L'incontro della vita

Data 23/07/2009 | Categoria: Come eravamo

L’INCONTRO (che mi cambiò la vita)

Ebbene si, me l’ha cambiata parecchio, ma non al punto di ricordarmi esattamente che giorno fosse: certamente era il 1988, certamente era il mese di luglio, ma in quanto al giorno poteva essere domenica 17 (40%), domenica 24 (30%), sabato 16 (20%) oppure sabato 23 (10%); comunque era un bel giorno, avevo 21 anni di meno ed andavo spesso in montagna.
Dopo essermi trovato alle prime luci dell’alba (conoscendomi forse erano le seconde o terze luci) con Vittorino e Mario (all’epoca un giovane di circa 68 anni), ci dirigiamo verso Ceresole Reale, obiettivo una puntata ai 2630 mt del bivacco Margherita Giraudo, perché Mario collezionava foto di bivacchi e rifugi.
Ci incamminiamo tranquillamente per il bel sentiero che dapprima attraverso una pineta e poi per radi pascoli sale sul fianco della montagna, quando “e va che ‘t va e va che ‘t va”, ad un certo punto, giunti nei pressi delle baite abbandonate e semidiroccate dell’Alpe Ciaplus (2168 mt) ai piedi del colle Sià (2274 mt), sentiamo un richiamo… puuup….puuup.
Vittorino è il primo a dire “varda la, je na fia” ed in effetti vediamo una ragazza che in piedi su un pietrone ai bordi del sentiero e vicino alle baite, ci fa ampi cenni.
Ci avviciniamo incuriositi e le sue prime parole tra le lacrime furono “je me suis perdue” (mi sono persa).
Allora unendo i nostri sforzi e le conoscenze di francese, riusciamo a capire che era in gita con un amico, ma che ad un certo punto l’amico era andato avanti a cercare la strada, era scesa la nebbia e non si erano più ritrovati, per cui lei aveva vagato per la montagna, sino a quando aveva trovato un sentiero, l’aveva seguito e quando era già notte aveva trovato le baite e si era fermata.
Nel mentre faticosamente capivamo cos’era successo, Mario gli ha offerto il the caldo del thermos, Vittorino ed io qualcos’altro da mangiare e poi gli abbiamo mostrato la cartina per fargli capire dove si trovava, al che sbiancò in volto e ci fa capire che credeva di essere sul versante di Pont Valsavarenche e non di Ceresole.
In più nel frattempo, oltre che per se stessa era preoccupata per il suo amico, ma fortunatamente ad un certo punto, lo vide spuntare in cima al soprastante colle Sià. In poco tempo questi scende e ci raggiunge e così conosciamo René, che all’epoca aveva i sessanta che ho io adesso.
Ovviamente grande gioia reciproca di entrambi, che vedono risolta, almeno in gran parte la loro brutta avventura.
Riusciamo a capire che René, per essere più veloce nelle ricerche, ha abbandonato il suo zaino nella pietraia parecchio più in alto, per cui partiamo con lui, facendo un pezzo del cammino insieme, lui per recuperare lo zaino, noi per raggiungere il bivacco.
Naturalmente salendo commentiamo lo strano incontro, arrivando infine alla nostra meta.
Scendendo, quando giungiamo nei pressi del colle Sià, ci sorprende un temporale, per cui correndo veloci arriviamo a cercare rifugio, insieme ad altri escursionisti, nella stessa baita dove aveva trovato rifugio per la notte la ragazza e dove la ritroviamo insieme a René. Facciamo conoscenza anche con i loro mostruosi zaini, più da muli che da cristiani (soprattutto quello di René).
Passato il temporale iniziamo la discesa ed io mi offro di portare lo zaino della ragazza, che si prende il mio, più leggero.
Scendendo insieme, riusciamo a capire meglio quello che era successo.
René, nel suo paese nei dintorni di Parigi, si occupava dei giovani ed era partito con la ragazza in ricognizione per preparare un soggiorno escursionistico di questi ragazzi, per la maggior parte extracomunitari, che non avevano mai visto le montagne.
Per questo motivo da alcuni giorni giravano in tenda per le montagne ed il mattino prima erano partiti dal colle del Nivolet, poiché René voleva raggiungere il Rifugio Vittorio Emanuele passando attraverso il colle della Terra, colle della Porta e colle del Grand Etret (una roba da ridere!!!); la ragazza che già non stava bene aveva rallentato l’impresa, si erano presi un temporale, la nebbia, gli zaini super pesanti, perso il sentiero, per cui lui era andato avanti a cercare un passaggio, ma rapidamente si erano persi e non si erano ritrovati, complice anche la nebbia.
Nel frattempo, con loro grande piacere gli avevamo proposto di accompagnarli in auto fino al Nivolet, dove avrebbero potuto pernottare nel rifugio e poi scendere il giorno dopo a Pont.
Anche il viaggio in macchina si rivelò difficile, perché la ragazza pativa l’auto ed in più iniziava a sentire gli effetti dell’acqua di fianco alla baita, che aveva bevuto nell’oscurità, ma che al mattino si rivelò essere popolata da dei bei rospi. Motivo per cui di tanto in tanto dovevo fermarmi per farla vomitare. In una di queste occasioni perse anche, con suo grande dispiacere, qualche fiorellino che gli che gli avevo dato.
Giunti al Rifugio del Nivolet bevemmo qualcosa insieme e prima di lasciarci ci scambiammo gli indirizzi.
E fu così che da ormai 21 anni conosco Lysiane e da 18 siamo sposati.

Ho cercato di sintetizzare un po’ per non farla troppo lunga, del resto credo che avventure simili vi capitino tutti i giorni o quasi.


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