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Come eravamo : Soliloquio sul Castore (giugno 1977)
Autore: vecchiomio (Notizie dello stesso autore)
Notizia inviata il: 07/05/20 17:30
Notizia riferita al: 07/05/20
Letture: 466
Come eravamo

Alla base del pendio ovest del Castore togliamo gli sci e mettiamo i ramponi. Domando: -Voi mettete gli sci sul sacco? - Domanda retorica, perché stanno già fissando gli sci con i lacci laterali degli zaini. -Mah!...non so, io li terrei sulla spalla… tanto è tutto scalinato questo pendio, che problema c'è? …e prendete pure la piccozza!? A me pare che non serva, bastano i bastoncini! ho fatto ben altro, io! Questo pendio mi fa un baffo!-
Saliamo in fila lentamente, mettendo i piedi nella traccia impressa nella neve mentre l'ombra del mattino si ritira dalle cime e rimane confinata in basso, verso il rifugio Mezzalama e il Pian di Verra superiore, lontanissimo, da dove siamo partiti ieri. Ecco, ci siamo ormai, mancano appena 30 metri e si esce in cresta, vedi che non c’erano problemi?! 10 metri, 5, 2… cacchio! Che vuoto! quanto sarà? 1000, 1500 metri? E guarda la cresta! Azz! è proprio stretta! Davanti c'è Mario Obert, la guida alpina di Antagnod che conosce Paola: è stato gentile ad accompagnarci in veste di amico. Dice che lui può legarsi al massimo a due persone, gli altri se vogliono possono seguirlo legandosi a due a due, o anche slegati, non è difficile, basta camminare con un po’ d’attenzione, poi dal Colle di Felik fino al Quintino Sella non ci saranno più problemi: si scende con gli sci su pendii dolci. Mentre Mario si lega a Paola e a Silvia, gli altri confabulano un po' e alla fine decidono di tornare indietro da dove siamo saliti, la cresta li lascia un po' perplessi e fare tutta la traversata passando dal Quintino richiede certamente più tempo. Io invece decido di proseguire: e quando mai mi capiterà di avere a disposizione gratis una vera guida alpina che sa esattamente dove si passa? Il problema è che adesso non ho il tempo, né lo spazio sufficiente per legare gli sci allo zaino, non vorrei rischiare che prendessero il volo qui, sarebbe spiacevole! Ecco, avresti dovuto farlo prima! Se tutti li hanno messi sullo zaino un motivo ci sarà… hai fatto lo sborone, ma sei solo un pirla! e adesso aggiustati! almeno la piccozza però è meglio prenderla… ecco così, con la sinistra tengo gli sci bilanciati su una spalla, le asole dei bastoncini le infilo nel polso del braccio destro e con la stessa mano tengo la piccozza: sono ridicolo, sembro un albero di Natale, manca solo che prendo la borraccia…coglione e pirla! E non guardare a sinistra, non c’è proprio niente da vedere, è tutto vuoto, e se cammini dritto non ti fa niente, il vuoto non ha mai fatto del male a nessuno. A destra va meno giù, solo duecento metri direi, o poco più. Magari se fossi meno alto avrei gli occhi più vicini ai piedi e questo vuoto mi farebbe meno impressione… guarda in avanti invece! e concentrati, ecco, concentrati sul culo di Paola! Dai, non è poi così stretta questa cresta, sarà almeno… 60 centimetri, e tu non hai mica i piedi così larghi, al massimo 15 centimetri l’uno, più altri 10 di spazio per non ramponarti le ghette…ecco, ci manca solo quello, continua a guardare Paola, vedi come lei e Silvia sono tranquille, tu invece sei un fifone pirla che sembra un albero di Natale. Ora si allarga, saranno 80 centimetri, un metro, si potrebbe quasi correre, ecco è più larga dell’autostrada, si scende al colle di Felik, possiamo rimettere gli sci adesso. Sosta. Serpeggiamo nella neve fresca farinosa fino al Quintino. Sosta. - Adesso- dice Mario - ci sono due possibilità di rientro: io scendo con Paola e Silvia lungo il percorso estivo, in qualche punto ci sono dei passaggi un po’ esposti, rimaniamo legati. Tu invece se vuoi puoi scendere in sci a destra del rifugio, direttamente sul Pian di Verra superiore.
-E… com’è?- chiedo-
-Bello! Ripido e bello!-
Mario è sempre sintetico e direbbe qualunque cosa con quel suo tono monocorde e l’ accento valdostano. Userebbe quella cadenza rilassata persino se il pendio fosse gelato e a 50°.
-Ma… ci sono mica salti di roccia?- indago.
-No, no, tutto diritto sul pendio, poi giù nel bosco rado fino al piano. Un po’ ripido, ma bello!-
-Allora ok, io vado di lì, ci vediamo alle auto, ciao-
Un ragazzo che era lì ha sentito e si aggrega, almeno non dovrò scendere da solo. Prima curva, seconda, terza, bastoncino, piegamento, distensione…
- Cazzo, ma quanto è ripido qui? perché non me l'ha detto? pensava forse che io fossi Stenmark o Boivin ? quando sarò giù, alle auto – sempre se ci arrivo vivo alle auto- gliene stacco quattro alla guida alpina valdostana Obert delle mie balle ! cazzo, questo pendio non vuole proprio mollare e la neve è sempre dura… perché la neve è così dura se c’è un sole che cuocerebbe un maialino arrosto? E non ho neanche rifatto le lamine…non le ho mai rifatte, a dire il vero…qui va meglio sembra, si, molto meglio, ecco, ora sì che si ragiona! Guarda che neve, e che ambente! Ora si che lo vedo il panorama! Magnifico! che neve! girano da soli! Arrivo alle auto e mi volto a guardare la cima del Castore, lontanissima. Mario Silvia e Paola arrivano due ore dopo, hanno dovuto camminare per un lungo tratto.
– Allora, com'è stata la discesa?- mi chiede Mario.
-Bella! Un po’ ripida in qualche tratto, ma bella ! Mi hai dato proprio un buon consiglio! Ragazze, vi siete perse il pezzo migliore della traversata!-
Comunque oggi una cosa l’ho imparata: sulle creste gli sci è meglio legarli allo zaino!

P.S. In seguito con Mario Obert ci siamo ancora visti qualche volta, l’ultima all’arrivo della marcia di sci di fondo Gran Paradiso del 1983, l’anno che cadde l’elicottero dell’organizzazione e morirono tutti e quattro, pilota e passeggeri. Non ricordo cosa ci siamo detti Mario ed io in quei minuti, probabilmente avremo commentato l’accaduto, lui con la sua voce pacata cantilenante valdostana e ci saremo salutati augurandoci buona fortuna... immagino che si dimentichi il 99 per cento delle parole che diciamo nella vita, invece gli odori permangono a lungo e infatti ricordo ancora bene l’odore acre del cherosene bruciato dell’elicottero sulla pista del prato di Cogne. Le parole di quel giorno le ho dimenticate, perché le parole svaniscono, sono solo un fenomeno ondulatorio dell’aria non molto diverso dal ticchettio della pioggia dal punto di vista fisico, che però, per qualche misterioso meccanismo che né Chomski, né i neurobiologi sanno spiegare, quando arrivano all’orecchio di un essere umano acquistano un senso. Poi la vibrazione finisce, ma intanto qualcosa di quella vibrazione sonora ha lasciato una traccia nella nostra carne. Come certe impronte delle scarpe o degli sci nella neve, che spariscono in fretta, ma si ricordano per anni.


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Autore Commento
muntagna
Inviato: 13/5/2020 20:38  Aggiornato: 13/5/2020 20:38
Guru
Iscritto: 27/10/2007
Da: Borgaro
Inviati: 2249
 Re: Soliloquio sul Castore
Sempre interessanti, curiosi e poetici i tuoi racconti, è un piacere leggerti.

Autore Commento
vecchiomio
Inviato: 24/5/2020 16:04  Aggiornato: 24/5/2020 16:04
Guru
Iscritto: 30/10/2011
Da: Rosta (TO)
Inviati: 327
 Re: Soliloquio sul Castore
Grazie, visto ora. La clausura per il Coronavirus mi ha indotto a scannerizzare vecchie diapositive e a scrivere qualocosa. Ciao
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