L'isola che non c'è..Niblè versante sud-ovest

Data 04/02/2008 | Categoria: Sci ripido

"Seconda stella a destra
questo è il cammino
e poi dritto, fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all'isola che non c'è."

Il viaggio:affascinante metafora della vita,percorso attraverso noi stessi,fatica di passi sempre diversi.Un viaggio nel cuore di una parete alta 1100 metri tra barre rocciose,canalini,pendii aperti sempre alla ricerca della soluzione che ti permetta di salire e poi scendere con gli sci in modo lineare. Intuizione,fortuna,casualità tutto questo insieme,se ben miscelato ti porta a 3343metri, ma non sei alla fine ,sei alla tappa intermedia.
Il viaggio inizia alle 19,30 di venerdì sera,quando ancora a Torino,lontano anni luce da casa,mi prende la stanchezza di una settimana che sta per finire e lo sconforto per i tempi ristretti nell’organizzarmi una gita che si preannuncia lunga, complessa e faticosa.
La mano afferra il telefono voglio dire ad Enrico che domani non ho voglia di avventurarmi lungo la sud ovest del Niblè,alla ricerca della “parete che non c’è”,troppe variabili:
la strada che non sappiamo se e fino a dove è sgombra,
la condizione della parete e dell’innevamento,
la ricerca di un itinerario complesso,
la capacità di salirlo e poi scenderlo senza scoppiare,
la meteo incerta.
Tutto ciò sarebbe più che sufficiente per stare a casa e rimandare la salita a domenica.
Ma Enrico domenica ha impegni famigliari e mi dispiace lasciarlo solo,costringendolo magari ad accodarsi ad una gitarella al Malamot (scherzoooo!)
Così spengo il telefono e mi ritrovo ancora alle 11 di sera ad affilare lamine e preparare lo zaino.
Alle 6,30 del mattino ad Almese,luogo di partenza di molti viaggi,troviamo il Griso con l’Apostolo Giorgio diretti al Malamot (ha,ha,ha) per la classica gita da “rapidisti”.
Saliamo con il fuoristrada di Enrico fino alle Grange Soulliere e già la prima variabile è sistemata,25 minuti di strada e siamo alle Grange della Valle,nevica,non si vede una mazza.
Il boschetto ci regala uno straterello di farina leggera scesa nella notte e che ancora scende,ci avviciniamo al canale che dovrebbe portarci verso destra nel cuore della parete.Ma il canale classico è magrissimo,con pietre affioranti e saltini scoperti di roccia.
Decidiamo di prendere il pendio canale successivo,ampio ed innevato,sperando che ci porti in parete.Il vento fa il suo giro,ma qui il giro è un vortice,martellati incessantemente a quota 2300 togliamo gli sci e calziamo i ramponi.
Oggi mi sento strano,il mio Karma è negativo,sono stanco,lento,il vento mi fa volare via la custodia dei ramponi,non spenderei un euro per scommettere sulla riuscita di questo sogno matto.
Enrico si mette avanti e comincia a tracciare,per molti tratti il vento cancella le sue tracce,anche se rimaniamo a breve distanza,il pendio ci porta dentro un canale,lo risaliamo tirando a destra,bella neve,panorama da favola.Usciamo ad un colletto,a destra vediamo un altro canale tra pareti imponenti collegato da un bel pendio,avanti,il ritmo comincia ad entrare,Enrico è un buldozzer,ma il vento è impietoso,ti toglie il respiro.Ancora una selletta,poi un pendio,poi un canale, andiamo di qui cosa dici? Mi sembra logico.Non ci sono discussioni,la sensibilità è la stessa,Enrico davanti va esattamente dove io vorrei,ogni tanto un breve conciliabolo,il vento insiste impetuoso, anche il poco the caldo che si riesce a bere diventa un mattone nello stomaco,le dita delle mani cominciano a indurirsi e diventano insensibili.Finalmente sbuchiamo sul pendio sommitale, sono quasi cinque ore che siamo partiti dalla macchina,e ormai quattro che abbiamo gli sci in spalla,alcune folate di vento mi fanno vacillare,nonostante non sia certo leggero.Il sole scalda nei pochi attimi in cui il vento cala,ci riempiamo di energia e di calore e ormai lentamente saliamo gli ultimi metri chi ci separano dal colletto a quota 3343.Sono stanco,lo stomaco sottosopra un freddo boia,la bollita alle mani arriva presto,prima una poi l’altra.Sono preoccupato per la discesa,ho bisogno di recuperare un po’ di energie,ma non possiamo fermarci troppo,visto il vento ed il freddo,sarebbe peggio.Poi lentamente nei minuti che precedono la partenza il vento cala,il sole riscalda, sono le 13,40 affronto le prime curve ancora un po’ stordito,lo stile ne risente,ma comincio a carburare,lo stomaco adesso apprezza il the caldo della cima e il cioccolato mandato giù a forza. I primi 150 metri hanno una pendenza sostenuta la neve è duretta,ma con un buon grip.
Cominciamo il nostro viaggi all’ingiù:ya du gaz,come dicono i francesi,siamo a picco sul Mariannina Levi,il vento è cessato,scalda bene,la neve è fantastica,ma prima di cessare il vento ha cancellato tutte le tracce di salita,così,nonostante i riferimenti presi ed un ometto costruito abbiamo bisogno in un paio di occasioni del conforto del gps di Enrico.
L’ambiente è semplicemente fantastico,unico,si scia seguendo la logica che ci ha permesso di salire,unendo pendii,canalini,aggirando salti di roccia,traversando e collegando pendii,le pendenze non sono sostenute,si scia rilassati e la neve aiuta. A seconda dei propri gusti si possono ricercare i pendii di trasformata o quelli dove il vento ha riportato quei 10,20 cm di farina su fondo duro.Le gambe sono affaticate,ma la sciata non è faticosa,verso la fine della parete il vento rompe la tregua e ricomincia impetuoso a fare il suo giro.Ma ormai siamo in basso,conoide in trasformata e per il resto a cercare le ampie zone dove il vento ha spazzato la neve della notte,lasciando il fondo duro,appena rammollito dal sole,arrivo a 20 metri dalla macchina sci ai piedi. Siamo tornati da questo lungo viaggio,sulle orme di Stefano De Benedetti,che nel 1983 inaugurò su questa parete la sua ricerca della “parete che non c’è” quella degli itinerari non prettamente sciistici,ma che possono essere scesi in sci solo in condizioni particolari e con una ricerca paziente delle linee di discesa possibili.Questa ricerca porterà Stefano a scendere tra le altre la ovest del Monviso,la nord del pizzo Cengalo e la cresta dell’Innominata al monte Bianco.
Noi siamo orgogliosi di aver affrontato umilmente questo itinerario(che risulta autonomo,rispetto a quello di De Benedetti,con cui ha in comune solo l’uscita),con lo spirito del grande maestro.
Adesso rimane il ricordo,le sensazioni provate, il diario di viaggio,il pensiero a quella stella,la seconda a destra che ci ha guidato lungo il cammino,ma forse le stelle erano più di una,ed avevano nomi che a noi risultano cari.

Monte Niblè 3365 m versante sud ovest:
“L’isola che non c’è”
4.3/E4 1100m max 45°
prima discesa:E.Scagliotti,E.Cardonatti 2/2/2008


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