Dome de Gouter (maggio 1982)

Data 27/11/2020 | Categoria: Come eravamo

Il Monte Bianco val bene una messa… e anche il giorno che segue! Così ci siamo presi il lunedì di ferie in modo da avere qualche possibilità di trovare posto al rifugio dei Grands Mulets, perché al sabato sera sarebbe impossibile, a meno di non prenotare con un mese d’anticipo o non si vada con una guida. Le previsione sono buone, ma il Monte Bianco è sempre imprevedibile. E’ maggio, ma fa molto caldo, l’asfalto di corso Giulio Cesare sembra già bollente come in piena estate, sono tutti in maniche corte e noi, con gli sci sulla Fiat 127 di Luciano sembriamo dei marziani. La funivia di Chamonix è stipata, ondeggia un po’ e sale verso le immense e tormentate colate bianche di ghiaccio del versante Nord del massiccio. Siamo affascinati e un po’ intimoriti: saremo all’altezza dell’altezza di Sua Altezza Le Mont Blanc? - Dai! lo siamo!: Paolo con bussola e altimetro è un mago, ci tira fuori anche nella nebbia, è istruttore alla SUCAI da quando aveva 17 anni! Io (modestamente!) ho gà fatto sei pareti Nord e sto pensando di fare lo Sperone della Brenva (modestamente!) e Luciano ed Elisa hanno anche loro anni di esperienza alle spalle...e poi ci sarà di certo una traccia profonda come una trincea, con tutti quelli che ci passano! L’unico problema sarà riuscire a dormire qualche ora e poi la quota...ma se qualcuno va sugli ottomila, vuoi che noi non si riesca ad andare a neanche cinquemila?! Speriamo solo che faccia bello!- La funivia ci scarica e le preoccupazioni si dissolvono appena partiamo: le jeux sont faits!-
E’ la prima volta che risaliamo il famigerato ghiacciaio della Jonction, sembra meno crepacciato di quanto si dica, probabilmente le nevicate invernali ricoprono ancora molti buchi e comunque gli sci danno molta sicurezza su questi terreni. Nel pomeriggio prendiamo il sole sul tetto del rifugio dei Grands Mulets, costruito sull’unico cucuzzolo roccioso in mezzo a un mare di ghiaccio e osserviamo il percorso di domani: saliremo fino al Dôme du Goûter
con gli sci e poi, se avremo forze sufficienti e il tempo sarà clemente, proveremo la cresta delle Bosses a piedi, lasciando gli sci alla Vallot perché non abbiamo nessuna velleità di scendere la Nord. La cresta delle Bosses è la via normale moderna anche per chi sale a piedi, perché quella originaria passava per il Corridor dal Grand Plateau, a destra del Mont Maudit, fino al colle della Brenva e di lì lungo la dorsale opposta alle Bosses, ma è stata abbandonata perché più pericolosa.
Decine di sci alpinisti stanno scendendo, ma nonostante ci sia molta meno gente di ieri, il posto che mi viene assegnato per dormire è un materasso sul tavolo nella sala da pranzo: non è neanche tanto male, solo un po’ corto per me, i piedi sporgono, ma ci sono abituato.
Alle due si parte con le pile frontali, all’inizio ci sono grandi seracchi e qualche ponte di neve da percorrere legati, non si capisce gran ché di quel che c’è intorno, poi la traccia è più agevole e arriviamo senza nessun patema al Dôme. Il tempo però si sta guastando e il vento è forte. Non stiamo nemmeno a pensarci su e dalla Vallot scendiamo subito fin che si vede qualcosa. Le nubi per fortuna rimangono in alto e possiamo goderci la discesa e lo spettacolo grandioso in cui ci troviamo. Un seracco triangolare superato al mattino poco sopra il rifugio assomiglia ad un grande formaggino caduto: si passa uno per volta, poi sullo stretto ponte di neve ci si lega e infine siamo nuovamente al rifugio.
La cima è sempre nelle nuvole, ma siamo più che soddisfatti di questo primo approccio con il Monte Bianco… e poi non siamo così vecchi, potremo tornarci un’altra volta! Certo, Coolidge a 19 anni aveva già scalato il Bianco due volte per due vie diverse e in condizioni ben più severe e Alessandro Magno alla nostra età aveva già conquistato tutta l’Europa e metà dell’Asia…L’importante è che ognuno sopravviva alle proprie ambizioni!

Diversi anni dopo ci sono tornato, in una giornata di tempo bellissimo, a piedi e per un diverso percorso. Ho dato la mia Exacta a Giorgio perchè mi scattasse una foto sulla vetta, ma non è venuta bene perchè ho sbagliato ad impostare il tempo di esposizione a causa della consueta mancanza dell’esposimetro. Riguardando ora quella fotografia è curioso che la linea curva della cima sia una perfetta parabola rovesciata con il vertice tangente esattamente alla linea dell’orizzonte.

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