Le prime di mountain

Data 08/11/2008 | Categoria: Come eravamo

Si può dire che appena ho visto la luce mi sono automaticamente trovato in montagna

Sono nato in una borgatina della Valle di Viù immersa nel verde e circondata da rilievi rocciosi.
Contestualmente ai primi passi ho pure provato subito a salire aggrappandomi a tutto quello che si trovava più in alto .
Per mia fortuna ho avuto dei genitori per niente paurosi i quali mi hanno sempre lasciato fare tutto quello che un bambino sente di sperimentare (contrariamente alle mamme di oggi che sono esageratamente asfissianti con i loro pargoli e non li lasciano liberi un attimo, vedendo per loro pericoli dappertutto ).
La prima passione era quella di salire sulle punte degli alberi per poi farli curvare trattenendoli solo per le mani con le gambe nel vuoto ; quelli flessibili mi consentivano di scendere a terra, ma …. quando ho trovato quelli che si piegavano poco, o in periodo di luna tenera (crescente) con il legno fragile, dopo il loro parziale incurvamento o la rottura improvvisa, non mi restava che volare e spesso ho fatto atterraggi non proprio morbidi (una costola rotta la ricordo molto bene) .
A volte riuscivo ad incurvarli verso altri alberi e così mi trasferivo su questi come fanno le scimmie .
Il vuoto non mi creava alcun timore; dopo gli alberi il terreno di scoperta sono state le rocce; a volte mi andavo ad incasinare non poco, tuttavia mi è sempre andata bene.
Tutti gli spostamenti venivano sempre fatti a piedi, andavo all’asilo percorrendo con altri ragazzini una bella mezzora di strada mulattiera; così pure facevo durante le elementari.
Si stava a scuola fino a metà pomeriggio; ricordo certi ritorni invernali a casa dopo memorabili nevicate quando la neve era più alta di noi e spesso non essendoci ancora passato qualcuno facevamo a turno per spingerci per primi nel muro di neve.
D’estate si passavano intere giornate a camminare in giro per il bosco in cerca di funghi; in autunno sono stato spesso l’accompagnatore dei cani da caccia che rilasciavo dal guinzaglio nei punti strategici dove loro partivano per rincorrere le lepri ed i camosci.
Praticamente il camminare è sempre stata l’attività preponderante della mia infanzia, per cui l’accompagnare gli adulti in vere e proprie maratone era da loro ritenuta una cosa normalissima anche per un bambino .
Nel come eravamo inserisco due tra le prime escursioni che non dimentico: la traversata del Civrari e la prima volta al Rocciamelone.
I) Traversata Collombardo e Civrari.
Anni 5. Con mio padre, un mio cugino ed alcuni vicini di casa ci si trova di buon ora alle Fucine di Viù con meta la festa del Collombardo. Si parte a piedi sulla carrozzabile fino al ponte del Forno dove si imbocca una mulattiera che si inoltra nel bosco, si passa alle case Battagliù per poi salire nella Valle Orsiera passando sempre lungo la mulattiera (la sterrata non esisteva) ai vari alpeggi fino al Colle del Collombardo dove siamo giunti in tempo per la messa. Dopo uno spuntino nel prato avanti alla cappella, siamo risaliti alla punta del Civrari per continuare alla Torretta del Prete. Ricordo che una vespa mi aveva punto ad un braccio il quale mi si era gonfiato enormemente; mio padre dopo avermi tolto il pungiglione mi aveva strofinato sopra un’erba profumata raccolta sul posto dicendomi “adesso vai che è tutto passato” ma per me non era proprio così. Dopo la Torretta è iniziata la discesa, siamo passati appena a sinistra di Costa Sourela; giunti in una pietraia sottostante abbiamo fatto un’altra sosta alla fontana della Ciaboda per un po’ di merenda. Siamo passati all’Alpe Pian Pianaj (o Piacentin) dove la margara mi ha dato una scodella di latte. La discesa è proseguita agli alpeggi Pian della Sella, Cervelluzzi per poi inoltrarsi nel bosco scendendo verso la casetta della condotta Enel detta della Cinque, alle case Bartottere e finalmente ritornando verso sera alle Fucine, chiudendo così il giro. Ora guardando la cartina mi accorgo che sono circa 20 km con un dislivello di m 1.600
II) Rocciamelone per la festa della Madonna della Neve
Anni 6 (1956). Con mio padre, mia sorella ed alcuni vicini di casa. A Fucine siamo saliti sulla corriera che saliva fino a Margone con la corsa della mattina. Era una corriera azzurra che lasciava una nera scia puzzolente di nafta bruciata condotta da “Guido dle curiere” un omone alquanto burbero che durante il percorso ha fermato il mezzo ed è andato in fondo a redarguire “ vi drizzo io” con l’accompagnamento di due ceffoni un gruppo di ragazzini diretti ad una colonia di Usseglio, i quali facevano un po’ troppa cagnara ; seguì un perfetto silenzio e penso nessuna telefonata al telefono azzurro . Alla piazza di Usseglio scesero tutti meno il nostro gruppo; Guido ci disse: “adesso non vado a Margone, vado poi su oggi pomeriggio per la corsa della sera” e ci fece scendere senza troppi complimenti dicendoci inoltre “tanto andate solo a spasso” .
A mio padre la cosa non spiacque perché così ne approfittò per passare a salutare dei conoscenti. E così iniziammo a piedi il nostro pellegrinaggio verso il Rocciamelone; sostammo un attimo dal Furgatt a Villaretto per poi proseguire verso Margone e oltre.
Da Margone a Malciaussia abbiamo percorso buona parte della vecchia mulattiera; verso i Ciampun e Pian Audè, lungo i pascoli arrossati c’era un sole cocente che spaccava le pietre . Finalmente a Malciaussia provvidenziale è stata la sosta dal Vulpot per una bevuta ed un piatto di minestra , ma ben presto siamo dovuti ripartire e per tutto il tardo pomeriggio la nostra marcia è proseguita lungamente per raggiungere in serata il rifugio Tazzetti. Il vallone sottostante il rifugio era intasato da un gigantesco spessore di neve che di quelle proporzioni non avevo ancora mai visto e che mi incuteva alquanto timore .
Al rifugio sorpresa …. era pieno di gente di ogni estrazione, cacciatori principalmente, raccoglitori di erbe, amici dei gestori, festaioli, pellegrini, escursionisti, insomma una gran baraonda .
Mio padre chiede per dormire: non c’è posto, nemmeno nella baracca dei cani che è di fuori .
Una minestra l’abbiamo avuta, però è stata consumata sul terrazzino davanti alla porta.
Il casino in quel locale era totale, gente che cantava, altri già sbronzi, un calore ed una puzza sudoraticcia bestiale; dopo varie insistenze mio padre è riuscito a farci avere per me e mia sorella uno spazio in un angolo nel punto più basso nel tavolato del sottotetto; ci ha fatti salire sulla scala e ci siamo infilati in quel buco ma …. lo ricordo come una vera tortura mentre di sotto la baraonda continuava. Era ancora tutto buio ed una pila si accese; era mio padre che ci fece scendere dicendoci “ci incamminiamo, così siamo i primi e possiamo andare su tranquilli”.
Il buio era totale, solo il lumino della pila dava un po’di conforto; si sentiva lo scrosciare delle acque lungo le cascatelle; stavo in silenzio ma un po’ di panico mi attanagliava quando vedevo nel primo chiarore quelle guglie lassù così alte e lontane e già mi domandavo: “ma chi me lo ha fatto fare?” E pensare che ero stato io ad insistere per venire!
Al Colle della Resta vi era un bel scivolo di neve che aveva delle buone pedate; mio padre ci fece passare avanti controllandoci subito da sotto e finalmente giungemmo sul ghiacciaio.
Era la prima volta di un ghiacciaio ; ero un po’ terrorizzato perché una zia mi aveva detto di terribili crepe profonde dove si cadeva dentro ; di crepe però non ne vidi; la distesa bianca era grandiosa e saliva completa fino all’orizzonte sulla cresta (non come lo si trova oggi ), poi la cresta che aveva del ghiaccio e finalmente il parafulmine, la madonna e la cappella .
In vetta intanto la gente aumentava in attesa della messa; io stavo accovacciato in un angolo, nel frattempo mi era anche venuto un bel mal di pancia (sarà stato la minestra?) che mi impedì di godere appieno dello spettacolo ; mi ripresi bene solo in discesa (intanto vi era ancora gente che saliva) che si svolse senza grossi problemi fino a Margone dove finalmente salimmo sulla corriera condotta sempre dal Guido.
Era stata una prima di una innumerevole serie di salite al Rocia susseguitesi negli anni su diversi itinerari tra cui negli ultimi tempi il percorso con partenza da Traves lungo la cresta tra le Valli di Viù e Ala.





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