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Varie : LESSICO ALPINO. 2
Autore: vecchiomio (Notizie dello stesso autore)
Notizia inviata il: 18/05/16 22:48
Notizia riferita al: 18/05/16
Letture: 807

Alpinista
La definizione che ne danno i dizionari non rende conto della varietà tipologica compresa in questo termine generico. Infatti, al di la dell'apparenza esteriore che accomuna tutti i bipedi che vanno in giro per le montagne senza essere costretti dai doveri del margaro o del contrabbandiere di sigarette d'altri tempi, nel corso degli ultimi due secoli si sono evolute e diffrenziate decine di tendenze: quella eroica, quella vagamente suicida (Lammer),quella sportiva, quella goliardica, quella scialpinistica, i cascatisti, i ripidisti, i free riders, i solitari, gli estremi, gli himalaisti, i telemarkisti ecc. ecc. Ho persino saputo di uno che tutti i giorni (dicono proprio tutti!), estate, inverno, autunno e primavera, con la neve o col sole o con la pioggia sale sul Tobbio, cima dell'appennino alessandrino da cui si vede il mare: vorresti dirmi che non appartiene anche lui alla cerchia degli alpinisti? Con l'autorità propria di chi non deve rendere conto a nessuno lo nomino qui ed ora alpinista honoris causa, anche se sul Tobbio si sale lungo una mulattiera. Ciascuno ha il suo modo personale di interpretare la montagna e persino di inventarsi una strada per non impazzire e di salvarsi la vita. Tutto il resto a proposito di alpinisti si trova nei libri o, per chi è pigro e non ama leggere, si vede su Youtube, anche se quel che appare nei filmati non è esattamente cio che è.

Scialpinista
E' la versione invernale-primaverile dell'alpinista. L'abbigliamento dello scialpinista è abbastanza tipico, tecnico-modaiolo ed accomuna tutti gli appartenenti a questa sotto-setta e li omologa, rendendoli, per qualche ora almeno, fratelli, non essendo possibile distinguere provenienza, lignaggio e status sociale, così che l'industriale batte la traccia al disoccupato, il bancario chiacchiera con il banchiere, l'anarchico simpatizza con il militante ciellino. Lo scialpinista classico di solito ama cambiare meta ogni domenica, scoprire sempre nuovi percorsi, nuovi punti di vista sulle montagne che conosce a menadito, esplorando ogni valletta, cimetta, colletto. Per la verità ci sono anche i sostenitori del "repetita juvant" secondo i quali ogni volta è nuova.
La velocità non è per lui essenziale, solo un elemento in più per la sicurezza, anche se in cima guarda l'ora e calcola quanto ci ha messo a salire. In giugno va incontro, come certi volatili, rettili e altri mammiferi, al fenomeno della muta: dismette l'ARVA, gli sci, le pelli, gli scarponi coi buchi in punta e indossa vestiti più leggeri, propri dell'escursionista o dell'alpinista estivo, ma ha sempre un occhio attento rivolto a valli e pareti, che studia e sulle quali disegna tracce sciistiche immaginarie. Ad ottobre scruta sempre più insistentemente il cielo e legge tutti i bollettini meteo, in particolare quello della Val d'Isére, per capire se può andare lì senza distruggere le solette testé rifatte. Alla prima modesta nevicata novembrina è colto dall'euforia tipica dei bambini del primo dopoguerra, quando la mamma comunicava loro che avrebbe fatto gli gnocchi o le frittelle di mela (quelli d'oggi non so se hanno momenti d'euforia e per cosa). Così non resiste alla tentazione e parte, nonostante la neve caduta non superi i 12 centimetri e non basti certo a coprire le pietre affilate come denti di pescecane che costellano ogni luogo.Non impara mai, ogni anno commette lo stesso errore e a mezzogiorno guarda e tocca sconsolato i solchi e i riccioli plastificati che adornano le solette appena rifatte.


Tutina
Termine gergale utilizzato dallo scialpinista classico incallito, refrattario alle innovazioni e alla democrazia in montagna. Ha un significato vagamente dispregiativo, nato da un senso di invidia per le strabilianti prestazioni sportive della tutina. Il termine deriva ovviamente dall'abbigliamento superleggero degli scialpinisti competitivi, che indossano tute aderenti sottilissime e colorate, tali da mettere in mostra la possente muscolatura degli arti inferiori. La tutina quando non gareggia frequenta itinerari classici concatenando più volte la salita e la discesa, sorpassando i lumaconi che sono partiti due ore prima e arrancano con l'occhio vitreo e la bava alla bocca. In un momento la tutina è lontana, già sotto il pendio finale, un puntino che sale veloce sul bianco della neve. Essa non necessita dei tipici ammenicoli che appesantiscano lo scialpinista tradizionale, quali pile, berretto di lana, moffole, pala, sonda, ARVA, GPS, macchina foto con tele, antipasto Galfrè, tubo di pasta d'acciughe, Guida dei Monti d'Italia, piumino, telo spaziale, piccozza, ramponi,rampant, pinze,cacciavite, accendino, coltellino, colla per pelli, scotch adesivo, biro, matita, scaldamani, scaldapiedi, fil di ferro e zaino di scorta. Alla tutina bastano la sua tutina, gli sci, le pelli (tagliate a metà nel senso della lunghezza e accorciate di 30 cm in coda, bastoncini da fondo, 1/4 di l. di bevanda energetica e un dattero tagliato a metà. Quando invecchia la tutina diventa "ibrido" (vedi sotto) e poi scialpinista o forse semplice spettatore, turista, esperto.

Ibridi
Tra gli estremi dello scialpinista tradizionale e la tutina si sono evolute forme intermedie di sciatori alpinisti nei quali si mescolano le due tendenze. Al momento sono troppo variabili per darne una descrizione.

Valanga
Come la faccia insospettabile e sorridente dell'assasino seriale, la valanga si nasconde sotto la coltre liscia di neve, invitando al passaggio e alla serpentina. Sonnecchia per giorni, con i suoi trilioni di trilioni di di cristalli proteiformi in pancia. Nel pendio che la custodisce ribollono le forze misteriose di cui abbiamo cercato di capire qualcosa a scuola: la forza di gravitazione, la tensione superficiale dell'acqua, l'attrazione molecolare e ad un certo momento, imprevedibile, come una gomma che scoppia o un quadro che crolla perchè il chiodo che lo reggeva da vent'anni decide che deve uscire dal muro proprio in quel momento, la superficie si frattura e viene giù...Dice:" No, era prevedibile, c'era stato vento forte da Nord", "Era troppo tardi, faceva troppo caldo", "C'era troppa neve, bisognava stare nel bosco", "Se l'è cercata", "Meglio che finire in un letto d'ospedale con le cannule nel naso e pisciarsi addosso" . C'è rimasta sotto gente che aveva scritto manuali sulle valanghe. Ho anche letto:"Era uno dei massimi esperti, ma la montagna non lo sapeva".

Sci da scialpinismo
Oggetti atti a scivolare sulla neve, sia in salita, grazie alla forza muscolare, sia in discesa, a mezzo della forza gravitazionale. Per quanto abbiano subito nel corso del tempo molte innovazioni tecnologiche, hanno conservato la loro linea esteriore immaginata e sperimentata fin dai tempi preistorici nelle lande gelate della Lapponia da un arguto ominide. Attualmente si realizzano con un’anima alveolare in legno a bassa densità che li alleggerisce moltissimo. Hanno però anche un’anima propria, metafisica come tutte le anime umane, che sulle nevi crostose prende il sopravvento sulla volontà dello sciatore medio ed impedisce ai due elementi, il sinistro ed il destro, di seguire tracce parallele che dovrebbero incontrarsi all'infinito, facendole invece divergere o convergere con effetti disastrosi e a volte traumatici sul bipede che ne ha sottovalutato la loro autonomia e che il venditore ci ha tenuto nascosto.

Morte
Noi abbiammo qualche possibilità in più di uscire di scena prima degli altri, quelli che al sabato o alla domenica mattina dormono fino a tardi, oppure si alzano presto ma mettono a posto le mille pecche che una casa normalmente ha. Chi va in montagna rischia di finire fuori strada all'alba, nella nebbia della pianura di Carmagnola, di addormentarsi sulla strada del ritorno per troppo sonno, di incrociare un sasso che lo aspettava da sessant'anni proprio in quel punto preciso del Globo, di scivolare su un velo di ghiaccio trasparente come cristallo di Boemia, di rompere un ponte di neve, di staccare una valanga e pensare in un lampo "allora è così che succede", di finire in un buco di un canalone innevato dentro l'acqua gelida che scorre sotto, che neanche i pesci amano. Il rischio si può quasi azzerare, ridurlo al viaggio in auto, ma...siamo alpinisti o caporali?
Ci si pensa un po' più spesso degli altri, alla morte, non foss'altro al modo più sicuro per starne alla larga, perché ci piace molto bere e mangiare ed altre cose che allietano i giorni, e perché sappiamo quel che si direbbe dopo (a ragione): che è stata, almeno un po' (il "quanto" è molto soggettivo, ma "almeno un po'" non ce lo toglierebbe nessuno) anche colpa nostra.
E poi, salvo eccezioni, non siamo isole, e la nostra morte non è mai un fatto privato. Possiamo anche decidere che il rischio alto vale la pena, ma non possiamo nasconderci che a volte mettiamo in gioco una posta che non è tutta e solo nostra, perché puntiamo al gioco che ci siamo scelti anche qualcosa che altri, soprattutto penso ai figli piccoli, ci hanno consegnato in pegno. Se mi fosse capitato anni fa, per loro sarei stato di sicuro un traditore.

Responsabilità (vedi morte)


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