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C'era una volta : La battaglia dell'Assietta - Prima parte: storia e preparativi
Autore: Beppe46 (Notizie dello stesso autore)
Notizia inviata il: 24/09/11 13:12
Notizia riferita al: 24/09/11
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C'era una volta

La battaglia dell’Assietta. Prima parte: storia e preparativi

La battaglia dell’Assietta, svoltasi il 19 luglio 1747, è l’ultimo episodio importante della Guerra di Successione d’Austria che coinvolse buona parte delle nazioni europee. Come al solito da una parte i francesi alleati con gli spagnoli, dall’altra gli imperiali e il piccolo Regno di Sardegna di Carlo Emanuele III che sperava di ottenere larghe concessioni territoriali alla fine del conflitto.
Genova, che si era ribellata, (vedi l’episodio di Balilla) viene assediata dagli alleati austro-piemontesi; per risolvere le sorti della campagna militare e liberare la città, francesi e spagnoli meditano l’invasione dell’Italia settentrionale. Le idee erano due: avanzare dal Delfinato tramite le Alpi, oppure penetrare in Piemonte dalla Riviera ligure liberando Genova; superati gli Appennini, puntare poi su Alessandria minacciando direttamente Torino e la Lombardia.
Prevalse la seconda: così che il re di Sardegna inviò in Riviera il famoso Barone Leutrum per contrastare l’avanzata dei franco-spagnoli, cosa che avvenne con successo al punto che alla fine questi ripresero in considerazione di preparare, in tutta segretezza, l’invasione dal Monginevro assediando il forte di Exilles; lo stesso Carlo Emanuele maturava questo sospetto, cioè che i generali nemici stessero progettando un’invasione diretta del Piemonte dal Delfinato, anche se non poteva supporre per quale via. Alla fine di giugno le notizie che arrivavo a Torino confermavano la fondatezza del piano d’invasione allarmando non poco i vertici militari sabaudi e lo stesso re.
Poiché si temeva che la via praticata dal nemico transitasse per il Monginevro, il piano di difesa delle valli della Dora e del Chisone prevedeva di concentrare le forze piemontesi sul crinale spartiacque Dora-Chisone che dal colle del Sestriere, per il piano dell’Assietta, raggiunge la vetta del Gran Serin. Per comprendere le ragioni di tale scelta occorre tenere presente che la valle della Dora Riparia rappresenta la via più breve di comunicazione tra il Piemonte e la Francia: sino al 1713 il tratto superiore del bacino, da Chiomonte sino agli attuali confini, era stato parte integrante del Regno di Francia; altrettanto si può dire per l’alta valle del Chisone, con Fenestrelle e Pragelato.
Le due valli, conquistate da Vittorio Amedeo II negli anni successivi la grande vittoria sui francesi dopo l’assedio di Torino del 1706, erano state annesse agli Stati Sabaudi con la firma del trattato di Utrecht. Ora, ognuna di esse era sbarrata da formidabili fortificazioni: il forte di Exilles nella valle della Dora ed il forte di Fenestrelle nella valle del Chisone. L’unico punto veramente debole del sistema difensivo piemontese era rappresentato dall’Assietta che si presenta pianeggiante, facilmente praticabile e attraversata da numerose mulattiere che mettono in comunicazione le due valli. Per questo piano, posto a 2500 mt, poteva transitare l’invasore, avendo l’intenzione di assediare il Forte di Exilles aggirandolo da sud. Per questo i piemontesi si erano convinti che era necessario fortificare la zona dell’Assietta.
Il grande campo trincerato dell’Assietta si articolava su due solidi capisaldi estremi: la Testa dell’Assietta e il Gran Serin, più l’altopiano del colle vero e proprio. I capisaldi estremi erano difesi da ridotte, piccoli forti fatti apposta per difendere e rafforzare le trincee; quello più occidentale, fatto a “V”, presentava al nemico un fronte a tenaglia che permetteva il tiro incrociato di fucileria coprendo un’ampia zona di terreno davanti all’opera. Detto la Butta era uno dei più solidi del sistema difensivo con muri in pietra alti 4 metri, sormontato da palizzate e enormi fascine di rami intrecciati detti salciccioni, accuratamente ricoperti di zolle di terra. Un parapetto permetteva ai difensori di tirare contro gli attaccanti; dietro c’era un terrapieno che permetteva di disporre una seconda linea di tiro. Il vasto altopiano ai lati del colle era racchiuso da una linea continua di triceramenti al cui interno sorgevano altre quattro ridotte.
Ben presto a Torino si venne a sapere che le truppe francesi si erano mosse da Guillestre per risalire la valle della Durance per raggiungere Briancon e il colle del Monginevro; oramai era chiaro che i gallo-ispani avevano l’intenzione di puntare sulle valli del Chisone e della Dora. A Carlo Emanuele non rimaneva che una sola linea di condotta: difendere ad oltranza le valli minacciate ed impedire al nemico di impadronirsi delle fortezze di Exilles e Fenestrelle, cosa che avrebbe aperto la via verso la pianura Torinese.
Mentre i lavori di trinceramento all’Assietta proseguono, al colle salgono i primi battaglioni: regolari, mercenari svizzeri e austriaci giungono rapidamente anche perché si viene a sapere che il 16 luglio il nemico ha superato la frontiera. Ne seguono altri che raggiungono i trinceramenti a marce forzate sebbene ostacolati dal maltempo. All’alba del 19 luglio, giorno della battaglia, al colle dell’Assietta sono presenti poco più di 7000 uomini; altri battaglioni, richiamati d’urgenza dal val Roja, sarebbero arrivati a Fenestrelle il 26, troppo tardi per la battaglia.
Il conte di Bricherasio, comandante delle forze piemontesi, posizionò le Guardie alla ridotta della Butta, i battaglioni svizzeri al Gran Serin, quelli austriaci nei trinceramenti: al centro la riserva.
Altri battaglioni si sistemarono in retroguardia, pronti ad intervenire: al colle delle Vallette, a Balboutet, al colle delle Finestre; le compagnie di volontari valdesi avevano compiti di esplorazione e d’avanguardia, spingendosi sino a Cesana per sorvegliare e comunicare i movimenti del nemico.

La fretta del cavaliere di Bellisle, comandante il capo dell’esercito franco-spagnolo, era dovuta al fatto che venne a sapere che i piemontesi stavano lavorando alacremente a difesa dell’Assietta; ciò vanificava il suo progetto di prendere, con un colpo di mano, il colle delle Finestre e procedere speditamente all’assedio di Exilles. Lasciare troppo tempo ai piemontesi voleva dire incontrare maggiori difficoltà a scacciarli dalle posizioni a cui stavano lavorando, anche per il sopraggiungere di soccorsi che Carlo Emanuele avrebbe sicuramente mandato in zona. Le truppe a sua disposizione erano quanto di meglio si poteva trovare nell’esercito del re di Francia: 32 battaglioni, 5 squadroni di dragoni e un nutrito gruppo di volontari. Al tutto si aggiunga una ben fornita artiglieria .
Le tre colonne nemiche si mossero separatamente: la centrale, passato il Monginevro, si accampò a Cesana; quella di destra puntava al col Busson, mentre quella di sinistra, fatta di spagnoli, avrebbe occupato Bardonecchia e poi, per la Valfredda, sarebbe scesa per il vallone di Galambra attestandosi poi sul forte di Exilles. Poi si mossero per presidiare i ponti sulla Dora, operazione indispensabile per il transito dell’artiglieria diretta all’assedio di Exilles; disgraziatamente per loro trovano i ponti distrutti. Il Bellisle, appena messo il piede in Piemonte, raccolse subito sgradite notizie: Carlo Emanuele aveva fatto requisire dai suoi uomini il bestiame, il foraggio, i grani, in modo tale che alle truppe nemiche non rimanesse nulla per la sussistenza; ai contadini, dai quali il generale francese confidava di ottenere qualche aiuto, era stato impedito di lasciare i villaggi e tantomeno di salire al campo dell’Assietta. Disponeva quindi di scarse informazioni alle quali si aggiungeva l’inclemenza del tempo che impediva la marcia di avvicinamento nonché altri ostacoli provocati ad arte dai piemontesi. Nonostante ciò le avanguardie francesi riuscirono a raggiungere le pendici del Genevris attestandosi ad un quarto di lega dai trinceramenti attendendo l’arrivo degli altri battaglioni. Un tentativo di ricognizione, fatto dallo stesso Bellisle, andò a vuoto a causa della pioggia e della neve che non consentivano di scorgere a più di 20 passi di distanza. Di fronte a questi imprevisti il generale si convinse a rimandare l’attacco alla mattina del 19 luglio. La sera del 18 tutte le varie colonne nemiche si riunirono al colle di Costapiana, a c.ca due ore di marcia dall’Assietta: era la vigilia della battaglia. “ Demain – scriveva con ostentata sicurezza della vittoria il Bellisle al fratello- je mériterai comme vous le baton de marechal de France”.
Il mattino dopo il generale procedette ad una sommaria ricognizione del campo nemico; dopo di che rese noto il suo piano ai suoi ufficiali. Alla sinistra nove battaglioni sarebbero scesi sul versante della Dora per attaccare il fianco destro delle difese nemiche; al centro 6 battaglioni e altri dovevano proseguire sulla linea di cresta in direzione delle fortificazioni più avanzate dei piemontesi; sulla destra i rimanenti 14 battaglioni avrebbero tentato una manovra di aggiramento delle difese austro-piemontesi passando dalla val Chisone puntando direttamente sul Gran Serin.
Alle ragionevoli rimostranze presentate dagli ufficiali il Bellisle fu irremovibile: il piano non doveva più essere cambiato, la parola passava alle armi.
Continua


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