Giovannino
“Chissà quanto è bello vedere il panorama dal treno”, pensava Giovannino guardando la locomotiva che lenta correva nella valle distesa ai suoi piedi.
“Chissà se un giorno riuscirò a salirci anch’io su quel treno… Mi piacerebbe andare sino a Giaveno, a Orbassano, magari addirittura sino a Torino per vedere il re”, disse Giovannino alla Nerina, la sua vacca preferita.
Erano al pascolo sulla Pietraborga, come tutti i giorni, quel 29 luglio 1915. Adesso che la scuola era finita, Giovannino stava sulla montagna con la piccola mandria che i suoi genitori gli affidavano. Stava lì dal mattino presto sino al tardo pomeriggio, quando rientrava per aiutarli a mungere le bestie, sazie dell’erba e dei fiori profumati che nascevano su questa altura tra Trana, Sangano e Piossasco.
“Chissà se il treno va sino in America?”, pensò Giovannino sedendosi con il suo fagotto di polenta e toma sul pianerottolo di pietra da cui si godeva la panoramica migliore, guardando il vapore del trenino che s’alzava sino al cielo e ascoltando il suo fischio risuonare tra le antiche pietre che lo circondavano.
“Chissà se devo ancora studiare tanto alla scuola delle Prese per poter andare in America…Mi piace imparare a scrivere e a far di conto, ma forse non mi serve mica tanto se poi devo solo continuare a mandare avanti la cascina di mamma e papà”, disse ancora Giovannino alla Nerina, che gli rispose con un muggito.
Chissà se nel linguaggio delle vacche quel verso volesse suonare come un avvertimento a non sedersi troppo sul bordo della pietra, a non sporgersi troppo in là per guardare il trenino che scompariva dietro la curva, a non pensare troppo all’America…
Giovannino fu trovato da suo papà che era già notte. Alla luce delle lampade a petrolio, lui e i due vicini di casa, vedendo tornare la Nerina e le altre vacche senza il piccolo Giovannino, erano usciti di casa, chiamandolo a gran voce lungo il sentiero che dalle Prese porta alla Pietraborga.
Lo trovarono in fondo ad un dirupo, con vicino il fagotto di polenta e toma e i sogni infranti dei suoi 10 anni.
Tratto da “Narrativa” 3confini.it