L'avventurosa conquista della Testa del Grand Etret - 29 marzo 2008

Data 01/04/2008 | Categoria: Racchette da neve

Gita da lungo tempo studiata, oggi finalmente siamo riusciti a realizzarla, complici le ottime condizioni della neve e del meteo.

In compagnia del socio Marco, partiamo non troppo presto da Pont Valsavarenche, alle 9, quando il primo sole inizia ad illuminare la piana.
Siamo consapevoli che sarà una lunga gita, dallo sviluppo notevole oltre che dal dislivello importante.
Attraversiamo la pista da fondo in piano per immetterci nel lungo Vallone di Seiva, che scende proprio dalla Testa del Grand Etret visibile già dalla partenza.
Lasciato alle spalle l'anello da fondo si inizia a salire, molto dolcemente inoltrandoci nel suggestivo vallone, stretto e pericoloso in caso di abbondanti nevicate.

Si attraversa una rada fascia boscosa, per lo più arbusti, poi una leggera curva a sinistra e siamo nel cuore del percorso, l'ambiente diventa più severo e suggestivo. A destra le ripide pareti della Cima di Seiva e della Punta Fourà, a destra i colossi della Valsavarenche, Ciarforon, Becca di Monciair e Denti del Broglio. Appare anche il Gran Paradiso, che non pare praticamente in condizioni estive, come tutti gli altri ghiacciai della zona.

Superato un dosso più ripido giungiamo alla base del ghiacciaio del Grand Etret, dove si inizia a fare sul serio. La temperatura è ottima, anzi persino troppo calda, il vento che all'inizio soffiava alle nostre spalle è andato via via scomparendo.
Messo piede sul ghiacciaio, il percorso diventa più ripido, la neve è quasi sempre portante tranne in alcune zone di accumuli portati dal vento, ma si procede bene. Alcuni tratti el ghiacciaio invece si presentano già spogli e con il ghiaccio verde, e siamo solo ad inizio aprile.

Davanti a noi un buon numero di scialpinisti, pistone evidente, che ovviamente seguiamo anche noi. Se non fosse che, cartina alla mano, sembrano tutti dirigersi al colle Occidentale, mentre la relazione che abbiamo dice che per raggiungere la cima dobbiamo passare dal colle Orientale.
Chiediamo informazioni ma nessuno ha le idee molto chiare e tutti proseguono per il traccione.
Fortuna vuole che vediamo un ragazzo in solitaria andare anzichè da sinistra a destra, nella direzione opposta, compiendo un traverso un centinaio di metri sotto la cresta che scende dalla cima. Scoprirò poi che questo ragazzo è Marco72 di gulliver e grazie a lui riusciremo a raggiungere la nostra meta.
Noi siamo a quota 2900 circa, e decidiamo di raggiungere le sue tracce; per fare questo dobbiamo salire su uno scomodo traverso in diagonale ascendente, qui la neve non mi piace, non mi ispira troppa fiducia, qualche piccolo lastrone si stacca sotto il nostro peso, speriamo in bene, tanto più che scendere da qui ancora peggio.
Le impronte si dirigono verso un pendio di neve ventata e roccette sporgenti. Qui calzo i ramponi, mentre il mio socio Marco (che colpevolmente non li ha) prosegue sul ripido con le racchette, che per fortuna fanno presa abbastanza bene.
Salgo in punta di ramponi su neve durissima, aggrappandomi alle pietre ben salde al terreno, e senza troppa fatica anche se con qualche apprensione sbuco sulla cresta, a pochissimi metri dalla cima. E' fatta!
Marco è rimasto un po' indietro, è costretto a togliere le racchette per questi ultimi metri. Lo seguo con gli occhi finchè con qualche impiccio, mi raggiunge.

Siamo davvero stanchi, la salita è durata quasi 4 ore e questa variante ci ha provato parecchio. Così ci concediamo il lusso di mangiare, prima di salire sulla cima.

Saliamo quindi gli ultimi grossi blocchi fino all'ometto di vetta, su uno sperone a picco sulla Valle Orco, é davvero una cima panoramicissima, fa impressione la lunga cresta dalla Fourà ai denti del Broglio che precipita per chissà quanti metri sul lato piemontese.
Il panorama è sconfinato, grazie alla giornata tersa. Si vedono tutte le cime che si possono immaginare.

Ma l'ora è tarda, in basso il sole sta già scomparendo dietro le alte pareti, e noi non sappiamo come sia il percorso di discesa. Andiamo avanti lungo la facile cresta, ancora ramponi ai piedi, in direzione del colle Orientale. Il percorso è facile, ampio, anche se talvolta bisogna aggirare dei salti rocciosi, ma oggi non ci spaventa nulla, e in pochi minuti ci possiamo rilassare al colle. Non resta che scendere, a tratti traversando, a tratti per la massima pendenza, per ricongiungerci col percorso di salita a quota 2800 circa, dove il ghiacciaio è pianeggiante. Da questo lato di discesa la neve è migliore, più sicura anche se dura, e i ramponi tornano davvero comoda.
Ricongiunti alla traccia principale, proseguiamo, nell'ombra, la lunga discesa verso Pont, sempre lontano all'orizzonte, ma non fa niente, perchè una gita così non si vorrebbe che finisse mai, per la soddisfazione di essere arrivati in cima, soli, mentre tutti gli altri si sono diretti erroneamente qualche centinaio di metri più a destra.

Insomma una gita tra le migliori mai fatte per ambiente e soddisfazione di esserci riusciti.

Data: 29 marzo 2008
Quota max: 3201
Partenza da: Pont Valsavarenche
Quota partenza: 1960
Dislivello: 1241
Zona: Valsavarenche
Difficoltà: BR

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