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Varie : Gaspard de la Meije
Autore: vecchiomio (Notizie dello stesso autore)
Notizia inviata il: 19/05/18 15:22
Notizia riferita al: 19/05/18
Letture: 694

A guardarla dal vallone degli Etançons, con il suo profilo dentellato contro il cielo, la Meije assomiglia ad un gigantesco e rozzo pettine: è per questo che gli abitanti di Saint-Christophe-en-Oisans e di La Berarde la chiamano da sempre “Le Peigne” (Il Pettine) e il Gran Pic, che svetta più in altro degli altri denti, Bec du Peigne”. L’appellativo “La Meije”, ormai affermatosi definitivamente, fino all’ottocento era lasciato agli abitanti di La Grave, sul versante Nord-Ovest, da cui si ha una visione più schiacciata e monolitica della montagna. Ad ogni modo la conquista alpinistica della Meije o Bec du Peigne che dir si voglia, avvenuta nel 1877, ha rappresentato per i Francesi motivo di grande orgoglio perché si è trattato di un successo raggiunto da una cordata guida-cliente tutta francese, che vinse la corsa alla prima ascensione contro famosi ed agguerriti competitori stranieri ed in particolare contro l’onnipresente W. Coolidge -americano stabilitosi in Gran Bretagna- con le sue fidate guide svizzere Almer padre e figlio e la terribile Marguerite "Meta" Brevoort, zia di Coolidge, bramosa di rifarsi dopo essere stata battuta sul tempo dall’inglese Walker nella prima femminile al Cervino. La prima salita fu realizzata lungo lo sperone del Promontoire e per il Glacier Carré, dal versante roccioso e soleggiato degli Etançons, laterale della valle del Vénéon, luoghi nei quali Pierre Gaspard per i primi quarant’anni della sua vita aveva esercitato esclusivamente l’attività di montanaro povero e quella di cacciatore di camosci, fino al giorno in cui un giovane barone di Montpeiller, Boileau de Castelnau, arrivato in quelle sperdute contrade alpine, lo convinse a fargli da guida. L’impresa avvenuta il 16-17 agosto del 1877 con non poche difficoltà compreso un bivacco in condizioni pressoché invernali, destò tanto stupore che Coolidge volle verificare personalmente se quella salita fosse stata effettivamente compiuta lungo il repulsivo versante degli Etançons e per di più da uno sconosciuto giovane alpinista e da un altrettanto ignoto e anziano montanaro improvvisatosi guida e così l’anno seguente volle ripetere personalmente quella salita: arrivato in cima al Gran Pic non poté che constatare la presenza di due giganteschi ometti di pietra che Gaspard padre e figlio avevano eretto - nonostante l’urgenza di scendere rapidamente a causa del tempo minaccioso- a prova del raggiungimento della vetta, per sgombrare il campo dai dubbi che certamente molti avrebbero avuto.
Quella salita fu talmente significativa per l’alpinismo francese che il nascente Club Alpine Français volle che nello stemma del sodalizio fosse raffigurata proprio la Meije (così come appare da La Grave, non dal versante della prima salita).
Quanto a Gaspard, o “le pére Gaspard” come lo chiamavano in valle, che all’epoca della prima salita alla Meije aveva già 43 anni, quell’ascensione gli cambiò la vita: da valligiano poverissimo, senza terra sufficiente a nutrire i numerosi figli e neppure l’unica vacca che possedeva, figlio di un pastore transumante provenzale stabilitosi per amore a Saint-Christophe-en-Oisans, divenne improvvisamente quasi benestante, famoso, ricercato e ben pagato come guida dai ricchi turisti inglesi, tedeschi e americani che volevano salire sulle vette degli Ecrins. Con Henri Duhamel, tra i fondatori del Club Alpino francese e pioniere dello sci, fece nel 1878 la prima ascensione del Pic che prese il suo nome e aprì nel 1880, ultracinquantenne, una via sulla Sud della Barre des Ecrins e nel 1885 una nuova via alla Meije dalla Brêche. Continuò ad esercitare il mestiere di guida fino a quasi ottant’anni e si spense nel 1915 nel villaggio dov’era nato, S.Christophe, quando ormai da molti anni non lo chiamavano più “le pére Gaspard”, ma “Gaspard de la Meije”.

L’incontro tra Gaspard e il barone Emmanuel Boileau di Castelnau e le ultime fasi dell’arrampicata con l’arrivo sulla cima dei tre uomini (Gaspard, il figlio Pierre con funzioni di svogliato portatore e Castelnau) sono qui di seguito narrati, tradotti dal libro di Isabelle Scheibli “Le roman de Gaspard de la Meije”, che ricostruisce in forma romanzata, ma sulla base di documenti storici e interviste a guide alpine e parenti dei protagonisti, le vicende epiche di quella prima salita.

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Saint Christophe-en-Oisans. Estate 1876

…."-Signor barone, ecco Pierre Gaspard, di cui vi ho già parlato-. Poi rivolto a Gaspard:
- Il barone Emmanuel Boileau de Castelnau!- Joseph e Gaspard salutano in contemporanea,
levandosi i cappelli con deferenza. Ma il giovane barone tende loro la mano, in un gesto amichevole
che cancella la differenza di status sociale.
- Onorato di conoscervi!... mi hanno detto, Gaspard, che siete un abile cacciatore!-
Parla come se lo conoscesse da sempre. -Oggi non siete a caccia?-
Allora Gaspard, con un tono solenne:
- Non di domenica, signor barone.- Teresa, la moglie, non vuole che lui se ne vada ingiro per le montagne, perché la domenica è il giorno del Signore e ci tiene che sia rispettato. Lui per compiacerla si piega a questa regola, tranne qualche volta, quando l'occasione è troppo irresistibile. Il barone parla con vivacità, dicendo quanto lo invidia per quella sua possibilità di percorrere libero la montagna e di conoscere le grandi altezze. Gaspard lo ascolta e vede il suo entusiasmo traboccante, anche se usa parole sono misurate. Quel giovane emana una forza interiore, qualche cosa di determinato e irriducibile dietro alle pupille nere, nonostante una nuvoletta vaga che fluttua al bordo dell'occhio. E’ la nube della giovinezza che sa anche senza conoscenza. Gaspard vede tutto questo e sente frasi che suonano equilibrate e pensa:
- Ecco un uomo di valore- Tuttavia se ne sta silenzioso, non si fida dei signori di città,portano sempre complicazioni e problemi. Anche se questo tizio sembra un bravo ragazzo. Il giovane continua:
- Sapete, anch'io vado a caccia... potremmo portare i nostri fucili durante le nostre gite, se vuoi siete d'accordo! Gaspard pensa che comunque è uno che parla più di quanto sappia e gli risponde in tono brusco:
- La caccia in montagna non è una cosa facile, bisogna avere buone gambe…-. Ma il barone con gli occhi che brillano dice:
- Veramente ho già cacciato qualche volta, nelle Alpi, non lontano da Chamonix... il camoscio, la volpe e ho anche inseguito le tracce di un orso per ben due giorni.
Sfortunatamente non l'abbiamo trovato-. Quella voce non si arresta, è una voce vibrante di passione per la caccia. Gaspard, che aveva già fatto qualche passo per congedarsi, si ferma e guarda il barone dritto negli occhi e vede quei suoi occhi senza contorno, occhi che si impongono a lui stesso e agli altri e quel grande naso diritto e le labbra carnose grosse sotto i baffi curati. La parte inferiore del viso è quella di un bambino, morbida, le guance simili a quelle di un lattante, ma il naso è diritto e affilato e lo sguardo è imperioso e risoluto, quello di un uomo.


16 agosto 1877

In quattro- Gaspard, il figlio Pierre come portatore, il barone Castelnau e il claudicante Joseph (1)- Hanno risalito in piena notte il vallone degli Etançon e alle prime luci dell’alba hanno attaccato la cresta del Promontoire che conoscono bene per un loro recente tentativo. Grazie ad una corda fissa lasciata quella volta, risalgono velocemente anche la placca molto liscia e ripida che allora aveva rappresentato l’ostacolo maggiore.
Dinanzi a loro la parete si fa meno ripida. Si trovano su una cresta affilata che domina da una parte il piccolo “Glacier Carré”, sospeso a metà parete, e dall’altra precipita sulla valle di La Grave. Allora si fermano muti di stupore, mentre una specie di ovatta bianca nasconde a tratti il fondovalle. Senza indugiare molto, raggiungono il ghiacciaio proprio al di sotto di loro, vicinissimo, possono appoggiarvi i piedi finalmente. Senza pronunciare una parola osservano quel lembo di neve simile ad un grande drappo bianco steso sulla montagna ad asciugare e su quel lenzuolo di neve nessuna traccia d’uomo, nessuna impronta d’animale, nessun piede al mondo si è mai posato. Dai loro occhi scendono lacrime di commozione, perché tutto è così perfetto ed incredibile. Allora Gaspard per rompere la forte emozione che strozza loro la gola, dice:
-Non è poi così piccolo come sembrerebbe visto dal basso!-
Di fronte, dall'altro lato del ghiaccio sospeso, si ergono possenti e repulsive le rocce del Gran picco. Nuvole si accavallano alla base e lo attorniano, tutto è stupefacente, immenso, a questa altezza dove si trovano. Sono i primi osservare queste cose che Solo Dio e gli uccelli fino ad ora hanno visto, sono loro a portare il primo sguardo d’uomo ad accarezzare queste solitudini selvagge ed essi guardano con tutta l'intensità consentita ai loro occhi. Dinanzi a loro tutto è bianco, perfettamente liscio e mai esplorato. Castelnau, fatica a parlare, ma pronuncia qualche parola: - Ecco la prova che Coolidge non è passato di qui…”
Legati in cordata affrontano il ghiacciaio Carré. Gaspard è davanti, incide i gradini nella neve dura per appoggiarvi i piedi in sicurezza: non è difficile, ma bisogna fare attenzione a non scivolare, perché la pendenza è forte, se si cade si finisce sul bordo del ghiacciaio e da lì si precipita nel vuoto, senza alcuna speranza di salvezza. Ma loro non ci pensano, camminano sulla neve salendo lentamente e raggiungono il limite del ghiacciaio, dove Gaspard è costretto a rallentare perché deve incidere le tacche nel ghiaccio vivo per uscire e mettere piede sulle rocce alla base del Pic de La Meije. La piccola breccia domina la valle della Romanche e costituisce lo sbocco di un vertiginoso couloir di ghiaccio vivo che incute timore solo a guardarlo. Pierre si affaccia al di sopra di questo imbuto gelato che precipita nel baratro ed esclama:- Sacrebleu…! è veramente ripida la parete Nord! Gaspard la esamina a sua volta e commenta: -In ogni caso di lì non si sale!-. Restano un momento a contemplare quel versante immenso che sfugge sotto i loro piedi, ma ecco che le nuvole si affollano intorno e poi si diradano improvvisamente ed appare il villaggio di La Grave con le sue case e i suoi campanili e poi l'hotel al bordo della strada. Davanti all'edificio si vedono molte vetture parcheggiate. Allora Pierre dice: - Credete che ci vedano da La Grave?-.
Gaspard risponde:
- Sono troppo occupati a discutere se la Meije si può scalare da Sud o da Nord!-
Ormai immensi cumuli bianchi hanno formato una fitta cortina ed essi si sentono ancor più isolati, schiacciati su questa immensa montagna che non hanno ancora finito di scalare e che si erge ancora, irriducibile, sopra di loro. Il cielo si è fatto minaccioso , lunghe sciarpe cotonose scivolano lungo le rocce e risalgono i canaloni. E lì, al centro di quel mondo ignoto, di quel caos di picchi e nuvole sfilacciate, si libra un uccello, avanti e indietro. Gaspard lo vede e riconosce il corvo bianco che ha già incontrato due volte, la prima con l’amico Salomone, il giorno che è precipitato dalla parete, la seconda con Dahumel.
E’ sempre lo stesso corvo che volteggia sul Bec du Peigne, come se fosse il suo guardiano. Grida e strepita e Gaspard si domanda se li stia incoraggiando a proseguire o se li voglia fermare. Continuano a salire e si avvicinano alle rocce scure,ormai prossimi alla cima. La montagna sembra concedere loro una tregua, si lascia scalare, si direbbe che sia vinta, che si abbandoni senza più opporre difese. Gaspard trema perché tutto procede bene, la roccia è solida e facile, non può credere di essere così vicino alla vetta, gli sembra un sogno, la sua gioia è incontenibile, ma sa anche che il Peigne è un nemico terribile e che bisogna temerlo fino alla fine. Il cielo ha assunto un colore cupo e minaccioso, con le nuvole che si accalcano e il vento che sferza a raffiche: senza dubbio sono le ultime armi di difesa del Bec che si sono unite per resistere, ma essi adesso non hanno più paura, sanno che la vittoria è in pugno, poco sopra di loro e nient'altro a questo mondo ha importanza. Ma ecco che improvvisamente le rocce si fanno più verticali, si direbbe che si piegano all'indietro. Gaspard tenta di alzarsi, ma non trova più nulla per le mani, non si può tenere in equilibrio:
-Non si riesce a procedere, signore!-
Il giovane barone tenta a sua volta di lato, si alza di un metro ma poi non riesce a continuare
Il giovane tenta a sua volta di lato, si alza di un metro ma poi non riesce a continuare
La roccia è troppo liscia, arrotondata come una guancia, così che la suola chiodata gratta la roccia senza fare presa.
-E’ proprio straziante essere arrivati così vicino alla cima e dover rinunciare... Provate voi Pierre, salendo sulle mie spalle. E’ una grande volontà quella che spinge Il barone verso la cima che vede la proprio sopra di lui e che oppone il suo ultimo rifiuto agli alpinisti. Allora Pierre si arrampica a sua volta, titubante e senza entusiasmo. Gaspard e Castelnau lo sorreggono sulle loro spalle, così che riesce a salire uno o due metri, progredendo con grande difficoltà finché si blocca. Allora Gaspard lo chiama:
- Pierre, tutto bene?-
-Non posso più né avanzare, né retrocedere... sto per precipitare!-
Gaspard gli urla:
- Non mollare, buon Dio! Arrivo ad aiutarti!-
Così dicendo parte senza precauzioni, sale sulle spalle del barone e poi si tira con tutte le forze. Impugna una delle galosce di Pierre all'altezza della testa e l’appoggia sulla spalla, dopodiché con cautela guida l'altro piede dentro una fessura, un buon appoggio su cui Pierre si ristabilisce solidamente. Ma il giovane è preso da un tremito incontrollabile, le mani stentano a tenere le prese, le scarpe gli scivolano sulla roccia. Allora Gaspard lo afferra saldamente e lo trattiene per un istante, tutto contratto contro la parete: formano uno strano mucchio: il giovane barone curvo sotto il peso di Gaspard e questi teso per lo sforzo di trattenere il figlio sospeso al disopra del vuoto al limite della caduta. Con grande fatica riescono finalmente ad uscire da quella infelice situazione in cui si sono cacciati e arrivano ad un punto in cui la montagna lì ferma. Pierre trema sempre più convulsamente a causa della grande tensione che ha sopportato, è pallido e scoppia a piangere. Anche Gaspard è scosso, allora estrae dallo zaino una boccetta di cordiale e la porge al figlio:
-Tieni, ti farà bene-.
Anche il giovane barone ha avuto una bella paura, vedeva Già Pierre precipitare nel baratro, fino al ghiacciaio degli Etançons. Allora con una voce flebile:
-Forse faremmo meglio a scendere…-.
Il freddo s’è fatto intenso, brandelli di nubi che filano veloci, sospinte da un vento violento, li hanno avvolti.
Ognuno beve qualche sorso di grappa e dopo essersi ripresi iniziano la discesa, con grande cautela perché hanno sono molto stanchi. Gaspard brontola furiosamente, parole sono incomprensibili rivolte al Bec du Peigne che li sta respingendo. Non riesce a rassegnarsi e d’un tratto decide di fare un ultimo tentativo. Si sposta sull’altro versante, lato ghiacciaio Tabouchet, sopra lo sfuggente scivolo Nord. Cerca sul fianco un punto debole, con la stessa rabbia che più in basso qualche giorno prima gli aveva fatto superare la placca liscia sopra la “pietra umida”.Sente che anche questa volta con la volontà e la forza riuscirà a vincere la Meije. Il Barone è inquieto.
-Siate prudente, mi raccomando!-.
Lui non risponde, stringe i denti e inizia ad arrampicarsi. Si sposta a sinistra, ancora su forti difficoltà e progredisce lentamente con grande fatica: sa che sarà l’ultimo tentativo. Spende le ultime energie e riesce a mettersi a cavalcioni su un blocco aggettante.
- Ho un piede nel Vénéon e un altro nella Romanche!-
E’ proprio sopra un couloir ghiacciato che fugge verso l’abisso, ma lui non ci fa più caso, guarda solo la cima, protesa tra le nubi. Sale, come in trance, in un impeto di euforia finché sente i piedi proprio sulla cima della Gran Meije e lancia un grido liberatorio verso il cielo che lo avvolge e che l’unico testimone di quel momento. Poi si sporge verso i due compagni poco più sotto :
- Ci siamo, signore, sopra ci sono solo le nuvole!-.
A loro volta si arrampicano su quegli ultimi metri fino in cima. Alzano le braccia al cielo e urlano la loro euforia che sembra spaccare i loro cuori. La contentezza è troppo forte perché possano contenerla, così sborda e si fa risata, si congratulano e si abbracciano. Gaspard li guarda con un mezzo sorriso e dice:
- Non saranno degli stranieri a mettere piede per primi qui sul Bec du Peigne!"

Nota (1) Nel romanzo Joseph si ferma poco prima del Glacié Carré. Si tratta probabilmente di un'invenzione della scrittrice e del regista da cui è tratto il libro: sembra infatti improbabile che la salita, già al limite delle possibilità di quel periodo, fosse affronata da un uomo fortemente impedito nell'uso di una gamba.
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Traduzione da :
Isabelle SCHEIBLI.Le roman de Gaspard de la Meije. Edition Glenant. 2005
Prima ed. 1984, Didier-Richard
Film "Gaspard de la Meije", soggetto di Bruno Gallet e Isabelle Scheibli
https://fr.wikipedia.org/wiki/Pierre_Gaspard#/media/File:Emmanuel_Boileau_de_Castelnau_et_Pierre_Gaspard.jpg

[i]Saint-Christophe-en-Oisans. Pierre Gaspard al centro e il barone Emmanuel Boileau de Castelnau a ds.


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