in abbandono si alternano a tratti di bosco. Là dove sembra perdersi nell’erba, i paletti con gli anelli indicano la via, e le numerose svolte che seguono permettono di raggiungere un alpeggio diruto. Proseguendo si rientra nel bosco per poi intraprendere un lungo tratto in piano che precede il successivo, assai ripido, che porta a raggiungere una valletta che si risale faticosamente sino al raggiungimento del crinale che si percorre lungamente sino al colletto dove la visuale s’apre sulla dirupata parete nord della montagna. Proseguendo stando sempre sul crinale, dove si alternano tratti quasi in piano ad altri dove ancora si sale ripidi, si raggiunge la stazione d’arrivo di due impianti si seggiovia e poi la “Tana della Volpe”, punto di ristoro aperto solamente nella stagione sciistica, dove delle indicazioni suggeriscono come raggiungere il passo della Banchetta, il passo di S. Giacomo ed il Sestriere. Proseguendo sullo stradello sterrato, che altro non è che una pista da sci, si perviene alla stazione d’arrivo di una terza seggiovia dove si continua sino al primo tornante. Qui giunti dei paletti con gli anelli indicano di proseguire sulla traccia che taglia il pendio. Per salire sulla nostra montagna è sufficiente risalire la facile china, per tratti erbosi e detritici, raggiungendo la cima mt. 2830, contrassegnata da una modestissima croce solidale ad un tondino per filo spinato.
Come sempre la vista che s’apre sulle cime e sulle valli è imponente.
3 ore e 30 minuti c.ca dal parcheggio alla vetta.
Senza più scendere allo sterrato, si prosegue stando fedelmente sul crinale per facili saltini, oppure mantenendosi prevalentemente sul lato Chiosonetto, sino a che si raggiunge prima il passo nord e poi, per fini detriti, il passo sud, dove sorgono ancora delle indicazioni ed il primo paletto con gli anelli che segna il sentiero 315 che scende a valle. Lasciata la traccia per il passo di S. Giacomo, si prende ora quella per la Grangia Vallonetto e La Tuccia. Ci si abbassa, sotto il passo percorrendo le svolte ravvicinate che affrontano un primo tratto detritico per rocce rotte e sfasciumi. Raggiunto un segno, subito si scorge il successivo e dove il sentiero si fa erboso i numerosi paletti con gli anelli sempre segnano il cammino. La traccia segue lungamente la dorsale che separa i due valloni che degradano a valle, per rododendri e mirtilli, sino a quando la si abbandona per scendere all’incassato rio, posto sulla sinistra, percorrendo poi il lungo tratto quasi in piano posto sotto l’estesa parete rocciosa che da questa parte degrada dalla cima del monte Banchetta. Ancora un tratto discendente, ora attraversando ampi pascoli in abbandono, ed ecco che si raggiunge la baracca della Grangia del Vallonetto, un tempo alpeggio, che può offrire un riparo in caso di bisogno, avendo nei pressi la solita bacheca illustrativa. Proseguendo, sempre rimanendo sul sentiero 315, ora scendendo, si affronta il tratto più impegnativo, dove è assolutamente indispensabile sempre seguire segnature e paletti. Dopo un primo tratto nell’erba si scende al rio, che si riattraversa, risalendo ad una dorsale oltre la quale si comincia a scendere nel bosco, prima tra i larici e poi tra gli ontani. Raggiunta ancora una dorsale la si percorre lungamente con le ripide, ravvicinate svolte, che permettono di scendere ad un asciutto, incassato canalino, con già in vista il Chisone, la strada di fondovalle e, dall’altra parte del versante, del borgo di Troncea che dà il nome alla valle. Una lunga diagonale discendente nel bosco e poi ancora delle svolte consentono infine di raggiungere quasi il fondo dei pendii sovente battuti dalla valanga. Percorrendo lungamente un piacevole tratto di ritorno, quasi in piano, alla fine si termina sullo sterrato presso un ponte sul Chisone, nei pressi della Tuccia, con la solita bacheca che racconta la storia delle miniere del Beth.
Continuando verso valle, sulla strada che d’inverno si trasforma in una pista per lo sci di fondo, si raggiunge prima la costruzione del mulino di Laval, dove questo lungo anello si chiude, e poi il ponte Daz Itrei.
3 ore c.ca dalla vetta al parcheggio.

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