Finalmente, ho trovato il manifesto di Renato Vota! Ne avevo parlato nell’ultimo racconto che ho postato nella sezione del “come eravamo”.
Spero che Vi possa interessare! Teniamo conto che lo scritto risale al 1982.(Liberi cieli CAI-UGET Torino).
Filosofia e ……pratica.
Proposte ( spartane ) per un alpinismo ecologico.
Sulle montagne si è indirizzata una pressione speculativa sulla quale si sono incanalate le aspettative di milioni di cittadini che scaricano, o cercano di scaricare, parte delle frustrazioni accumulate nel vivere quotidiano.
Funivie, sciovie, strade, “roulottopoli” e condomini sono proliferati a dismisura, ed è inutile qui ripetere l’elenco dei danni ecologici e ambientali derivati. Non è neppure più il caso di “inventare” nuove argomentazioni da aggiungere ai richiami degli ecologi sulla degenerazione dei modelli economici e sociali dell’attuale società.
Ma quanti fra coloro che si uniscono al coro delle critiche verso i simboli, i mezzi e i beni materiali di tali modelli possono ritenersi coerenti con i princìpi alternativi sostenuti?
Chi più e chi meno tutti abbiamo speculato e speculiamo su ciò; tale ambiguità ci permette da una parte di colpevolizzare i responsabili materiali del degrado, salvandoci come si suol dire la coscienza, e dall’altra di utilizzare mezzi e simboli che pubblicamente ci vantiamo di osteggiare.
A tutto questo si deve aggiungere un altro problema, distaccato dal precedente, ma pur sempre rilevante: la proliferazione dei rifugi e loro trasformazione ( e degenerazione) in alberghetti e l’accumularsi di sacchi d’immondizia nei loro pressi.
Ma se i rifugi in certi periodi sono stracolmi, perché mai si continua a frequentarli, spesso salendovi pur sapendo di non trovarvi posto? E chi può dire, pur servendosi dei raccoglitori a disposizione dei frequentatori, di non aver alimentato con i propri rifiuti ( ed essendone consapevole ) le discariche esistenti vicino ai rifugi?.
Far ricadere tutta la responsabilità di questa situazione sugli altri ( gli altri che vanno in montagna, gli altri che gestiscono i rifugi, gli altri che operano nei vari Organi del CAI ) ci sembra limitato e poco corretto; forse un minimo di autocritica ( reale ) in più non guasterebbe.
Di tutto questo si è già discusso e si discuterà per chissà quanto. Ma al di là di quello che verrà detto, stabilito di fare e fatto veramente, c’è un modo immediato per operare, ognuno per proprio conto ( e senza rifugiarsi nell’attesa che anche gli altri lo facciano ), per dare concretamente il contributo personale alla soluzione dei problemi ecologici della montagna.
LA NOSTRA PROPOSTA ALTERNATIVA
Vi proponiamo pertanto un modo d’andare in montagna di, più naturalistico, più avventuristico, che libera dalla schiavitù delle comodità, rendendo più autonomo e autosufficiente chi lo pratica.
E’ necessaria una premessa: molte sezioni hanno mantenuta viva una tradizione che alla luce dei nuovi tempi e fatti sarebbe opportuno abbandonare.
Ci riferiamo allo sci da discesa. Concepibile ai tempi dello sci pionieristico, oggi è assolutamente fuori luogo, nemmeno considerandolo come un’utile passaggio per il noviziato, in quanto non è necessario appoggiarsi al CAI per questo.
Anche se qualcuno dei molti che praticano lo sci su pista passerà probabilmente allo sci alpinismo o al fondo, tale attività è troppo inquinante per meritare di essere sostenuta.
Non è il caso di lasciarsi andare a rimpianti e colpevolizzazioni. E’ stato un momento che ha caratterizzato la storia e l’evoluzione dell’attività sportiva in montagna, ricordabile e commemorabile per ciò che ha significato per quei tempi, per quelle persone, per quel Club Alpino Italiano. Per il resto, è un bene per tutti se si riesce a voltare pagina. Non sia il CAI, almeno, a propagandare e diffondere un contatto con la montagna di per se stesso diseducativo e oggi contrario ai principi contenuti nel bi decalogo sulla difesa della natura alpina che regola gli indirizzi operativi della nostra associazione.
Chiusa questa doverosa parentesi passiamo ora alle proposte concrete:
1)EVITARE L’USO DI FUNIVIE E STRADE STERRATE DI PENETRAZIONE
Per quanto ciò implichi l’allungamento del percorso, o meglio, il suo non accorciamento, e apparentemente una maggior fatica, non se ne alimenta il mercato, avendone quale beneficio una più lenta acclimatazione e un miglior godimento del paesaggio.
2)EVITARE L’USO DI SCORCIATOIE
Queste rovinano la cotica erbosa e incidono il suolo in profondità a causa dell’acqua piovana che vi s’incanala, effetto, questo, che produce spesso erosioni gravi.
3)EVITARE L’USO DEI CIBI IN SCATOLA
Per quanto essi abbiano degli indubbi vantaggi pratici (facilità di trasporto e conservazione, grande varietà di prodotti ecc.) sono i meno indicati ad essere portati in montagna per le seguenti caratteristiche:
A)In essi è possibile la presenza di conservanti e aromatizzanti artificiali ed è comunque certa l’alterazione dei valori nutrizionali dei cibi all’origine, in quanto il trattamento a cui vengono sottoposti per permettere la conservazione (sia essa ottenuta con additivi chimici che con semplice sterilizzazione o liofilizzazione) distrugge le vitamine, gli amminoacidi e gli enzimi a cui si devono genuinità e digeribilità dei cibi stessi.
B)Nel rapporto peso globale-valore calorico il cibo in scatola è nettamente deficitario rispetto ai più comini alimenti naturali, quali ad esempio: miele, frutta secca, parmigiano, cioccolato, pancetta, uova sode, alcuni tipi di frutta fresca ecc.
C)L’involucro che li contiene (scatoletta) oltre a non essere commestibile pone problemi di smaltimento, particolarmente se con residui oleosi, come succede con le confezioni di tonno, sardine e antipasti vari. Di dovrebbe riportare a valle in un sacchetto dentro lo zaino, ma di fatto spesso si “dimenticano” dove si è consumato il pasto o più comunemente si lasciano nel bidone raccoglitore dei rifugi, da dove poi finiscono il più delle volte nella discarica adiacente.
4)SCEGLIERE CIBI GENUINI MOLTO CALORICI E COMPLETAMENTE USUFRUIBILI
Se ne potrebbero citare decine, ampliando l’elenco precedente; da quelli a base di grasso animale, ai farinacei vegetali e a quelli a base di zuccheri. E’ sufficiente a questo scopo consultare le numerose pubblicazioni che trattano l’argomento.
5)ABITUARSI A RIDURRE PROGRESSIVAMENTE IL QUANTITATIVO ALIMENTARE
E’ un’ottima cosa impostare questo genere di allenamento durante le gite in montagna, ristabilendo la sana facoltà dell’organismo di utilizzare le ingenti riserve energetiche immagazzinate nelle cellule adipose.
6)PORTARSI NELLO ZAINO IL SACCO A PELO E UN MATERASSINO
Si avrà così la possibilità do dormire sul nudo suolo. Appoggiarsi comunque sempre ai rifugi, ma dormire all’aperto se le condizioni del tempo sono buone. Usufruire del rifugio soltanto in caso di maltempo, utilizzandolo per quello che il suo nome designa realmente; rifugio e non albergo come si è venuti progressivamente ad intenderlo.
7)PORTARSI APPRESSO IL FORNELLINO
Servirà per preparare bevande calde sempre molto apprezzate in caso di freddo intenso. Esso potrà anche tornare molto utile nei casi di bivacchi forzati. Inoltre, le bevande calde sono un ottimo integrativo calorico (e di liquidi e sali minerali).
CONCLUSIONI
Acquisire più autonomia dà la possibilità di ridurre la dipendenza psicologica rappresentata dall’immagine mentale del “comodo e accogliente rifugio”. Quindi si sarà in possesso di una maggior resistenza fisica, psicologica e morale in caso di difficoltà ambientali. In aggiunta, l’essere meglio equipaggiati aumenta la possibilità di sopravivenza in caso di maltempo.
Praticare l’alpinismo nel modo esposto permette di vivere più naturalisticamente e avventuriticamente la montagna, pur tuttavia essendo meglio preparati a fronteggiare le situazioni di emergenza.
Renato Vota