Dopo la sospensione dello scorso anno a causa delle pessime condizioni meteo, è ritornata più che mai in splendida forma la bella e piacevole manifestazione dei “Sapori della Balconata di Ormea”, che quest'anno giunge alla 13^ edizione, organizzata dal CAI di Ormea, in collaborazione con l'Associazione culturale ULMETA, la Pro Loco Ormea, l'Associazione Torre dei Saraceni e con l'appoggio della Fondazione CRC.
Questa volta tocca alle borgate della frazione Caccino, la meno conosciuta e la più isolata delle 14 frazioni di Ormea, offrire un percorso con un pasto diviso in 5 portate all’insegna dei prodotti tipici locali, preparati con cura e passione, in un contesto di rara bellezza paesaggistica.
Attenzione però. Non si tratta della solita mangiata in montagna, ma di una vera e propria escursione nelle Alpi Liguri, al cospetto del Pizzo di Ormea e del Bric di Conoia, con un percorso di circa 10 km e un dislivello di 400 metri.
Zaino in spalla (oggi più leggero senza le scorte di cibarie) partiamo alle 09:00 con il primo gruppo dalla borgata Pornassino (1236m). Difatti un'oculata scelta organizzativa prevede che le partenze avvengano a gruppi intervallati ogni 15 minuti per garantire a tutti un’esperienza piacevole e rilassata.
C'è da precisare che Pornassino in verità è una borgata di Viozene, in quanto fin qui si può arrivare con una stradina asfaltata, mentre Cacino e le sue borgate sono servite unicamente da sterrate o mulattiere.
Saliamo, ancora su stradina asfaltata fino alla borgata Pian del Fo (1313m), Piano del Faggio, dove si possono ancora vedere i resti del forno comunitario e dove merita ammirare la bellissima ”Casa dei Fiori” ricca di colori e profumi. Da qui partiva “A via da Massa”, la via della Messa, che veniva percorsa per recarsi a messa a Viozene.
Ora proseguiamo su buona sterrata verso la borgata Celle di Pian del Fo (1411m), poche case in posizione incantevole e panoramica. Da qui un sentiero permette di arrivare fino a Pian Rosso, quello del rifugio Mongioie. E qui ci attende la prima sosta gastronomica denominata “Tõntu p'r abzõa”, cioè l'aperitivo. Il menu propone: fazzina (il pane delle grandi feste di una volta, il cui impasto viene arricchito con panna e tradizionalmente cotto sulla piastra della stufa a legna), accompagnato con bruzzu, lardo, spiedino di formaggio con chicco d'uva. Il tutto innaffiato con un delizioso spumante secco, aromatizzato con sciroppo di fiori di sambuco.-
Al bivio dopo Celle iniziamo la discesa verso Case Logne passando poco al di sopra della frana chiamata "a sligia" che, a causa del terreno molto ghiaioso, provocò nel passato un importante smottamento fino al torrente Negrone-Tanaro nei pressi della galleria. Anche recentemente si è verificata un'ulteriore frana che vedremo sul percorso di ritorno.
Arriviamo ora in una bella radura denominata Pian della Madonna (1320m). Un tempo, quello che oggi è una torbiera (zona umida ricca di vegetazione), era un lago dove alla sera si potevano vedere le trote che saltavano per catturare gli insetti. Sul bordo del Pian c'è la cappelletta dedicata alla Madonna Assunta di Prato Freddo costruita nel secolo scorso probabilmente su una precedente cappella o edicola distrutta da movimenti franosi.
Perveniamo quindi alla borgata di Case Logne (1297m) che sorge nei pressi del Pian della Madonna, da cui si può vedere “a sligia”, che con il suo movimento franoso ha evidenziato la struttura silicea della zona.
È il momento di degustare “Tõntu p'r 'ncumnzõa”, cioè l'antipasto, che propone: torta verde, torta di patate, salame e il formaggio “Ormea”. Da bere vino rosato o l'ottima acqua san Bernardo.
Un breve tratto di sentiero ci permette di giungere al Pian del Baraccone, da cui si gode uno splendido scorcio sulla vetta del Pizzo d'Ormea e del Bric Conoia. Qui ad attenderci, ci sono il dr. Aldo Aquarone, geologo, che ci dettaglia le caratteristiche geologiche del tutto particolari della zona, e insieme al prof. Roberto Moriani, studioso delle culture e della storia dell'Alto Tanaro, ci racconta in breve le travagliate vicende storiche ove il monte Baraccone fu per secoli l'incerto confine per le diatribe, finite più volte a schioppettate, tra i pastori di Pieve di Teco e quelli di Ormea per lo sfruttamento dei prati, dei pascoli e dei boschi delle “Viozenne”, cioè del vasto territorio sulla sinistra idrografica del torrente Negrone-Tanaro. Tant'è che, alla fine, in questo posto i Savoia costruirono un presidio militare per bloccare i pievesi.
Continuiamo il nostro cammino transitando presso la borgata Pollaio ormai ridotta a pochi ruderi. La zona è importante dal punto di vista mineralogico per la presenza di danburite (cristalli di calcio e boro, cristalli bipiramidali o prismatici incolori o rosa, apprezzati in gioielleria) e tainiolite (cristalli di mica, cristalli prismatici esagonali, incolori o argentati).
Arriviamo così alla borgata Fasce (1260m), la più importante delle borgate di Caccino, ora completamente abbandonata. Nel 1879, il 3 di maggio, una spaventosa valanga investe le case di Fasce. Gli abitanti si erano accorti che su in alto la neve si era tagliata e che presto sarebbe scesa fino alla borgata e abbandonarono le loro case. A quei tempi non c'erano alberi a proteggere le case e così la borgata fu completamente distrutta, ma non ci furono morti. Gli abitanti non lasciarono la zona, ma edificarono le case più in alto, in zona lontana dal vallone. Nella borgata abitavano dieci famiglie, famiglie numerose, ed era così popolosa che nel paese c'erano due osterie, un negozio e un tabaccaio che chiusero alla fine degli anni '50 quando la borgata si spopolò.
A Fasce ci attende il piatto forte del tour gastronomico “a Pulenta Gionca”, la Polenta di grano saraceno, il tipico piatto della val Tanaro (purtroppo, a causa della rivalità tra i paesi la ricetta non è mai stata ancora protocollata), comunque i componenti per la polenta sono patate, farina di grano tenero e farina di grano saraceno, mentre per il sugo: porri, panna e funghi. La preparazione di oggi (squisita!) è a cura dell'associazione Torre dei Saraceni di Barchi, dove, in estate, si tiene la sagra dedicata a questa specialità. Accompagna egregiamente la polenta, il vino “Saraceno”, un Ormeasco della Scuola Forestale.
Dobbiamo far spazio per il gruppo successivo che incombe e quindi scendiamo lungo la vecchia strada comunale che univa Fasce a Caccino. Poco oltre, prima di arrivare all'attraversamento di Rio Borgosozzo, sulla sinistra si vedono i resti di Fasce distrutta dalla slavina, un antico mulino e i resti di alcune case. Lungo la strada incontreremo ancora una borgata che compare nelle antiche mappe, ma di cui non si è ancora potuto risalire al nome.
Ci stiamo avvicinando a Caccino. In questa zona vivevano i due "fratelli Cinghiale" di Caccino. Rimasti soli dopo la separazione dei genitori, i due vissero in modo "selvaggio". Salirono alla ribalta della cronaca giornalistica in un periodo del secolo scorso in cui si parlò di loro perché vissero per lungo tempo allo stato brado nei boschi sopravvivendo con ciò trovavano nelle seconde case. Vissero gli ultimi anni della loro vita ospiti nella casa di riposo di Pieve di Teco.
Arriviamo a Caccino (1198m), la più sconosciuta delle frazioni di Ormea. Il toponimo si ritiene debba essere ricondotto al formaggio, Cacio per la precisione. Caccino è una frazione di Ormea molto recente in quanto la zona faceva parte del territorio che tra Merea e Carnino fu soggetto a continue lotte tra ormeaschi e pievesi per lo sfruttamento dei ricchi pascoli, traversie note come "La questione delle Viozenne". All'inizio del 1900 la frazione contava 254 abitanti, grazie al fatto che in quel periodo nel territorio era attiva la cava di silice in cui lavoravano parecchi uomini. La chiesa è dedicata all'Assunzione di Maria al Cielo ed è stata costruita nel 1852, ma non fu facile trovare un prete che volesse andare nella nuova canonica. Ancora nel 1856 un atto notarile certifica che i capi famiglia si impegnano a pagare 250 lire annuali ad un rettore pro-tempore. Successivamente i capi famiglia dovettero anche impegnarsi a pagare un maestro per la scuola dei loro figli!
La chiesa aveva il tetto ricoperto di paglia che solo a metà del '900 fu sostituito con le lose.
La canonica e la scuola erano nella casa a fianco della chiesa, alcune foto del periodo 1926-1927 presentano più di 20 scolari.
A Caccino è previsto l'assaggio della “Pietonza” (il secondo) Il menu propone la Salsiccia di Ormea accompagnata da balii fricci (patate piccolissime fritte) sbucciati ad uno ad uno dai volontari del CAI.
Prima di lasciare la frazione facciamo un giro a vedere la chiesa, le scuole, il piccolo cimitero, il forno comunitario e le case rimaste, ma è tangibile il profondo senso di abbandono...
Tornando verso il punto di partenza ci soffermiamo in una zona strategica per vedere la vasta frana (ex cava di silice). Prima dell'evento franoso la ghiaia di cui è composto il vallone, di una bianchissima silice, era usata dalla vetreria di Garessio. Vani finora i tentativi di fermare lo smottamento del terreno.
E andando a chiudere l'anello a Pornassino siamo giunti all'ultima tappa dei Sapori della Balconata 2024. Dulcis in fundo, gustiamo “i Duzi” cioè le delizie della crostata e delle paste di nocciole accompagnate da un ottimo Moscato.
Salutiamo e ringraziamo i nostri accompagnatori assicurandoli che, salute permettendo, non ci perderemo l'edizione 2025!
Escursione effettuata il 25 agosto 2024
Compagnia dell'Anello formata per l'occasione da Adriano e Maria Teresa
Località di partenza: Pornassino 1236m
Punto più elevato raggiunto: quota 1445m
Dislivello cumulato in ascesa: 400m
Sviluppo complessivo del percorso: 10,4 km
Tempo in movimento: 4h
Difficoltà: T (vedi scala difficoltà)
fotovideocronaca
Tracciato gps