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Varie : Il telefono della borgata Grasso
Autore: Beppe46 (Notizie dello stesso autore)
Notizia inviata il: 22/04/17 19:24
Notizia riferita al: 22/04/17
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Il telefono della borgata Grasso

La salita alla borgata Grasso, situata nel comune di Perrero, sulla destra orografica del torrente Germanasca, all’altezza del ponte Raut, è un viaggio nei ricordi dell’infanzia. “Beppe e Caterina abitano al Grasso”, al “Gras”, in piemontese, mi diceva mia madre aggiungendo: “Certo che scendere per la spesa e risalire al Gras è una bella fatica”. Nella mia testa di bambina il Gras era qualcosa che sicuramente aveva a che fare con un uomo di peso e trovavo curioso il fatto che Beppe e Caterina abitassero in un luogo così. E pensavo anche che quei due, sempre gentili con me quando li incontravo in chiesa dove si recavano tutte le domeniche, con qualsiasi tempo ed in qualunque stagione, dovevano proprio essere stregati da quel “gras” per poter vivere in un posto più comodo per la chiesa e per la spesa. Mai ero stata in quella borgata e non mi ricordo se avessi mai chiesto a mia madre di farmi salire sin lassù. Forse era la paura di dover incontrare il “gras” a far si che la mia curiosità si limitasse a porre poche domande su questo luogo che aveva dei simpatici e gentili abitanti .
Parcheggiata l’auto vicino al ponte Raut, si trova con facilità il cartello stradale che indica la borgata che si raggiunge percorrendo un sentiero magnificamente conservato, come si intravede tra i cumuli di foglie secche accumulate dal vento. Chissà quante volte Beppe e Caterina hanno percorso questa mulattiera, unico collegamento con il fondovalle. Prima di arrivare alla borgata, oramai completamente disabitata, un lunghissimo muro a secco scende lungo il pendio. Parte da un angolo retto di pietre che pare indicare la continuazione di quella muraglia anche lungo il sentiero. Il pensiero che prende è quello di una immensa zona fortificata, con muri a secco che certamente erano le opere difensive del regno del “gras”.
Poi finalmente il Grasso mi accoglie con un’insegna telefonica di altri tempi e resto sconcertata poiché penso che al “gras” serva telefonare perché vuol sapere perché Beppe e Caterina non sono più tornati. Ed è il loro ricordo che mi riporta alla realtà. Quei due hanno vissuto qui tutta la loro vita , nel silenzio di un’esistenza condivisa, nel lavoro e nel senso del dovere. Sicuramente allora il bosco non aveva preso il sopravvento come ora ed i prati ancora belli erano una grande risorsa.
L’insegna del telefono, che mi ha stupita all’arrivo, ha una sua storia. Se la strada, quella per farci passare le auto, non poteva arrivare al Grasso perché l’asperità dei versanti non lo consentiva, almeno ci doveva arrivare il telefono per le emergenze di quei pochi residenti. Questo era il pensiero del sindaco di quegli anni, una donna, che con determinazione e coraggio negli anni ottanta del secolo scorso fece costruire un’ardita linea telefonica che mise in collegamento il Grasso con il mondo. Sono poche le case che formano la borgata. Chissà qual era la casa di Beppe e Caterina ? Forse quella con le ringhiere lavorate con precisione e con garbo perché l’esistere, il vivere, richiede anche questo, l’eleganza del particolare. Una catasta di legna seccata dal lungo tempo trascorso ma ancora ben sistemata, una fontana di pietra che sopporta il gelo dell’inverno, rovi e more che paiono voler sostenere pietre stanche, alberi piegati dagli anni, questo è ciò che rimane del Grasso insieme al ricordo delle vite che qui sono sbocciate, cresciute e poi andate, perché questo è il patto che lega l’uomo alla sua esistenza.
Tratto da: “Val Chisone terra bella”.




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