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C'era una volta : Un uomo libero
Autore: Beppe46 (Notizie dello stesso autore)
Notizia inviata il: 30/10/11 20:15
Notizia riferita al: 30/10/11
Letture: 1971
C'era una volta

Un uomo libero

La storia che vi sto per raccontare è quella di una persona particolare: il suo nome era Libero Manfroni, ma tutti lo chiamavano “Barba”. E vi posso dire che molte delle cose che lo riguardano non le ho lette su di un libro o me le ha dette qualcuno, ma me le ha raccontate lui stesso, perche Barba l’ho conosciuto personalmente, eravamo amici e alcune volte ha anche mangiato a casa mia, a Pratovigero, quando per un po’ si trasferì da quelle parti per portare giù legna dalla montagna con i suoi muli.
Poi si trasferì dalle parti di Villar Focchiardo dove aveva preso dimora in una baracca in muratura presso il campo sportivo; lì accanto, presso un pioppeto recintato, pascolavano i suoi muli. Con essi si guadagnava da vivere facendo il mulattiere e tutti lo chiamavano quando c’era da portare giù legna dai boschi perché con essi poteva arrivare nei luoghi più impervi interdetti ai mezzi agricoli.
Anche il suo aspetto era singolare: portava a quel tempo una lunga barba bianca con sfumature bionde, dovute al colore rossiccio d’un tempo, che terminava a punta sul petto. Il suo volto, acceso da due zigomi pronunciati e rossi, era quasi sempre solcato da un sorriso tra il sardonico e il tagliente. Gli occhi, chiari e furbi, erano lo specchio di una persona sveglia, che nella vita ne aveva viste di tutte. Ricordo che mi parlava spesso dei suoi problemi ad una gamba; indossava sempre una maglia di lana portata sotto una camicia militare e pantaloni di velluto. Era un piacere parlare con lui perché simpatico, dalla battuta pronta, anche se qualche volta si mostrava scontroso e irritabile, specie quando aveva la luna di traverso. Un po’ selvatico, ma non cattivo, generoso, non temeva nessuno ed il suo parlare spigliato era marcato dal forte accento toscano. Libero di nome e di fatto, era originario di Pieve S. Stefano in provincia di Arezzo, lo stesso paese di Amintore Fanfani, gran personaggio della DC di una volta. Cresciuto insieme agli animali, anche al suo paese aveva fatto il mulattiere; nel 57 prese una grande commessa trasportando con i muli le canalizzazioni per condurre l’acqua alla centrale che forniva energia all’acciaieria di Terni.
Il mulattiere di Pieve S. Stefano arrivò in valle di Susa all’inizio degli anni 60 per fare grossi lavori per conto ENEL. Si doveva costruire la grande linea elettrica a 380.000 volt che corre sulla montagna, sulla sua sinistra orografica e c’era bisogno di lui e dei suoi muli. Lui non era dell’idea di lasciare la sua terra, e ci volle molto per convincerlo a partire; poi si decise. Un mattino, all’alba, caricati i muli su di un camion, partì con destinazione Mompantero in valle. Giunto a destinazione iniziò il lavoro trasportando dal piano, a dorso di mulo, i pezzi necessari per erigere i grandi tralicci in acciaio, oltre alla sabbia ed il cemento per la costruzione dei basamenti. Il suo era un lavoro duro e faticoso; anche le bestie ne soffrirono. Quando giunse alla montagna di Bussoleno era al suo ventesimo traliccio; i lavori proseguirono sin nei pressi di Maffiotto, dove l’impegno terminò perché da quel punto in avanti vennero utilizzate delle teleferiche per il trasporto del materiale. Non volle però tornare a casa, ma rimase in valle da dove partiva per ottemperare a sempre nuove commesse. Bruzolo, Villar Focchiardo, Giaveno e tanti altri luoghi, soprattutto in montagna dove spesso dormiva all’addiaccio nei boschi, al riparo di qualche roccia, sempre insieme ai suoi muli. Poi si trasferì alla borgata Biellese di Trana, dove si fermò un bel po’ di tempo e dove ebbi modo di conoscerlo; poi Provonda ed infine Villar Focchiardo dove trovò casa nella baracca vicino al campo sportivo.
“Barba”, a dispetto di tutto, era un uomo che pur sempre amava la vita che conduceva anche se fatta di lavoro e sacrifici; bisogna nascerci dentro e sentirla, perché gli animali vanno accuditi tutti i giorni e non c’è festa che tenga. Una notte, mentre lui dormiva beato nella sala d’aspetto della stazione di Borgone, gli portarono via i muli. Li ritrovò a Monza un commerciante di Susa che si trovava in quella città e conosceva il vecchio mulattiere; riconobbe gli animali e riuscì in qualche modo a recuperarli. Al bar della Cooperativa a Villar Focchiardo, quando andava a farsi un bicchiere di vino, introduceva una o più monete da 100 lire nel Juke-box digitando canzoni di liscio. Al suono di quella musica zampettava felice, quindi si faceva audace e tendeva le mani verso la prima ragazza che capitava a tiro invitandola a ballare. La poverina, inorridita da quell’uomo selvatico, strabuzzava gli occhi e se la dava a gambe fuggendo. Lui sghignazzando la rincorreva sin sulla porta ricordandole che “non sapeva cosa si perdeva”. Spesso si trascinava perché aveva una gamba ammalata. Probabilmente si trattava di flebite; non aveva cura si sé, né fasciava e tantomeno puliva l’arto piagato dalla malattia. A volte, arrotolava i calzoni rimanendo con la gamba al sole, con le mosche che gli ronzavano sopra. “Ah! Brave, diceva ridacchiando, brave le mie infermiere”. Come detto era originario dello stesso paese di Fanfani e lì aveva una sorella impiegata come domestica. La moglie dell’uomo politico conosceva il mulattiere; ogni tanto gli donava degli abiti e quando una volta questi si cacciò in seri guai gli mise a disposizione un avvocato per aiutarlo. Si diedero anche da fare per proporgli una vita meno randagia; gli avevano trovato un impiego come bidello in una scuola di Roma, ma lui, pur apprezzando, non ci andò.
Trascorse un momento felice e di notorietà quando fu ingaggiato per un film degli anni 80 di Monicelli: “ Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” con Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e altri. C’era bisogno, più che di lui, dei suoi muli, e si prestò molto volentieri perché, ricordo guadagnò qualcosa e mangiò spesso al ristorante.
Mi diceva che lavorava solo quando ne aveva voglia e quando era a corto di quattrini; per il resto, se li aveva, li spendeva andando a mangiare alla trattoria.
Negli ultimi tempi della sua vita comprò un’Ape 50 di colore verde scuro con cui ebbe un incidente a Mocchie. Era appena uscito da una piola ed era un po’ bevuto; nei pressi del cimitero andò fuori strada e ribaltò nei prati sottostanti. Chi lo soccorse pensava fosse morto, ma anche questa volta se la cavo. L’ultima volta che lo vidi, appunto nel marzo del 91, lo incontrai presso la piola di Mocchie; conoscendomi si vergognò a chiedere del vino; ricordo infatti che prese un’aranciata. Poi si salutammo molto cordialmente; non l’avrei più rivisto. A settantatre anni, dopo alcuni giorni di osservazione presso l’ospedale di Susa, venne ricoverato a Villa Rossella, una casa di riposo per anziani a Villar Dora e le sue bestie furono vendute. Barba visse lì solo un mese; era il 1994.
Dalla chiesa al cimitero di Villar Focchiardo il feretro fu portato a spalle dagli amici. La foto di alcuni anni prima, posta sul cippo del sepolcro, reca il suo volto con la barba rossiccia che campeggia su alcuni cavallini al pascolo.
Di lui ricordo e potrei raccontare mille cose, come quando apostrofava Silvano, uno dei miei scouts più piccoli, chiedendogli: “Come va l’amore”. Cosa che lo faceva arrossire.
Nel periodo non breve che trascorse presso la borgata Biellese di Trana, ricordo che, coinvolgendo i miei scouts e le loro famiglie, volemmo dare una sterzata alla sua vita selvaggia. Possedeva una baracca di metallo dove teneva alcune sue cose. Gliela trasformammo in un mese in un’accogliente dimora: isolamento, pavimento in legno, mobili, potagè, letto, biancheria, arnesi da cucina e quant’altro in modo tale che tutto questo potesse migliorare le sue condizioni di vita, anche per sdebitarmi di alcuni lavori che aveva fatto gratuitamente per me con i suoi muli. Tempo 15 giorni e la casa era diventata un pollaio e lui a dormire beato, dentro il sacco a pelo, in un fienile della borgata.

Liberamente elaborato dal volume di Franco Versino “Fedeltà Montanara” Racconti di vita all’ombra della valle di Susa. Edizioni Del Graffio.



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Autore Commento
elbarto
Inviato: 2/11/2011 17:18  Aggiornato: 2/11/2011 17:18
Matricola
Iscritto: 2/8/2011
Da: cinisello balsamo mi
Inviati: 12
 Re: Un uomo libero
è sempre bello ascoltare le parole di uomini così distanti dallo (parlo per la mia esperienza)spettacolo che tutti i giorni vedo andando a lavorare o studiare oppure entrambe le cose. Uno scenario di uomini indaffarati, a volte sopraffatti dalle difficoltà, schiavi di qualche padrone o contratto perfido. Domenica ho potuto parlare con Rosangiola Rota è stato incredibile, un tuffo in un mondo tanto migliore. Grazie Beppe46 di donarci queste chicche.
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