Dufour (Luglio 1988)

Data 29/12/2020 | Categoria: Come eravamo

Alla Sattelhole, a quasi 4200 metri di quota, lasciamo gli sci, rimontiamo a piedi un breve pendio e siamo finalmente sulla cresta W della Dufour. Di fronte le pareti nord dei Lyskamm scintillano sopra il ghiacciaio di Grenz. Percorriamo il primo breve tratto nevoso, poi inizia la parte rocciosa, non sale molto ripida ma sembra lunga e la cima di qui non si vede ancora.
- Accidenti! - penso- ce n’è ancora un bel po’! ed è esposta, questa cresta, dovremo andare avanti uno per volta, facendo i tiri di corda, non siamo così abituati a muoverci su questi terreni misti…ci vorrà almeno un’ora per salire e altrettanto per tornare. Prima delle tre e mezzo quindi non saremo agli sci.-
La voce interiore mi rinforza nei dubbi sul proseguire o tornare indietro:
- “La prudenza non è mai troppa!”, mio caro, dice un proverbio-
- E già! Seguendo questa regola non si sarebbe neppure partiti! E poi, se vogliamo tirare in ballo i proverbi, allora “Chi non risica non rosica!”-
- Mmmh …qui però si rischia grosso e poi mi pare ci sia anche un altro detto popolare che dice:”Due precauzioni sono meglio di una”.-
- Questo non l’ho mai sentito, secondo me te lo sei inventato!-
- Mmmh… fai un po’ tu, ma terrei presente almeno il consiglio di Pitagora: “La prudenza è l’occhio di tutte le virtù!”-
- Ma Pitagora non era un matematico? E poi che c’azzeccano qui le virtù? Si tratta solo di camminare stando concentrati!-
Sono giù due minuti che guardo di qua e di là e cincischio a cavalcioni della cresta senza riuscire a prendere una decisione.
- Che fai?- chiede Andrea all’altro capo della corda.-
- Non so… mi pare più impegnativa di come me l’aspettassi. Però è veramente un peccato! Guarda che tempo! E’ bello stabile, ma se proseguiamo finisce che scendiamo troppo tardi, con la neve fradicia e ci perdiamo il bello della discesa...non dicono sia la più bella discesa delle Alpi? Qui però sarà difficile che ci torniamo! Tre giorni ci siamo presi per venire qui! E un tempo così! -
- Già , è un peccato!-
- Sono le due-
- Già le due?-
- Sì, le due e cinque. Torniamo giù?-
- Torniamo giù -
- Sei sicuro?
- No –
- Neanch’io-
Mentre perdiamo tempo a discutere, una coppia di francesi che ci ha raggiunti decide di tornare indietro.
Scendiamo anche noi, il sole splende sempre, lui l’impegno ce lo ha messo e ci accompagna ancora per tutto il Monte Rosa Gletscher fino alla Monterosahutte e pure il vento è altrove. Passiamo tutto il pomeriggio a bighellonare lì nei dintorni, a guardarci intorno, rimuginando sulla mezza riuscita che ci appare più come una mezza sconfitta ed aspettando l’ora di cena: avevamo previsto di tornare domani e così faremo, anche perchè il rientro in sci dal colle del Teodulo non è banale e per arrivare a Cervinia ci metteremo cinque o sei ore. Della cena non ricordo nulla, ma è normale, i pasti nei rifugi svizzeri non sono da chef. Tutte quelle ore di ozio pomeridiano alla Monterosahutte non mi sono bastate per convincermi che la scelta di tornare fosse stata quella giusta o se invece un briciolo in più di decisione ci avrebbe ripagato con la cima della seconda montagna più alta delle Alpi. E non è bastato neppure il giorno dopo e neanche tutti quelli successivi scorsi fino ad oggi a risolvere quel dubbio. Ma questo è ciò che accade nella vita anche in pianura, ogni volta che ad un bivio si prende una direzione: non si può mai sapere come sarebbe andata a finire se avessimo preso l’altra e il tarlo che sarebbe stato meglio ogni tanto si fa vivo.

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